La pensione ordinaria di inabilità, istituita dall’articolo 12 della Legge 30 marzo 1971, n. 118, è una prestazione assistenziale che spetta ai lavoratori dipendenti (vi rientrano anche gli iscritti alla Gestione Separata INPS) o autonomi che presentino una assoluta e permanente impossibilità di svolgere qualsiasi attività lavorativa a causa di infermità o difetto fisico o mentale, valutati dalla Commissione Medica Legale dell’INPS, e che abbiano versato contributi per almeno cinque anni, dei quali tre nell’ultimo quinquennio precedente la domanda di pensione.
Requisito principale
Per ottenere la pensione di inabilità non si deve svolgere alcuna attività lavorativa ed occorre eventualmente cancellarsi dagli elenchi di categoria dei lavoratori e dagli albi professionali.
Bisogna inoltre avere un reddito non superiore a 16.982,49 euro annui per il 2021. Ai fini dell’accertamento del requisito reddituale in sede di prima liquidazione si considerano i redditi dell’anno in corso dichiarati dall’interessato in via presuntiva. Per gli anni successivi si valutano, per le pensioni, i redditi percepiti nell’anno solare di riferimento, mentre per le altre tipologie di redditi gli importi percepiti negli anni precedenti. Tale limite di reddito deve essere inoltre calcolato con riguardo alla base imponibile ai fini Irpef, al netto degli oneri deducibili indicati nell’art. 10 del TUIR.
La cessazione del rapporto di lavoro
Nel caso si svolga attività lavorativa, per poter accedere alla prestazione è necessario cessare il rapporto di lavoro, anche dopo la presentazione della domanda, quando si è certi dell’avvenuto riconoscimento del requisito sanitario.
È infine necessaria la rinuncia ai trattamenti a carico dell’assicurazione obbligatoria contro la disoccupazione e a ogni altro trattamento sostitutivo o integrativo della retribuzione.
Laddove una delle precedenti cause d’incompatibilità subentri dopo aver ottenuto la pensione di inabilità, il beneficiario è tenuto a darne immediata comunicazione all’INPS, che verificherà il persistere (o meno) dei requisiti necessari per continuare a usufruire della prestazione.
Non è un trattamento definitivo
La pensione di inabilità non è definitiva: essa infatti può essere soggetta a revisione e non viene trasformata in pensione di vecchiaia come invece accade per l’assegno ordinario di invalidità. È però compatibile con l’indennità di accompagnamento riconosciuta agli invalidi civili non deambulanti o non i grado di compiere gli atti quotidiani della vita.
Pensione o assegno ordinario?
In particolare, a seguito del procedimento di revisione la prestazione può essere confermata, qualora l’invalidità sia accertata al 100%, trasformata in assegno ordinario di invalidità, qualora sia al di sotto del 100% ma superiore ai due terzi, oppure revocata, qualora sia accertato il recupero della capacità lavorativa a più di un terzo.
L’importo mensile viene determinato con il sistema di calcolo misto, una quota calcolata con il sistema retributivo ed una quota con il sistema contributivo oppure, se il lavoratore ha iniziato l’attività lavorativa dopo il 31 dicembre 1995, con il sistema contributivo. Ma rispetto all’assegno di invalidità, sussiste una differenza molto importante sotto il profilo economico.
Anzianità contributiva
Infatti, l’anzianità contributiva maturata viene incrementata dal numero di settimane che trascorrono tra la decorrenza della pensione e il compimento di 60 anni di età, sia per le donne sia per gli uomini a seguito dell’introduzione del sistema contributivo per le anzianità maturate dal 1 gennaio 2012.
Per il conseguimento del prerequisito minimo, viene riconosciuta la possibilità di ricorso alla totalizzazione o al cumulo gratuito, cioè sommare gratuitamente i contributi versati in diversi fondi di previdenza di natura obbligatoria.
La decorrenza è fissata al mese successivo alla presentazione della domanda, purché sia cessata l’attività lavorativa; diversamente, la pensione decorre dal mese successivo alla cessazione.
Per le decorrenze dal 1 settembre 1995 i trattamenti di invalidità liquidati dall’ INPS (assegno ordinario e pensione di inabilità) e la rendita INAIL sono incumulabili se riferiti allo stesso evento o causa.
In questo caso è liquidata interamente la prestazione dell’INAIL e solo per la parte eccedente il trattamento previdenziale.
Tale disposizione, introdotta con la riforma n. 335/1995, riguardae anche le pensioni liquidate prima dell’entrata in vigore della legge ma, in tali casie, continua l’erogazione della prestazione INPS cristallizzata con riassorbimento dei miglioramenti di legge.
Avv. Dario Coglitore