Venezia, 16 aprile 1605. Viene rinvenuto nella sua modesta dimora il cadavere di un nobile caduto in miseria, primo delitto di un giallo fitto fitto che ha come sfondo la Venezia alle soglie del Barocco.
Sul luogo si precipita il protagonista del racconto, Francesco Barbarigo. Come “Il Signore di Notte”, dà il titolo al racconto e richiama espressamente la magistratura incaricata dell’ordine pubblico, sei giudici e insieme capi della polizia. Si tratta di una persona realmente vissuta ai tempi così come i principali personaggi della storia che, al contrario, è di pura invenzione. Questo particolare ha comportato un copioso lavoro di ricerca come documentato nella bibliografia del libro.
È solo il primo dei delitti che affiorano in una trama intensa ed intrigante. Sono coinvolte le figure più varie, da quelle di primo piano, a quelle defilate nei contorni. L’autore apre così un’ampia carrellata su aristocratici ricconi e quelli che vivacchiano malamente, mercanti, usurai, bari, prostitute e altri. Nella vicenda tutti recitano i rispettivi ruoli e la contestualizzano in quella società veneziana che si era appena lasciata alle spalle un secolo di splendore per infilarsi in un lento declino. Compaiono anche personaggi sgradevoli, come i “bravi”, perché il tempo del declino è anche il loro, accomunati agli sgherri da una violenza sordida e sopraffattrice.
Sempre nell’ottica di addentrare il libro nella sua epoca, ecco l’aggiunta di brevi divagazioni su curiosità, usi e costumi, aneddoti, fatti e fatterelli. Costituiscono un bagaglio di informazioni sulla storia della Serenissima, senza interrompere la narrazione e senza che gli attori si defilino da questa.
Un discorso a parte merita la figura del protagonista. Se qualcuno spera nello stereotipo dell’eroe positivo, resterà deluso. Il Barbarigo è un uomo contorto che affronta le indagini con una superficialità pari solo alla sua spocchia. Vorrebbe passare come chi sa il fatto suo, spargere sicurezza, ma nel suo intimo covano ansie e antichi dolori. Non sa come cavarsi dagli impicci, cambia idea e umore da un momento all’altro, insegue ipotesi stravaganti e indaga su persone del tutto estranee al delitto. Il linguaggio è spiccio, crudo, spesso beffardo e dissacratorio, mette in ridicolo difetti e difettucci del protagonista e insieme quelli della società del tempo.
Sull’onda dell’improvvisazione e di una acclarata incapacità non si fa mancare nulla, nemmeno una relazione disinvolta, o quella che lui vorrebbe tale, con una dama tanto bella, quanto indecifrabile. Non capisce nulla neppure di questo strambo amore che gli causa presto nuovi turbamenti.
Cosicché nelle indagini, come pure nel letto, finisce con il collezionare una serie di disfatte clamorose fino a quando in suo aiuto accorre un capitano delle guardie che ha tutta l’esperienza e l’astuzia che mancano al magistrato. Tuttavia i due dovranno faticare ancora un bel pezzo per scrivere la parola fine a tutto il giallo che nel frattempo si è infittito di colpi di scena, agguati e delitti, compresi quelli che riemergono dal passato. Il finale sarà inaspettato e sorprendente.
I Signori di Notte
Il titolo richiama esplicitamente ai “Signori di Notte”, una delle numerose magistrature dell’antica Serenissima Repubblica di Venezia. Si potrebbe dire che svolgevano insieme le funzioni di giudici e capi della polizia. La magistratura era formata da sei aristocratici, uno per ogni sestiere nei quali tutt’oggi è ancora divisa la città. Venivano eletti dal Maggior Consiglio, il massimo organo decisionale della oligarchia patrizia al potere.
Personaggi veri in una storia inventata
Alcuni dei personaggi, il protagonista in primis, sono realmente esistiti al tempo della vicenda che è invece di pura fantasia, come lo sono i loro tratti caratteriali e le loro azioni descritte nel racconto. Di conseguenza la trama de “Il Signore di Notte”, che si dipana lungo un imprecisato numero di giorni nel corso del 1605, si è adeguata ai rispettivi ruoli e tempi nella vita reale. Senza paura di esagerare, si potrebbe dire che il libro è costato in ore di ricerca e documentazione più di quante dedicate alla stesura.
Notizie e curiosità sulla Venezia di allora
Una caratteristica del giallo sono le aggiunte di notizie che descrivono la società veneziana all’alba del XVII secolo, che raccontano episodi storici, aneddoti, curiosità, leggende, perfino fiabe. Lo fanno talvolta in modo dissacratorio, spassoso, sempre con un linguaggio crudo. Tuttavia sono divagazioni durante le quali i protagonisti restano sempre presenti con i rispettivi pregi e difetti, certezze e titubanze. Sono divagazioni che non intendono affatto interrompere la narrazione, tanto meno fungere da pretesto per “salire in cattedra” nel senso più pedante del termine. Al contrario, lo scopo è quello di incuriosire il lettore su come vivevano e cosa pensavano i veneziani del tempo, contestualizzare il romanzo nel periodo e arricchire il racconto.
Un protagonista controverso in un intrigo affascinante
Il Signore di Notte in questione è Francesco Barbarigo, aristocratico di una delle più antiche famiglie della Repubblica Serenissima, quelle tramandate alla storia come “casati patrizi”. Si presenta sul teatro della vicenda come un personaggio niente affatto positivo, dotato di una buona dose di spocchia e dall’orgoglio smisurato, goffo e pasticcione come investigatore e inadeguato al ruolo. Dal lato umano Francesco emerge come una persona dal carattere controverso, un uomo nel quale vicende dolorose del passato lo determinano a decisioni inopportune e talvolta perfino bizzarre, insicuro anche quando lascia trapelare certezze che non ha affatto.
Strani amori, insuccessi e sfondo della vicenda
Il giallo prende avvio il 16 aprile 1605 con il ritrovamento del corpo di un nobile decaduto, un assassinio sul quale si ostina a volere far luce il Barbarigo sebbene, come magistrato, neppure toccherebbe a lui farsi carico delle indagini sul campo, ma ai sottoposti dei Signori di Notte, guardie e graduati che svolgono le funzioni di polizia con ben altra dimestichezza. Privo di qualunque esperienza, fin dalle prime battute si muove a casaccio sullo sfondo di una Venezia che ha appena lasciato l’apogeo dello splendore del secolo precedente senza ottenere altro che cantonate. Incappa in vergognose disavventure e pure in uno strambo amore per una donna della quale nulla ha capito. Cosicché avrà presto occasione di pentirsi della scelta imprudente e imboccata con un’arroganza pari solo alla sua superficialità, una strada della quale non ha affatto valutato rischi e pericoli e dove non mancano gli agguati.
La vera protagonista: Venezia
Con il procedere del racconto la Serenissima assurge a protagonista muta del romanzo, una città assolutamente amata da Francesco. Il Barbarigo si aggrappa ai suoi riti e alle sue tradizioni forse alla ricerca di quella sicurezza che, al di là delle apparenze e delle sue pretese, gli manca nella vita. Non saranno queste ad aiutarlo ad uscire dal pantano nel quale si è inopinatamente cacciato. Invece in suo soccorso entrano nell’intricata vicenda un capitano delle guardie e il rettore di Murano, dove si sposta parte del racconto sulle orme dei ruoli che i personaggi hanno ricoperto nel corso della loro esistenza reale. La conclusione del giallo sarà tutt’altro che scontata, compresa la resurrezione del protagonista come uomo che si apre a intendere diversamente la vita.
L’autore
Gustavo Vitali è originario di Milano, città con la quale ha conservato alcuni legami. Da oltre trent’anni anni vive nella bergamasca dove si è appassionato di volo libero in parapendio. Nella FIVL (Associazione Nazionale Italiana Volo Libero – parapendio e deltaplano) ricopre da tempo il ruolo di addetto stampa. Ha fondato ed edito per una dozzina di anni una rivista di settore e lavorato come grafico.
Questo suo primo romanzo svela quelle che sono le sue altre passioni, pur tanto distanti dall’esplorazione del cielo: la storia e Venezia.