Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – Testata di approfondimento fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalist* indipendenti

“La sfida del Gender tra opportunità e rischi” di Giuseppe Savagnone

La comunità gender ha subito nei secoli ogni sorta di soppruso. Ne parliamo con Giuseppe Savagnone, autore del libro "La sfida del Gender tra opportunità e rischi"

di Adelaide J. Pellitteri

Giuseppe Savagnone. Palermo, città inclusiva per eccellenza, è forse la più attiva e partecipe d’Italia nel sostenere la comunità LGBTIQ+. Il 22 giugno 2024, nonostante la riluttanza della classe politica, è stata teatro della grande parata Pride.
La cittadinanza ha accolto e sostenuto, con la sua vivace presenza, coloro che vogliono far valere i propri diritti.
Giusto dire che, per quanto possa sembrare eccessivo “l’esibizionismo” dei partecipanti, pronti a difendere le proprie ragioni, una festa per definirsi tale ha bisogno di esternare al massimo le caratteristiche del festeggiato.

Nell’esagerazione l’accoglienza

Perdonateci il confronto, che potrà apparire fuori luogo, ma anche per il figliol prodigo, al fratello lavoratore e rispettoso del padre sembrò eccessiva e fuori luogo la festa organizzata dal genitore. Non capiva, il fratello, che in quella “esagerazione” c’era l’accoglienza e il sacrosanto riconoscimento di un figlio che, pur diverso dall’altro, restava figlio con tutti i suoi diritti. Nulla è più importante di questo per ogni essere umano: essere riconosciuto e accettato per ciò che è.
La comunità, inutile ribadirlo, ha sofferto secoli di discriminazione, odi incontrollati, detenzioni, condanne fino alla morte: sofferenze inenarrabili, e ancora oggi non tutto è risolto.

Un approfondimento con Giuseppe Savagnone

Detto questo, sentiamo il bisogno di approfondire l’argomento Gender, perché, purtroppo, non tutto è semplice nella richiesta di questi diritti. Lo facciamo intervistando il Professore Giuseppe Savagnone (ex docente di filosofia, editorialista di diverse testate giornalistiche, responsabile del sito www. tuttavia.eu e che è stato anche membro del Comitato Nazionale di Bioetica) che recentemente ha pubblicato il libro La sfida del Gender tra opportunità e rischi (Cittadella Editrice, Assisi 2024).

La quarta di copertina

Nella quarta di copertina del libro di Giuseppe Savagnone si legge: Questo libro nasce dall’esigenza di riflettere senza pregiudizi su un tema oggi estremamente controverso. Gli studi sul gender hanno consentito una più obiettiva valutazione della condizione di omosessuali e transgender e hanno condotto a un sempre più ampio riconoscimento dei loro diritti. Al tempo stesso, però, c’è oggi una diffusa tendenza a trasformare i dati scientifici in conclusioni filosofiche mascherate. Il libro si propone di mettere in luce i problemi teorici di queste concezioni e di evidenziarne i rischi pratici sul piano antropologico, etico e pedagogico.

Dietro il processo evolutivo

Professore Savagnone, quali sono, in concreto, le opportunità e quali le insidie di questo processo evolutivo di cui parla nel suo libro?
La grande opportunità è una più approfondita e articolata conoscenza, fondamentale per ogni persona e le sue relazioni sociali, della nostra identità sessuale. Gli studi sul gender hanno permesso di comprenderne meglio la struttura e hanno evidenziato, in essa, una variegata gamma di sfumature, consentendoci di capire meglio e rispettare – finalmente! – le diversità in noi stessi e negli altri.

Le insidie

Le insidie derivano dal fatto che su questa base oggettiva si sono costruite delle interpretazioni ideologiche non solo della stessa sessualità, ma anche della persona umana, che misconoscono il valore della corporeità e riducono il soggetto alle sue percezioni soggettive, peraltro spesso mutevoli. E queste interpretazioni purtroppo vengono veicolate, nella cultura diffusa e soprattutto a livello educativo, come verità indiscutibili, influendo pesantemente sul costume e sulla formazione dei più giovani.

La conoscenza dell’identità sessuale nel libro di Giuseppe Savagnone

 Può dirci quali sono le acquisizioni che hanno contribuito ad accrescere la nostra conoscenza dell’identità sessuale e ad avere maggiore rispetto delle sue diverse manifestazioni?
La prima, fondamentale, è che questa identità non si può identificare con il sesso biologico. Non si nasce donne, ma femmine: donne si diventa quando, a partire dalla struttura fisica, si costruisce una coscienza di sé che rende donne.  Lo stesso vale per l’uomo, che diventa tale a partire dal suo iniziale nascere maschio.

Inter-azione

Questa coscienza di sé come donne o come uomini è il genere (in inglese gender). Esso, a differenza del sesso, non è un dato biologico, ma il frutto di una inter-azione con la società, la quale assegna alla costituzione biologica del sesso certe caratteristiche, che la grande maggioranza degli individui accetta senza problemi come “naturali”, mentre invece si tratta di una costruzione sociale

Le conseguenze di una scoperta secondo Giuseppe Savagnone

Ma quali sono le conseguenze di questa scoperta?
La prima è la relatività dei ruoli di genere che la società fa corrispondere al sesso femminile e a quello maschile.  A lungo si è pensato che, per la loro “natura”, le donne non potessero giocare a calcio, non potessero svolgere le professioni degli uomini, non potessero votare.  
Gli studi sul gender hanno immensamente favorito soprattutto l’emancipazione femminile, dimostrando che essere sessualmente femmine non significava, a livello di genere, essere solo votate a fare le mogli e le madri.  Non le sembra una conquista importantissima? Come lo è aver capito che anche un uomo può essere debole, piangere, fare il ballerino.

Cosa c’entra l’omosessualità

Che c’entra con questo l’omosessualità?
In questa relativizzazione dei ruoli di genere attribuiti dalla società, si è messo anche in dubbio il fatto che necessariamente un soggetto di sesso maschile o femminile debba sentirsi attratto sessualmente da individui dello stesso sesso.  Se il genere e le sue caratteristiche sono in buona parte una costruzione sociale, così come essi sono relativi a livello di ruoli sociali lo possono essere anche per quanto riguarda le propensioni sessuali. Sta di fatto che ad alcune donne capita di innamorarsi di donne e ad alcuni uomini di innamorarsi di uomini. 
Anche se resta una notevole differenza tra i ruoli sociali, che veramente non si fondano sulla corporeità, e gli orientamenti sessuali, radicati nella struttura fisica di uomini e donne e in una dinamica che ha come suo esito la generazione di altri esseri umani.

Depravazione?

Ma quella dell’omosessualità non è una scelta che da sempre viene considerata una forma di depravazione sessuale?
Gli studi sul gender ci hanno aiutato a capire che in molti casi non si tratta di una scelta, ma di una tendenza strutturale, presente in una minoranza di soggetti, che sono “fatti così”.  Questo non significa, come pretendono alcuni autori, che la regola dell’eterosessualità non esista, ma che ogni regola ha le sue eccezioni (che la confermano, anche se non vanno demonizzate). Anche se il termine “omosessualità” è impreciso, perché non si tratta solo di sesso, ma di innamoramento, e si dovrebbe perciò parlare di omoaffettività.
Per secoli gay e lesbiche sono stati derisi, emarginati, perseguitati, costretti a nascondersi a se stessi prima che agli altri. Oggi ci rendiamo conto che questa è stata una terribile ingiustizia e possiamo riconoscere a queste persone i loro diritti.

I transgender

E i transgender?
In questo caso il problema che nasce dalla scoperta che il sesso non si identifica col genere è più radicale che nel caso dell’omosessualità. Non siamo, infatti, davanti a una più ampia interpretazione di quella coscienza di sé che è il genere, per cui essa si apre a ruoli e comportamenti prima mai immaginati, perché non previsti in passato (anzi demonizzati) dalla società. Nel caso del transgender c’è una discrasia (in termini medici: “disforia”) tra il genere, la coscienza di sé, della persona, e la sua realtà biologica.  Si è femmine, ma ci si sente uomini.  Si è maschi, ma ci si sente donne.

Il proprio corpo come estraneo

Qui il conflitto che si apre non è solo tra il genere e le modalità in cui la società si immaginava dovesse esprimersi, ma anche con se stessi. È la situazione tutt’altro che facile del transgender. Un uomo omosessuale si sente in armonia col proprio sesso biologico, anche se lo vive in modi non conformi alle aspettative sociali. Un transgender sente il suo corpo come estraneo.  
A questo può reagire cercando di modificare il suo corpo con famaci o interventi chirurgici (si parla allora di “transessuale”), oppure accettando la discrepanza e chiedendo alla società di non tenere conto della sua corporeità.

Fattore propaganda

Non vorremmo che il fattore “propaganda” andasse a discapito di chi realmente fa fatica a far riconoscere e accettare la propria natura. Oggi la cinematografia, a fin di bene, si spende con la divulgazione sempre più insistente di immagini e storie a tema: tutto questo può incidere sulla maturazione degli adolescenti?

Nel mio libro, dopo avere ampiamente illustrato il nuovo panorama che si è aperto con gli studi sul gender, faccio però notare che su questa base scientifica sono state costruite delle filosofie che, travestite da scienza, stanno trasformando il giusto riconoscimento della identità e dei diritti di una minoranza (le “eccezioni” alla regola) in una visione della persona che svaluta la sua corporeità, nega la sua unità interiore, e la dissolve nella varietà mutevole delle sue  percezioni di sé (negazione dell’esistenza stessa della regola).

Una cultura sempre più diffusa nel libro di Giuseppe Savagnone

E questa ideologia (che nulla ha a che fare con la legittima considerazione dei diritti degli omosessuali e dei tansgender) si sta sempre più imponendo nella mentalità diffusa, entra come criterio educativo nelle scuole, ispira addirittura le leggi degli Stati.
Col rischio che soprattutto i più giovani, in un’età in cui si fatica a trovare la propria identità – sia sessuale che più complessivamente umana – si trovino privi del punto di riferimento della loro identità fisica, che non è un optional, ma elemento costitutivo della persona. È davvero liberante, come si sostiene, chiedere a un bambino di non tenere conto della sua conformazione fisica e decidere se “si sente” uomo o donna?

La tipologia di richieste

Quali sono le richieste più giuste e quelle più problematiche?
Un esempio delle prime – sancito ormai nella legislazione italiana – può essere il riconoscimento alle coppie omo dei diritti spettanti a quelle sposate, con la sola eccezione del diritto di adottare figli.
Un esempio delle seconde – ormai accolto e tradotto in legge in Spagna – è di considerare a tutti gli effetti donna un transgender che si senta tale, pur avendo un corpo femminile e viceversa, sulla base di una sua semplice dichiarazione all’anagrafe. Col rischio, denunziato dalle femministe, che tutti gli spazi riservati alle donne – dai bagni, alle gare sportive, alle quote rosa – siano occupati da maschi che dicono di sentirsi donne.

L’Italia e il resto d’Europa

Attualmente, rispetto al resto d’Europa, in Italia il riconoscimento dei diritti delle comunità LGBTIQ+ a quale livello si trova, più avanti o più indietro?
Secondo il punto di vista dell’ideologia di cui parlavo, la nostra legislazione è molto arretrata, perché ancora prende atto che l’uguale dignità di uomini e donne non esclude la loro diversità e che la loro differente configurazione psico-fisica ha una certa importanza nel definire l’identità paterna e materna. Perciò, a differenza che in molti altri paesi, la nostra legislazione esclude per due uomini o due donne la possibilità di adottare bambini o di farli nascere con la maternità surrogata (restando di fatto però ampiamente scavalcata dal riconoscimento di adozioni fatte all’estero).

L’arretratezza del nostro ordinamento giuridico

Ma se, come io penso, questa ideologia non rispetta la realtà della persona, l’“arretratezza” del nostro ordinamento giuridico rispetto a tanti altri è in effetti una coraggiosa resistenza a una logica che tende a cancellare tutte le differenze, confondendo l’uguaglianza (che è fondamentale) con una totale omologazione.
Per non parlare della riduzione della donna, nella maternità surrogata, a una incubatrice al servizio di chi ha i soldi per farsi “fare” un figlio.

Per saperne di più sull’argomento, leggiamo l’ultimo lavoro di Giuseppe Savagnone

C’è una domanda che non le abbiamo fatto?
Parecchie, come è naturale che sia in una breve intervista. Per trovarle, con i relativi tentativi di risposta, rimando al libro, che presenta una rassegna sia dei problemi teorici che delle conseguenze pratiche, a livello mondiale, della rivoluzione sessuale del gender.

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