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Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Italia, Sicilia e il mercato del clandestino

Gente in cerca di una vita migliore, di un Paese che offra le giuste garanzie democratiche, spesso in balia di organizzazioni che lucrano sulla loro pelle...

di Redazione

Un vero e proprio mercato del clandestino: gente in cerca di una vita migliore, di un Paese che offra le giuste garanzie democratiche, ma spesso in balia di organizzazioni che lucrano sulle loro fatiche, sui loro viaggi e sui loro sogni

 

 di  Giuseppe Patti

Sia in Italia che in Sicilia, il tasso di immigrazione è aumentato. Alcuni arrivano via mare, altri via terra, e altri ancora via aria. L’attenzione si concentra, giustamente, sui primi, i quali affrontano viaggi così rischiosi da rimetterci spesso la vita – si pensi che solo nel 2016 sono morte nel Canale di Sicilia 5.022 persone – tuttavia, anche chi non attraversa il mare, si sottopone a condizioni pressapoco servili, inumane, oppure si affida a veri e propri maghi della truffa per un misero visto, generando un reale mercato del clandestino, dove gli artefici, per lo più italiani, sanno ben maneggiare le leggi a loro illegale piacimento.
Ovviamente, è da precisare, che sono molti a richiedere adeguatamente l’asilo nel nostro Paese – 123.600 nel 2016 secondo l’Interno – tuttavia, per cause economico-sociali, c’è chi nella disperazione si consegna all’ignoto di turno, avido di denaro.
Rientrano in questo mercato i braccianti indiani: non arrivano come clandestini, per raggiungere l’Italia non usano barconi, ma aerei. Alla base stanno solide organizzazioni che trafficano esseri umani, ricavando da ognuno anche fino a 8 mila euro. In cambio, i migranti hanno un biglietto e un permesso di tre mesi come stagionali. Il costo è esorbitante, tanto da indebitare se stessi o l’intero villaggio, solitamente con lo stesso “datore di lavoro” per cui dovrà lavorare gratuitamente sino all’estinzione del debito.
Spesso, i braccianti vengono ingaggiati da caporali del loro stesso Paese: all’alba li caricano sui furgoni e li portano a seminare o raccogliere nei campi delle aziende italiane, ma non basta. Dai lavoratori pretendono anche delle personali tasse giornaliere: di solito 5 euro per il trasporto, 3,50 per il panino, 1,5 euro per ogni bottiglia d’acqua consumata. Ma il caporale è solo l’ultimo anello di questa associazione, sopra di lui – nel 90 per cento dei casi – un italiano, avvocato o commercialista, insomma un professionista, nostro connazionale che gestisce il giro delle case, degli affitti e dei permessi di soggiorno. Al di sopra di questi c’è il capo vero e proprio dell’organizzazione, quasi sempre un uomo della malavita locale che si occupa del mercato del clandestino.

In Sicilia, se non direttamente, questi “agricoltori” arrivano tramite voli nazionali, o più semplicemente trasportati con automezzi, dando vita ad un vero e proprio flusso migratorio interno, dove i destinatari non vedono l’ora di ricevere nuova e conveniente manodopera.
In particolare, i paesi siciliani cuciti in questa rete dello sfruttamento, sono: nella zona centro-occidentale, S. Giuseppe Jato, Partinico, Enna, Naro e Canicattì; nella zona centro-orientale, Capo d’Orlando, Rocca Lumera, Bronte, Palagonia, Niscemi, Altopiano Ragusa, Cassibile, Avola Florida e Ragusa.
Tale meccanismo, in maniera sostanziale, viene adottato non solo per i braccianti indiani, ma anche per i migranti di nazionalità orientale, non destinati ai campi, e per i quali la faccenda si fa meno cruenta e disumana.

Per loro, un’agenzia procura i visti turistici. Arrivati in Italia, è la volta delle agenzie immobiliari per trovare una sistemazione provvisoria. Poi serve il permesso di soggiorno, ottenibile grazie ad una semplice assunzione – falsa – in un negozio o in un ristorante. Qui entrano in ballo gli studi dei commercialisti, italiani ma anche cinesi: i nuovi arrivati vengono assunti dai loro connazionali, già residenti, il tutto per finta e a suon di mazzette.
Una volta ottenuti i permessi, si licenziano non appena riescono ad aprire un’attività in proprio e il ciclo ricomincia.
Un mercato molto proficuo, che scatena la fantasia di ciechi e ottusi imprenditori. Alcuni, addirittura, si cimentano nella fabbricazione di matrimoni falsi, usufruendo di una rete di collaborazioni e del cosiddetto “ricongiungimento familiare”, previsto dall’ordinamento italiano. Se poi nel pacchetto è prevista la cittadinanza, allora la sposa italiana, – a cui spetta un bel gruzzolo – potrà divorziare solo dopo 24 mesi, cioè non appena il pagante – il migrante – acquisterà la cittadinanza. Per il resto, come fotografi, amici e parenti – naturalmente falsi – presenti al matrimonio civile, erano di competenza degli “imprenditori” italia. E si ricomincia da capo.
Il mercato del clandestino stuzzica l’appetito anche delle mafie locali, e a chi gli è legato; lo dimostrano le diverse inchieste, prima fra tutti quella su “Mafia Capitale”. – Tu hai idea di quanto ci guadagno sugli immigrati? – si vanta Salvatore Buzzi, signore delle cooperative rosse, in un’intercettazione – il traffico di droga rende meno. E in effetti, esaminando le voci di spesa del ministero dell’Interno, e il valore degli appalti per la costruzione di nuovi centri d’accoglienza, si parla di un giro di miliardi di euro, – mica bruscolini! – dove, tra l’altro, la Sicilia è protagonista: sino al 30 novembre 2014 gli immigrati presenti in tutti i centri della Penisola erano 65 mila, e un terzo risiedevano nelle strutture siciliane.

La partecipazione mafiosa è rimasta sempre sotto traccia; le cosche sono sempre state interessate a gestire l’attività collegata perché più redditizia, ma inchieste giudiziarie delle procure di Palermo, Agrigento, Siracusa e Catania, hanno dimostrato che i clan danno agli scafisti assistenza a terra e il sostegno logistico come fossero dei latitanti della mafia, in cambio di una percentuale non indifferente sui traffici dei migranti.

Certamente non c’è da stupirsi se in Sicilia – e in Italia – quando si discute di immigrazione e accoglienza brillano gli occhi a tanti.

 

 

 

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