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Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Italia e Cina si incontrano nell’ AAIIC

Dal sodalizio culturale Italia-Cina, nasce AAIIC, l’Associazione italiana accademici in Cina. Ma quali sono i presupposti culturali che uniscono, proprio sul fronte culturale, due paesi così profondamente diversi tra di loro? Ne parliamo con Ivan Cardillo, presidente dell’Associazione

di Patrizia Romano

Italia e Cina sono due paesi caratterizzati da una storia millenaria. Storicamente entrambi sono stati veri e propri bacini culturali rispettivamente dell’Asia e del mondo occidentale allora conosciuto. Pensiamo al grande splendore della dinastia Tang e al ruolo della cultura italiana nella storia europea. Entrambe queste culture hanno saputo assorbire le culture dei popoli limitrofi, diventando, così, nel corso degli anni, vere e proprie civiltà pluraliste.
Questa sorta di autorevolezza storica fa in modo che i due paesi siano inclini a guardare alle rispettive esperienze e ad interagire.
Nel concreto,  le due culture condividono aspetti importanti, primo fra tutti il ruolo e l’importanza della famiglia. E’ proprio su questo nucleo che si fondano il senso di appartenenza e l’idea di comunità di entrambe le culture.

Sodalizio culturale

Ma non solo. Sono tanti gli aspetti che accomunano questi due Paesi, al punto da creare dei veri e propri sodalizi culturali. Sodalizi, che danno vita a realtà importanti e significative, come l’Associazione degli Accademici Italiani in Cina (AAIIC).
Si tratta di una comunità che riunisce professori e ricercatori italiani, attivi nel territorio cinese. Tutti impegnati nelle attività di docenza, ricerca e coordinamento di progetti scientifici nazionali e internazionali.
Contando ad oggi 120 soci attivi in 12 città e 42 università, l’AAIIC rappresenta una qualificata presenza professionale di italiani di talento. Sono bene inseriti con efficacia nel sistema universitario cinese.
Ma quali sono i presupposti culturali che uniscono, proprio sul fronte culturale, due paesi così profondamente diversi tra di loro?


Ne parliamo con Ivan Cardillo, presidente  dell’Associazione degli Accademici Italiani in Cina.

Una vera comunità

Presidente, in cosa si estrinseca la vostra attività culturale in Cina e quella cinese in Italia?
C0ntando ad oggi  oltre  100 soci attivi  in più  di  12 città  e  42 università,
L’AAIIC si propone di creare una piattaforma d’incontro e coordinamento   degli   esperti   italiani   in   Cina,   di   facilitare   la cooperazione accademica, scientifica e tecnologica, di agevolare lo scambio d’informazioni tra centri di ricerca e università italiane e cinesi. Ma anche   di   sostenere   con   opportune   iniziative   l’interscambio accademico,   di   organizzare   incontri,   seminari   e   conferenze   in collaborazione   con   università,   centri   di   ricerca   e   industrie,   con potenzialità accademiche, economiche e sociali per il sistema Italia in Cina.
La cooperazione universitaria è una delle più importanti collaborazioni in corso tra Italia e Cina con oltre 700 accordi siglati ed un crescente numero di pubblicazioni scientifiche, aumentato negli scorsi anni del 250 per cento.

Chi è l’intellettuale che va in Cina?

Possiamo tracciare un profilo dell’italiano intellettuale che va a fare cultura in Cina e viceversa?
Fare cultura in Cina è un’attività molto più ampia di quanto si possa pensare. In Cina c’è il mondo intero e bisogna confrontarsi con l’America,   l’Africa,   la   Russia,   l’Europa   e   l’Asia   intera.   Nell’AAIIC abbiamo soci che insegnano in cinese a studenti cinesi in università cinesi. Soci che insegnano in inglese a studenti cinesi in università cinesi e non. C’è chi insegna a studenti stranieri in soggiorno di scambio in Cina, c’è chi lavora presso sedi distaccate di atenei stranieri.
La Cina sta diventando sempre più un bacino di attrazione di talenti stranieri, offrendo tante possibilità di ricerca e di lavoro: laboratori, attrezzature scientifiche, fondi.
Queste condizioni di lavoro ratterizzano   il   profilo dell’intellettuale italiano impegnato in Cina.

Cosa spinge un italiano verso la Cina?
Le   opportunità   offerte   dal   mercato   del   lavoro   cinese   sono sicuramente una delle cause principali, che non si esauriscono in una   posizione   d’insegnamento   ma   vanno   ben   oltre,   offrendo laboratori attrezzati, ruoli di responsabilità, direzione di progetti di ricerca. Oltre alle figure lavorative legate al mondo accademico e della   ricerca,   ci   sono   molti   italiani   impegnati   nella   promozione dell’Italia e della cultura italiana nelle sue molteplici forme, dal cibo al design, dalla tecnologia al turismo. La società cinese è in costante mutamento. Il tentativo di conservare un equilibrio tra tradizione e modernità   unito   al   desiderio   di   diventare   una   società   moderna d’avanguardia rendono la Cina estremamente interessante per gli italiani che desiderano mettersi in discussione e sperimentare.

I cinesi amano l’Italia?

Qual è la risposta del popolo cinese a questo connubio culturale con l’Italia? Cosa lo attrae? Cosa lo affascina?
I cinesi sono molto incuriositi dall’Italia, dalla sua storia, dalla sua bellezza,   dal   suo   fascino.   L’Italia,   agli   occhi   degli   amici   cinesi, rappresenta   un   modo   di   vivere,   fatto   di   cultura,   storia,   arte, paesaggi, moda, cibo, high-tech. Ogni italiano in un certo senso può sentirsi   ambasciatore   del   proprio   paese.   Sicuramente   c’è   molta voglia di conoscere e studiare. I corsi di lingua italiana diventano sempre   più   popolari,   così   come   i   corsi   di   moda,   di   cucina,   di letteratura, di filosofia, eccetera.
Questo interesse si è tradotto in un aumento dei voli diretti disponibili tra varie città cinesi e italiane.
All’interesse intellettuale fa seguito la voglia di conoscere in prima persona, di sperimentare, di guardare, di toccare.

Scienza ed estetica

Qual è il settore in cui si trova prevalentemente il trait d’union culturale?
I   settori   della   collaborazione   scientifica   tra   Italia   e   Cina maggiormente sviluppati, soprattutto per l’entità dei finanziamenti, sono quelli della fisica e della scienza spaziale. Basti pensare ai grandi esperimenti di fisica JUNO e BESIII, al recente lancio del satellite  CSES ed al completamento del progetto di mappatura della luna. La capacità di coordinamento e di sinergia manifestata dal successo   di   questi   progetti   è   indice   di   un’innata   capacità   di interagire, di capirsi. Ma ciò esiste laddove   c’è   un   collegamento   culturale,   un   sostrato   culturale comune.
Questa sinergia è visibile in ogni settore di collaborazione, fisica, diritto, filosofa, design, estetica, medicina, economia eccetera e vive proprio della cultura del bello.

La cultura del bello

L’Italia è il paese della cultura del bello, della convivenza con il bello, è il bel paese. La bellezza ispira ogni attività di ricerca, di lavoro, dona quel valore aggiunto alle cose che ci rende, come italiani, unici agli occhi degli altri.
Proprio questo gusto per il bello ci avvicina al popolo cinese, ci rende amici, e rende piacevole fare quello che al momento ci unisce; un progetto spaziale o una mostra d’arte. La Cina ha recentemente inserito nella sua carta costituzionale il concetto di “bello”, l’impegno a costruire un paese moderno e bello.

L’Italia e la Cina, in virtù delle tradizioni, cultura, sono inclini al bello, alla ricerca della bellezza in tutto,

Non solo affari….

Possiamo sfatare la convinzione che il popolo cinese guardi soltanto all’aspetto commerciale nei rapporti con l’estero?
Certamente sì. E’ bene che l’interazione tra i paesi sia a tutto tondo e a tutti i livelli. Questo permette una reale conoscenza reciproca e quindi un abbattimento reale di pregiudizi e ostacoli di ogni sorta. Il commercio continuerà ad essere uno dei settori importanti nella relazione tra paesi.   Ma   sicuramente   non esaurisce le possibilità di dialogo. Sempre più cinesi ad esempio vanno in Italia per studiare il bel canto. La fase storica che stiamo vivendo   è   caratterizzata   proprio   da   questa   completezza   nella relazione tra popoli. I popoli dialogano a tutto tondo e collaborano con spirito di condivisione e sacrificio comune. Siamo lontani, ma non del tutto al sicuro, da atteggiamenti orientalistici di carattere coloniale.

Dialogo tra i popoli

La migliore prevenzione è proprio il dialogo tra i popoli, la conoscenza reciproca. Prendendo in prestito le parole pronunciate dal   presidente   Mattarella,   ‘la   costruzione   di   una   Via   della Conoscenza’, che oggi diventa sempre più un progetto concreto. Ciò, grazie alla firma dell’Italia del Memorandum d’intesa per l’ingresso nella Belt&Road Initiative, reso possibile grazie al lavoro delle nostre istituzioni. In particolare, il Sottosegretario Michele Geraci, S.E. Ettore Sequi, Ambasciatore d’Italia in Cina e di tutti i collaboratori.

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