Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

La scommessa dell’economia Keynesiana

Stimolare la domanda è l’unico modo per fare crescere l’economia e aumentare gli scambi.

di Redazione

La Grande Recessione, nome della crisi iniziata nel 2006 negli Stati Uniti e poi estesa a tutto il mondo, è stata la più grave crisi economica dell’epoca moderna dopo quella del 1929. Oltre alla gravità, una cosa che accomuna i due eventi è il modo in cui i Paesi hanno provato ad uscirne fuori, con meccanismi di aumento della spesa pubblica. In questo modo però cresce anche il debito pubblico dello Stato, fatto molto gravoso per ogni Paese. Si tratta di una scommessa rischiosa, come quelle che si fanno al casinò online su leovegas, o è anche una politica efficace?

Il precursore di questo tipo di politica economica è John Maynard Keynes. Egli è stato uno dei più innovativi economisti del ‘900. Infatti, dopo la crisi del ‘29, criticò le politiche di austerità messe in atto da molti Paesi, il cui pensiero era che lo Stato funzionasse come una famiglia e che quindi in periodi di crisi bisognasse limitare le spese, tagliando dove possibile. Questo atteggiamento, tuttavia, non sembrava risolvere i due problemi fondamentali: la disoccupazione e la bassa produttività. 

Per Keynes il problema, invece, era la bassa domanda aggregata, ovvero i bassi consumi e investimenti che in momenti di crisi non si alzano perché mancano i soldi, sia alle persone che agli imprenditori. Stimolare la domanda è l’unico modo per fare crescere l’economia e aumentare gli scambi. Gli economisti dell’epoca si opponevano a questo atteggiamento pensando che nel lungo periodo le cose si sarebbero sistemate da sole, ma Keynes rispose a tutti loro con l’iconica frase: “nel lungo periodo siamo tutti morti”. Come fare quindi per stimolare la domanda?

John Keynes riteneva che lo Stato dovesse intervenire aumentando la spesa pubblica: questo si può fare o aumentando i prestiti o creando occupazione. Alla base di tutto c’è la necessità di creare fiducia nelle persone: aumentando i prestiti crescono anche gli investimenti e con l’aumento del lavoro la gente consuma di più. La politica economica americana dopo il 1929, promuovendo la costruzione di dighe e altre immense opere pubbliche ha seguito questo corso. 

Tuttavia, più lo Stato spende più cresce il suo debito pubblico, problema grave se questo viene accumulato negli anni. Ma Keynes ha la soluzione anche per questo: infatti, più aumentano i consumi più l’economia si arricchisce e aumentano le entrate dello Stato grazie alle tasse sui prodotti. D’altra parte, aumentando gli investimenti, si creano nuove attività che pagano anche loro tasse allo Stato. Questo circolo vizioso viene chiamato effetto moltiplicatore e spiega come un Paese riesca a riprendersi dalle grandi spese pubbliche in relativamente poco tempo. 

Come già detto, questo tipo di intervento è stato praticato in molte occasioni, sia nella crisi del ‘29 sia in maniera leggermente diversa nella crisi del 2007. In entrambi i casi c’è stato un aumento della spesa da parte del governo. Il quantitative easing, promosso prima negli USA e poi nel 2015 in Europa da Mario Draghi riflette le concezioni keynesiane: infatti, l’aumento della moneta in circolazione e l’acquisto di titoli ha proprio l’obiettivo di stimolare consumi ed investimenti. 

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