Sin da piccola volevo fare l’avvocato. Guardavo la tv e chiedevo: “Papà, chi è quest’uomo in abito nero? Voglio essere come quell’uomo io, parlare ai giudici”. Mio padre mi spiegò che quell’uomo era un avvocato.
di Sabrina Perrone*
Ora ci parlo con i giudici. Da giovane professionista, ho grandi sogni, alcuni ancora da realizzare: me lo hanno sempre detto che la bellezza della giovane età è la dirompente voglia di fare, di inventarsi e reinventarsi, di ideare nuovi progetti e di pensarli come possibili.
E’ così. Al giovane non puoi mai dire che è impossibile un qualcosa. Per propensione personale il giovane la intenderà sempre come possibile. La parola impossibile per noi giovani non esiste: per questo nonostante il momento di difficoltà che stiamo vivendo noi non dobbiamo scoraggiarci.
Purtroppo però questo non è solo un “momento” di difficoltà: è molto più di un “momento”, non sembra avere i connotati di qualcosa di fuggevole, non sembra avere nulla di provvisorio. Questo periodo di difficoltà che tutti stiamo vivendo ha il sapore di un limbo durevole.
Noi – tutti noi – oggi, rispetto a ieri, ci mostriamo meno combattenti e più creduloni, meno svegli e più rassegnati, meno critici e forse più condizionati. Perché – non ci sono giri di parole degni di lode! – siamo diventati proprio questo.
Qual è la causa? Il non saper fare politica. Ecco – direte – il solito “discorso” di partito, di persona delusa da chicchessia, che non sa per chi votare o che deve pur lanciare un conoscente in una delle liste delle prossime amministrative.
Ma che c’entra, signori. Vi siete mai chiesti quale sia la etimologia della parola “politica”?
Politica non è sempre sinonimo di rappresentanza partitica. Politica è, prima di tutto, Arte. Sì, l’Arte di governare la polis. E la nobiltà di tale arte democratica non può prescindere dal popolo governato. Le Istituzioni – tutte, locali e nazionali – ci stanno propinando una politica diversa: un’arte che non è più aderente alle esigenze del popolo, imponendo allo stesso di servire le poltrone dei politici.
Oggi la politica è lontana dalla storia delle persone e con il suo operato – purtroppo – annichilisce il corpo sociale, che così non (ri)conosce neanche il pensiero di una possibile reazione. A pagarla – inutile dirlo – sono i più deboli, i meno garantiti, gli ultimi. E tutti noi saremo – anzi siamo! – responsabili, perché, ora più che mai, siamo chiamati tutti a fare la nostra parte.
E allora dobbiamo guardarci reciprocamente in faccia e dire: Noi siamo in grado di riprendere la nostra libertà, il nostro credo, la nostra anima e le nostre esigenze e, insieme, come in un’unica squadra, ce la faremo a riprendere la nostra dignità!
Basta crederci. Almeno per un momento.
*Associazione Fiori di Acciaio