Un romanzo sulla politica. Su ciò che dalla politica viene rimosso. Il legame con le oscurità della psiche e il suo debito, negato, con i misteri della vita. La crisi del maggiore partito d’opposizione, il calo dei consensi, le possibili alternative. Tutto raccontato nel romanzo di Roberto Andò
a cura della Redazione
Un problema all’ordine del giorno dell’Italia di oggi: la crisi del maggiore partito d’opposizione, il calo dei consensi, le possibili alternative. Il trono vuoto, il primo romanzo di Roberto Andò, è una fuga visionaria nel cuore malato della politica italiana, nella sua latitanza.
Il segretario del partito, Enrico Oliveri, dopo un annuncio catastrofico di sondaggi d’opinione, d’improvviso scompare. Si è segretamente rifugiato nell’appartamento parigino dove vive la sua vecchia amica Danielle con il marito Mung, celebrato regista, e la piccola Helen, la loro figlia.
A Roma, la sua eminenza grigia, Andrea Bottini e la moglie, Anna, continuano ad arrovellarsi sul perché della fuga e sulla possibile identità di un eventuale complice. E’ Anna a evocare a questo proposito il fratello gemello del segretario, Giovanni Ernani, un filosofo geniale segnato dalla depressione bipolare. Andrea decide di incontrarlo e ne resta talmente soggiogato da iniziare a vagheggiare un progetto che ha la trama vertiginosa di un azzardo: farne il sostituto dello scomparso. Ernani sale sul palco e parla una lingua diversa, colpisce, sorprende. Qualcuno inizia a sperare di nuovo.
E’ l’inizio di un misterioso e irresistibile passo a due, in cui s’intrecceranno il pubblico e il privato di un uomo politico, e a sdoppiarsi, oltre ai due segretari – il vero e il falso – saranno le loro due vite, ambiguamente confuse nel talento, e nell’amore per la stessa donna, in un match a distanza la cui posta in gioco è la verità e la finzione del potere.