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La questione dell’assegno divorzile e convivenza more uxorio

Assegno divorzile del beneficiario al vaglio delle Sezioni Unite. La questione sull'automatica cessazione del diritto a percepirlo, vista dai nostri avvocati

di Redazione

Con ordinanza interlocutoria n. 28995 del 17/12/2020, la Prima Sezione Civile della Suprema Corte di Cassazione ha rimesso gli atti al Primo Presidente per l’assegnazione alle Sezioni Unite ai sensi di cui all’art. 374 c.p.c., ritenendo di massima e particolare importanza la questione inerente l’automatica (o meno) cessazione del diritto a percepire l’assegno divorzile riconosciuto all’ex coniuge che abbia in seguito instaurato una stabile convivenza more uxorio che configuri famiglia di fatto.

L’ex coniuge

Ormai da qualche anno è emerso nella giurisprudenza, sia di merito che di legittimità, un pressoché uniforme orientamento teso ad escludere la percezione dell’assegno divorzile in favore dell’ex coniuge che nel frattempo abbia instaurato una stabile convivenza more uxorio con un altro soggetto, senza possibilità di reviviscenza del relativo diritto qualora detto rapporto di fatto sia poi cessato.

Principio di “auto- responsabilità”

In particolare, il suddetto indirizzo giurisprudenziale ha trovato pieno riscontro, tra le tante pronunce, nella ordinanza n. 2466/2016 della Suprema Corte di Cassazione che nell’ottica del principio di “auto- responsabilità” nelle crisi coniugali, ha ritenuto come “ l’instaurazione da parte del coniuge divorziato di una nuova famiglia, ancorché di fatto, rescindendo ogni connessione con il tenore ed il modello di vita caratterizzanti la pregressa fase di convivenza matrimoniale, fa venire definitivamente meno ogni presupposto per la riconoscibilità dell’assegno divorzile a carico dell’altro coniuge, sicché il relativo diritto non entra in stato di quiescenza, ma resta definitivamentdel coniuge ce escluso” (Cass. Civ., n. 2466/2016. Conformi, per tutte, Cass. Civ., 6009/2017; Cass. Civ., n. 25528/2016; Cass. Civ., n. 19345/2016; Cass. Civ., n. 17811/2015; Cass. Civ., n. 6855/2015).

Nel caso del coniuge che intraprende una nuova vita affettiva

Tale orientamento muove dalla considerazione per cui il coniuge onerato al versamento dell’assegno sarebbe indebitamente gravato da un peso economico periodico nei confronti di un soggetto che, per libera scelta successiva alla cessazione del rapporto coniugale, decida di intraprendere una nuova vita affettiva (ancorché di fatto, ed eventualmente coronata dalla nascita di figli), con ciò definitivamente sciogliendo ogni legame con la pregressa vita matrimoniale; per tali ragioni, il diritto all’assegno divorzile, lungi dal porsi in “quiescenza” sino alla interruzione della convivenza more uxorio , si estingue definitivamente, anche nella superiore ipotesi, non potendo il coniuge obbligato rimanere soggetto alle vicende ed agli eventi – fisiologici e patologici – inerenti il nuovo rapporto di fatto da parte dell’altro coniuge.

Una diversa linea di pensiero

Con la ordinanza in commento, viceversa, emerge una diversa linea di pensiero dei Giudici di legittimità che, nell’investire le Sezioni Unite della soluzione della questione, hanno individuato taluni punti critici che probabilmente, nel precedente orientamento, sono stati posti in secondo piano. Si domanda la S.C., in primo luogo, se sia corretto, da parte dell’interprete (nella specie, il giudice chiamato a decidere), ed in mancanza di una espressa disposizione normativa, applicare analogicamente alla ipotesi della famiglia di fatto dell’ex coniuge beneficiario dell’assegno divorzile, la medesima ratio sottesa all’art. 5, comma X, legge n. 898/1970, che determina un effetto estintivo immediato ed automatico del relativo diritto per il passaggio a nuove nozze del percipiente, tenuto conto anche della necessità di indagine in ordine alla effettiva stabilità e durevolezza del rapporto di fatto, al fine di poterla giuridicamente qualificare come “more uxorio”.

Il dubbio di correttezza

Il dubbio di correttezza dell’automatismo applicativo sinora seguito, e rilevato dalla Corte nella ordinanza in parola, peraltro, acquista ancora più vigore a seguito della nuova interpretazione, fornita dalle SS.UU. con la sentenza n. 18287/2018, della natura composita dell’assegno divorzile il quale, emancipandosi da una prospettiva diretta a valorizzarne la natura assistenziale, segnata dalla necessità per il beneficiario di mantenere il pregresso tenore di vita matrimoniale, rimane finalizzato a riconoscere in favore dell’ex coniuge “debole”, un livello reddituale adeguato al contributo fornito nella formazione del patrimonio ​familiare e personale dell’altro coniuge. In altri termini, precisa la Corte, “dopo una vita matrimoniale che si è protratta per un apprezzabile arco temporale, l’ex coniuge economicamente più debole, che abbia contribuito al tenore di vita della famiglia con personali sacrifici anche rispetto alle proprie aspettative professionali e abbia in tal modo concorso occupandosi dei figli e della casa pure all’affermazione lavorativo-professionale dell’altro coniuge, acquista il diritto all’assegno divorzile”.

Quando c’è una stabile convivenza con un terzo

Da ciò, afferma la S.C., non può legittimamente discendere l’automatica esclusione dell’assegno là dove il beneficiario abbia instaurato una stabile convivenza di fatto con un terzo, atteso che, nella ipotesi inversa, si vanificherebbe proprio il criterio “compensativo” (ossia il proprio sacrificio personale e professionale in favore del benessere familiare) riferito alla pregressa condizione coniugale che in qualche modo abbia favorito, nel corso del matrimonio, la realizzazione economica dell’altro.

In considerazione pure il tenore di vita

Diversamente, per ciò che attiene al coniuge separato e al suo diritto al mantenimento, nel cui ambito si tiene ancora conto, quale parametro di attribuzione dell’assegno, del pregresso tenore di vita goduto in costanza di rapporto coniugale, “la formazione di un nuovo aggregato familiare di fatto segna una rottura tra il preesistente tenore e modello di vita – propri della pregressa fase di convivenza matrimoniale e alla cui conservazione concorre l’assegno di mantenimento – ed il nuovo assetto e su questa premessa determina il venir meno, in via definitiva, del diritto alla contribuzione periodica” (Cass. Civ., n. 32871/2018).

Quando è necessario l’intervento delle Sezioni Unite

Sulla scorta di tali riflessioni, dunque, a parere della S.C., “ nella diversità degli interessi in rilievo, la questione della distinta sorte da riservarsi all’assegno divorzile nella instaurazione di una stabile convivenza di fatto del beneficiario, resta aperta”.

Il fine delle Sezioni Unite

Pertanto, ritiene la Corte necessario un intervento delle Sezioni Unite finalizzato a stabilire “se, instaurata la convivenza di fatto, definita all’esito di un accertamento pieno su stabilità e durata della nuova formazione sociale, il diritto dell’ex coniuge, sperequato nella posizione economica, all’assegno divorzile si estingua comunque per un meccanismo ispirato ad automatismo, nella parte in cui pretende di vagliare le finalità proprie dell’assegno, o se siano invece praticabili altre scelte interpretative che, guidate dalla obiettiva valorizzazione del contributo dato dall’avente diritto al patrimonio della famiglia e dell’altro coniuge, sostengano dell’assegno divorzile, negli effetti compensativi suoi propri, la perdurante affermazione, anche, se del caso, per una modulazione da individuarsi, nel diverso contesto sociale di riferimento.”

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