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Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

In gita nella valle del Belice, tra vino, ricordi e sapori

Cosa facciamo il prossimo fine settimana? Magari una passeggiata nella valle del Belice, per gustare un buon vino e passeggiare per le vie di una città fantasma...

di Clara Di Palermo

Cosa facciamo  il prossimo fine settimana? Magari una passeggiata nella valle del Belice, per gustare un buon vino e passeggiare per le vie di una città fantasma…

 

di  Clara Di Palermo 

Bere del buon vino in un “chateau garage”…..ci avete mai provato? E cosa è uno “chateau garage”?
Lo chateau garage è una piccolissima cantina, poco più che garage appunto, ma nel pieno rispetto di tutto ciò che è necessario a una buona vinificazione, spesso allestita sotto casa e che nasce dalla profonda passione per il vino e per la cultura del vino.
Tutto nasce da una gita fuori porta tra vino, sensazioni e memoria, a Salaparuta, dove abbiamo riscoperto piccole emozioni e ritrovato sapori di una volta.cantina

A circa 40 minuti da Palermo, Salaparuta è uno dei centri, in provincia di Trapani, interamente “spostato” e ricostruito dopo il terremoto che nel 1968 sconvolse la valle del Belice. La valle merita una passeggiata domenicale che vi regalerà belle emozioni e un viaggio indietro nel tempo. È una zona particolarmente vocata alla coltivazione dell’uva, con vigneti che si estendono in tutto il territorio……e con una tradizione di “chateau garage”. In uno di questi chateau garage, quello del Bruchicello, conosciamo Giovanni Palermo e la sua famiglia. Una passione che parte da lontano la sua, trasmessa anche ai suoi tre figli, incluso il più piccolo, di appena 11 anni, che crea dei simpatici portachiavi con i tappi in sughero che si usano per tappare le bottiglie di vino.
Nel suo chateau garage c’è la possibilità di degustare i suoi vini, insieme con assaggi di prodotti tipici della zona, dai formaggi, alla ricotta ai paté (questi sapientemente preparati dalla moglie di Giovanni), al pane di farina di Tumminia.
“La farina con cui mia moglie ha preparato il pane – racconta Giovanni Palermo – è prodotta con il grano che coltiviamo in un piccolo appezzamento di terreno, senza utilizzare pesticidi né altri prodotti chimici. Non lo vendo ma è solo per utilizzo familiare e ne beneficiano anche i nostri ospiti che vengono a degustare il nostro vino”. E avere la possibilità di testare i vini di Giovanni Palermo è semplice: basta contattarlo attraverso la sua pagina Facebook. Nero d’Avola, Cabernet Sauvignon, Nero d’Avola riserva, il racconto di Giovanni è appassionato e conduce gli ospiti, anche i meno esperti, attraverso scoperte olfattive, sapidità, colori intensi, perché “il vino è un alimento – ama precisare -, anche se oggi viene considerato solo una bevanda”.
Il Bruchicello esordì nel 2001 al Vinitaly, con un buon successo “e ricordo che fu un’esperienza strepitosa. Ero talmente frastornato che arrivai al salone senza sapere ancora che prezzo dare al vino!”.
La gita a Salaparuta, sotto la guida di Giovanni Palermo, profondamente legato a questi territori, diventa particolarmente interessante non solo per gli appassionati del prezioso nettare degli dei.
Prima della degustazione, infatti, veniamo guidati in una sorta di viaggio indietro nel tempo che ci conduce in una dimensione surreale: una visita a ciò che resta dell’insediamento originario di Salaparuta prima del terremoto e ai ruderi di Poggioreale, un vero paese fantasma che ha rapito la nostra immaginazione.
L’ingresso per la via principale del paese è sbarrato da un cancello chiuso, “per ragioni di sicurezza” si legge in un cartello. Così entriamo un po’ più a monte, da un accesso lasciato libero.valle del belice

La prima cosa che si nota è il silenzio. Percorriamo quelle che erano le vie di Poggioreale sbirciando attraverso porte e finestre delle costruzioni ancora in piedi. Incontriamo una macelleria, un panificio, la piazza centrale del paese, teatro di set cinematografici per film come “Malena” di Tornatore o “Mediterraneo” di Salvatores e dei quali c’è ancora traccia.
Uno degli edifici meglio conservati è un antico frantoio, un vero esempio di architettura industriale, di fronte al quale c’era un panificio.
L’impianto urbanistico del paese è a scacchiera, con strade principali ampie e strade che si intersecano ad angolo retto. Si parla sottovoce, quasi a non volere disturbare, ma è solo suggestione…. in questo posto che una volta era animato da bambini che giocavano per strada e dal profumo del bucato steso al sole oggi non c’è più nessuno.
Ci siamo solo noi, le rovine di Poggioreale appartengono allo Stato, c’è stato l’obbligo del trasferimento totale a valle per tutti gli abitanti.
Lasciamo le rovine di Poggioreale a malincuore, ci chiediamo perché non si sia recuperato quello che era possibile recuperare, prima che incuria e tempo continuassero l’opera distruttiva del terremoto. Ci sono strutture messe in sicurezza, passiamo a fianco alle scuole, al vecchio ufficio postale. E immaginiamo il dolore di chi è stato estirpato dal proprio paese, dalle proprie abitudini, di quelli che allora erano bambini e oggi sono adulti e che sentono ancora questo posto come casa loro.

Foto  di Costantino Iacono

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