Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Irrigazione in agricoltura in Sicilia all’anno zero

di Patrizia Romano

Il più recente progetto complessivo della pianificazione e gestione del sistema di irrigazione fa acqua da tutte le parti. Nell’Isola, a causa della pessima gestione, si rischia di perdere lauti finanziamenti

 

di Patrizia Romano

L’irrigazione rappresenta uno degli elementi più importanti nello sviluppo dell’agricoltura, consentendo una produzione più elevata e di maggiore qualità. Inoltre, ha reso possibile una certa flessibilità nella scelta degli ordinamenti produttivi da parte degli imprenditori agricoli, rendendoli autonomi rispetto alle attese derivanti dalle precipitazioni naturali, che hanno sempre rappresentato un’incognita per l’agricoltura.

L’impiego dell’acqua, però, in agricoltura, come strumento tecnico della produzione, pone delle problematiche peculiari rispetto agli altri fattori produttivi in quanto risorsa naturale e, pertanto, non producibile industrialmente.

Il legame esistente tra l’acqua e l’agricoltura, comunque, è sempre stato molto stretto. Le prime civiltà stanziali si svilupparono in prossimità di corsi d’acqua, perché la presenza di questa risorsa permetteva loro la coltivazione dei campi, favorendo, dunque, lo sviluppo agricolo e la produzione di cibo.

A distanza di 4 mila anni, quindi, il binomio acqua-produttività agricola è ancora inscindibile. L’agricoltura, la selvicoltura e la zootecnia, in quanto utilizzatrici di grandi volumi di acqua, sono oggi chiamate a svolgere un ruolo di primo piano nella gestione sostenibile delle risorse idriche sia dal punto di vista quantitativo sia qualitativo, e rappresentano una componente sempre più importante della strategia di adattamento ai cambiamenti climatici in atto.

Salvaguardare le risorse idriche diventa, così,  una sfida importante  per difendere gli equilibri ecologici e anche per migliorare la qualità della vita di tutti.

In Sicilia, questo concetto non è stato recepito. Con riferimento al nostro territorio, secondo l’Istat, negli ultimi quindici anni, la superficie potenzialmente irrigabile si è mantenuta su livelli di poco inferiori ai 4 milioni di ettari, anche se con una tendenza all’aumento; la superficie irrigata negli ultimi anni ha raggiunto i 2,6 milioni di ettari. 

In Italia, secondo dati forniti dal Corpo forestale dello Stato, il 21 per cento del territorio è a rischio di desertificazione. In modo particolare le regioni in cui si registra il livello maggiore di pericolo sono la Puglia, la Basilicata, la Calabria, ovviamente la Sicilia e la Sardegna.

La salvaguardia delle risorse idriche diventa, pertanto,  una priorità strategica anche per tutti i Paesi dell’Unione Europea e della Pac, la politica agricola comune europea, soprattutto in questa fase in cui si sta definendo la Nuova Pac che va verso il 2020.

Breve exursus storico dell’irrigazione in Sicilia

L’irrigazione in Sicilia fino agli anni ’40 interessava circa 87 mila ettari. Si trattava di un’attività essenzialmente privata, quasi sempre realizzata ad opera di singoli agricoltori che valorizzavano le acque sorgentizie, fluenti e sotterranee. Le utilizzazioni collettive erano modeste, promosse inizialmente da privati e, successivamente, anche da Società a fini speculativi. Agli inizi del XX secolo esisteva già una sorta di oligopolio dei ‘signori dell’acqua’ che, sfruttando condutture vetuste, provvedevano all’approvvigionamento idrico delle città, ma che, in assenza di infrastrutture (acquedotti, fognature e opere di bonifica idraulica), riuscivano a soddisfare solo le richieste di una parte modesta della popolazione, con conseguenti gravi problemi di igiene e sottosviluppo. Più volte si tentò di municipalizzare l’acqua e di operare attraverso una gestione di tipo pubblico, che di fatto fu autorizzata solo alcuni decenni dopo.

Da allora non è cambiato nulla. Ancora oggi, infatti, l’irrigazione in agricoltura rappresenta appannaggio di una ristretta oligarchia che cambia la forma, ma rimane tale e quale nei connotati.

Dopo la seconda guerra mondiale, lo sviluppo dell’irrigazione ricevette un considerevole impulso dall’intervento statale, con la costruzione di grandi invasi, a cominciare da quello del Disueri negli anni ’50.

Intanto, anche l’attività dei privati iniziò ad espandersi, attraverso la captazione di acque sotterranee, l’intercettazione di acque collinari e l’utilizzazione di portate superficiali accumulate in piccoli serbatoi.

Qui si apre lo scenario più squallido sul fenomeno irrigatorio. Tutto diventa potere concentrato nelle mani della mafia che trova sulla materia grosse opportunità di business.

Cosa succede ai nostri giorni?

Il più recente progetto complessivo della pianificazione e gestione del sistema di irrigazione si pone una serie di obiettivi. Tra questi, quello di  attivare un sistema di relazioni e di scambio di informazioni tra i vari soggetti coinvolti nella programmazione e nella gestione delle risorse idriche. Ciò, al fine di creare i presupposti per la realizzazione di un Osservatorio permanente sui sistemi irrigui, che risponde alle finalità della Rete Rurale Nazionale. A questo obiettivo si aggiunge quello di  monitorare, attraverso il Sistema informativo per la gestione delle risorse idriche in agricoltura, Sigrian, messo a punto negli anni precedenti, la gestione dell’acqua a fini irrigui a livello nazionale e regionale.

Ma cos’è Sigrian?

Per dare un grosso contributo alla pianificazione della tutela del sistema di irrigazione, a partire dal 1998, viene sviluppato un sistema informativo, definito Sigrian, il sistema informativo nazionale per la gestione delle risorse idriche in agricoltura per la pianificazione e la programmazione in campo irriguo, con dettagli a livello di bacino, di regione e di ente irriguo (irrigazione collettiva).

Oggi, Sigrian contiene i dati di tutto il territorio nazionale. All’interno del sistema sono contenuti i dati di tutto il territorio nazionale. In particolare sono contenute le informazioni relative agli enti irrigui, alle aree con infrastrutture, i dati gestionali ed economici (entrate, costi contributi), alle aree irrigate, ai metodi di irrigazione. Nonché gli schemi irrigui con dettagli sulle disponibilità e sulle tipologie di rete, gli impianti di depurazione delle acque e le informazioni territoriali.

In Sicilia, siamo ancora all’anno zero. Basti pensare, infatti, che non è stato ancora elaborato il relativo sistema informatico. Pertanto, i finanziamenti per la pianificazione degli interventi irrigui per l’agricoltura siciliana rischiano di essere persi.

Come spesso avviene in altri settori, in Sicilia, ancora una volta, un altro ondata di denaro rischia di disperdersi nel nulla. Infatti, nell’Isola il progetto non è mai partito. Progetto che dovrebbe permettere  alle autorità di bacino di  trasmettere al ministero delle Politiche agricole, alimentari e forestali i dati relativi alla propria infrastruttura irrigua, in modo da consentire una pianificazione  delle politiche di sviluppo coerenti e di ottimizzare gli investimenti pubblici nel settore irriguo.

Un’operazione che in Sicilia diventa particolarmente complicata, visto che l’Autorità di bacino è commissariata da anni.

Autorità di bacino

A proposito di questi enti istitutivi, si apre un altro triste capitolo dell’irrigazione agricola in Sicilia. In realtà, la nostra regione con le autorità di bacino, istituite per la prima volta con la legge numero 183 del 1989, non ha mai avuto molta fortuna. Le motivazioni sono facilmente comprensibili. Basta dire che questi organismi sarebbero stati preposti alla prevenzione dei disastri provocati dagli eventi naturali calamitosi.

In poche parole, le Autorità di bacino, una volta istituite, avrebbero messo fine a quella serie di interventi scorretti sulle dighe, sugli argini dei fiumi, che per anni sono stati coordinati da consulenti pagati a fior di quattrini per ogni singolo intervento in combutta con le imprese mafiose. Interventi di cui, ancora oggi, piangiamo le nefaste conseguenze, soprattutto in occasione di calamità naturali.

Immaginiamo quanto sarebbe stata dura rinunciare a questo tipo di interventi per fare posto a interventi regolamentati e applicati soltanto in funzione degli equilibri ambientali.

Cosa fare per non perdere anche questi finanziamenti?

Per cercare di acchiappare al volo questi finanziamenti sì sono attivati i parlamentari del Movimento 5 Stelle, che hanno presentato una risoluzione alla commissione Agricoltura della Camera  ed una alla commissione Ambiente dell’Ars.

Con la prima si impegna il governo Renzi  a sollecitare le Regioni ad inviare i dati al Ministero. Con la seconda, invece, si punta ad impegnare il governo Crocetta alla realizzazione del sistema informatico e  del database. Elementi indispensabili per raccogliere i dati di accesso al finanziamento.

“I tempi – afferma la deputata palermitana Loredana Lupo componente della commissione Agricoltura della Camera  – sono strettissimi. E sarebbe veramente un peccato perdere questi finanziamenti che potrebbero dare un po’ di ossigeno al settore”.

Megria

L’altro strumento è rappresentato dal Megria, che sta per Modello Economico per la Gestione della Risorsa Idrica in Agricoltura e rappresenta uno strumento di supporto alle decisioni, il cui impiego può certamente dare un contributo di rilievo all’inquadramento e alla gestione dei problemi di utilizzo dell’acqua in agricoltura. 

Ma anche in questo caso, siamo all’anno zero, perché i due sono strettamente collegati tra di loro

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