Dall’arredamento all’abbigliamento, il vintage è una tendenza senza tempo, anche perché si rinnova con il passare dei decenni e, di volta in volta, aggiunge nuovi oggetti, nuovi stili. Il tutto indissolubilmente legato ai nostri ricordi.
Ce ne siamo già occupate qualche anno fa, sognando a occhi aperti in alcuni negozi specializzati di Palermo. Ma se ne trovano tanti non solo in Italia: in Gran Bretagna ce n’è veramente da far girare la testa. Perché il vintage è, comunque, una caratteristica legata alla cultura delle tradizioni e i britannici hanno il culto delle loro tradizioni che custodiscono e tramandano da secoli.
Ma avreste mai detto che esiste la cucina vintage e che è di gran moda? E sapete in cosa consiste?
Si tratta di ripescare quei piatti e quelle ricette che hanno caratterizzato un’epoca e che, per i più svariati motivi sono stati aboliti dalle nostre tavole. Alcuni sono tornati con delle varianti, magari più leggere, altri sono soltanto nei ricordi dei pranzi a casa delle zie o dei nonni.
Negli Stati Uniti la cucina vintage è la nuova tendenza e state certi che presto arriverà anche da noi, così abbiamo pensato di… portarci avanti e cercare di capire di cosa si tratta.
A quante di noi non è mai capitato di sfogliare i vecchi libri di ricette, libri come l’Artusi, il Cucchiaio d’argento, non c’era donna di casa che non ne avesse una copia da consultare come fosse il verbo. Ricette succulente, gustose, dove non si stava attenti a quanto olio si versava in tegame… quelle foto di polpette al sugo (che aspettavano solo che facessimo la scarpetta con la fetta di pane) che facevano venire l’acquolina in bocca, oggi sono sostituite da piatti minimal, nouvelle cuisine con porzioni ridotte.
Un viaggio nella cucina vintage
Spesso i piatti che hanno caratterizzato un’epoca sono diversi da paese a paese e così, se noi italiani siamo cresciuti con polpette al sugo, pasticcio di lasagne, cocktail di gamberi e vitel tonné, gli americani, ad esempio, ricorderanno la chicken pie, una torta salata ripiena di pollo, oppure la lazy daisy cake, una torta margherita molto umida e soffice. Solitamente veniva guarnita da una copertura croccante al cocco. Sapete perché si chiama lazy, che in inglese vuol dire pigro? Perché gli americani dicono che è talmente semplice e veloce nella realizzazione che si può preparare anche all’ultimo momento per ospiti non attesi, anche quando la pigrizia ci farebbe desiderare di restare tutto il pomeriggio sul divano.
Tornando alla cucina di casa nostra, nel dopoguerra, dopo che si era patita la fame a causa del conflitto mondiale, il desiderio di ricostruire non solo il paese ma anche le nostre tavole della domenica, diede la stura all’elaborazione di piatti ricchi e abbondanti, buoni da mangiare e belli da vedere.
Facciamo un rapido viaggio nella cucina vintage di casa nostra e vediamo quali sono i piatti legati a un particolare periodo.
Iniziamo dagli anni ’20 del secolo scorso, quando andava di moda il vitel tonné di cui dicevamo prima o anche l’insalata russa che ancora oggi è un must dei pranzi di Natale o Capodanno.
Gli anni ’30 sono gli anni del boom dei tramezzini, farciti in tantissimi modi diversi, ottimi per un semplice spuntino o per un veloce pranzo con amici. Ma, a proposito di tramezzini… sapete che il termine tramezzino fu inventato da Gabriele D’Annunzio? E, giusto per divagare un attimo, quanti appassionati di calcio sanno che a D’Annunzio si deve anche la parola “scudetto”?
Ma torniamo alla nostra cucina.
Negli anni ’40, per ovvie ragioni storiche, poiché scarseggiava molto cibo, ci si industriò a cucinare le patate in mille modi: saziavano, piacevano ai bambini ed erano parecchio versatili.
Gli anni ’50 sono gli anni della rinascita, gli anni in cui la tavola della domenica doveva essere ricca, con molte portate, dalla pastasciutta alla teglia di pasta al forno, dalle polpette al sugo alla mitica frittatona con cipolle celebrata anche da Fantozzi (il personaggio cinematografico inventato da Paolo Villaggio). Si riprendeva a vivere all’aperto e dunque la frittata, così come la cotoletta, si poteva preparare in anticipo e portare per un pic-nic all’aperto o per una domenica al mare.
Negli anni ’60 esplodono i cocktail e i buffet, per cui il re della tavola diventa il vol au vent.
Gli anni ’70 sono caratterizzati da due opposte tendenze: da un lato la fretta, la ricerca di piatti veloci, l’utilizzo dei surgelati o di strumenti come la pentola a pressione che aiutino le donne che lavorano a dimezzare i tempi d preparazione. Dall’altro il ritorno alle origini con la riscoperta delle cose naturali, del ritorno alla campagna, del contrasto dolce-salato nello stesso piatto.
Ecco che negli anni ’80 si dà il via alle contaminazioni, con le influenze della cucina giapponese, l’esplosione degli hamburger e delle merendine confezionate da portare a scuola… del risotto alla vodka! Ricordate il risotto alla vodka? Lo abbiamo mangiato tutti almeno una volta!
Negli anni ’90 rallentiamo un po’, è il momento di slow food, della valorizzazione delle produzioni locali, di nicchia, mentre negli anni 2000 anche l’occhio vuole la sua parte e l’impiattamento diventa centrale, nascono come funghi i blog di cucina e le trasmissioni televisive che spiegano passo a passo anche i piatti più elaborati, diventiamo tutti chef e grandi esperti di finger food.
Le ricette? Le trovate facilmente in giro sul web, anche in diverse rivisitazioni.
Ma se volete davvero esagerare, fare un balzo ancora più indietro nel tempo, recuperate il libro di Giulia Lazzari Turco, L’Antico Focolare, dove sono raccolte quasi 700 ricette dell’Ottocento nella loro versione originale.
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