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INPS: indebito assistenziale per carenza del requisito reddituale

L'indebito assistenziale, ovvero la percezione di prestazioni previdenziali alle quali non si aveva diritto, ne causa l'immediata sospensione e l'eventuale recupero di somme indebitamente percepite. Vediamo i diversi casi.

di Dario Coglitore

L’indebito assistenziale determinato dal venir meno dei requisiti reddituali previsti dalla legge (es. per beneficiare della pensione di invalidità civile o dell’assegno mensile di assistenza) legittima l’ente previdenziale alla ripetizione delle somme versate solo a partire dal momento in cui è stato accertato il superamento dei predetti requisiti, a meno che non si provi che l’accipiens versasse in dolo rispetto a tale condizione, trattandosi di elemento soggettivo idoneo a far venir meno l’affidamento alla cui tutela sono preposte le norme limitative della ripetibilità dell’indebito.

In materia di indebito assistenziale non si applica la disciplina della L. n. 412 del 1991, art. 13, che si riferisce all’indebito previdenziale né tantomeno il principio generale di ripetizione dell’indebito stabilito dall’art. 2033 c.c, trovando invece applicazione la regola di settore che esclude la ripetizione in presenza di situazioni di fatto caratterizzate dalla non addebitabilità al percepiente della erogazione non dovuta ed una situazione idonea a generare affidamento.

In particolare, la Corte di Cassazione ha evidenziato che “l’indebito assistenziale determinato dalla sopravvenuta carenza del requisito reddituale, in assenza di norme specifiche che dispongano diversamente, è ripetibile solo a partire dal momento in cui intervenga il provvedimento che accerta il venir meno delle condizioni di legge, e ciò a meno che non ricorrano ipotesi che escludano qualsivoglia affidamento dell’ “accipiens”, come nel caso di erogazione di prestazioni a chi non abbia avanzato domanda o non sia parte di un rapporto assistenziale o di radicale incompatibilità tra beneficio ed esigenze assistenziali o, infine, di dolo comprovato” (Cass. Civ. Ord. n. 264/2004; da ultimo Cass. Civ. 28771/2018 e Cass. Civ.  n. 13916/2021).

Deve quindi rilevarsi che secondo la giurisprudenza di legittimità “In tema di indebito assistenziale, in luogo della generale ed incondizionata regola civilistica della trova applicazione, in armonia con l’art. 38 Cost., quella propria di tale sottosistema, che esclude la ripetizione, quando vi sia una situazione idonea a generare affidamento del percettore e la erogazione indebita non gli sia addebitabile. Ne consegue che l’indebito assistenziale, per carenza dei requisiti reddituali, abilita alla restituzione solo a far tempo dal provvedimento di accertamento del venir meno dei presupposti, salvo che il percipiente non versi in dolo, situazione comunque non configurabile in base alla mera omissione di comunicazione di dati reddituali che l’istituto previdenziale conosce o ha l’onere di conoscere.” (Cass. Civ. n. 13223/2020).

L’avv. Dario Coglitore

A tal riguardo non è ozioso evidenziare che, nel settore della previdenza ed assistenza obbligatori, sussite il principio di presunzione di buona fede dell’accipiens come confermato dalla giurisprudenza di legittimità: “In tema di indebito oggettivo la buona fede dell’accipiens al momento del pagamento è presunta per principio generale, sicchè grava sul solvens che faccia richiesta di ripetizione dell’indebito l’onere di dimostrare la malafede dell’accipiens all’atto della ricezione della somma non dovuta” (Cass. Civ. sez. lavoro, 8/05/2013 n. 10815; conforme Corte d’Appello L’Aquila sez. lavoro, 11/12/2014).

Ulteriormente, il concetto di buona fede è insuperabile fintantochè il solvens non fornisca la prova del dubbio che può nascere rispetto alla condotta del soggetto che riceve la prestazione.

Sul punto la Corte di Cassazione ha affermato che:“La prestazione di buona fede di cui all’art. 1147 c.c. non è vinta dall’allegazione del mero sospetto di una situazione illegittima, essendo invece necessario che l’esistenza del dubbio promani da circostanze serie, concrete e non meramente ipotetiche, la cui prova deve essere fornita da colui che intenda contrastare la suddetta presunzione legale. Ed infatti, non ogni ragione di dubbio può escludere la buona fede, giacchè il dubbio riflette una vasta gamma di stati d’animo che vanno dal mero sospetto alla quasi certezza, donde la necessità di una opportuna discriminazione al fine di stabilire, in relazione ad ogni singolo caso, il grado preciso di conoscenza dubitativa, non potendo un qualsiasi dubbio identificarsi senz’altro con la mala fede” (Cass. Civ. 21/05/2003 n. 7966; conformi Cass. Civ. 22/05/2000 n. 6648, Cas. Civ. 24/12/1991 n. 13920).

Alla luce dei suddetti principi dunque al percettore può essere chiesta la ripetizione soltanto degli eventuali ratei successivi alla data del provvedimento che ha accertato la prestazione non dovuta salvo che l’accipiens versi in dolo o in altre ipotesi derogatorie che a priori escludano un qualsivoglia affidamento, come nel caso di erogazione di prestazione a chi non sia parte di alcun rapporto assistenziale, nè ne abbia mai fatto richiesta (Cass. Civ. 23 agosto 2003, n. 12406), nel caso di radicale incompatibilità tra beneficio ed esigenze assistenziali (Cass. Civ. 5 marzo 2018, n. 5059, riguardante un caso di erogazione dell’indennità di accompagnamento in difetto del requisito del mancato ricovero dell’assistibile in istituto di cura a carico dell’erario).
Avv. Dario Coglitore

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