Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

La vera storia del conflitto tra politica e magistratura

Quel che la Meloni vorrebbe, ma che non può chiedere apertamente

di Victor Matteucci

Nell’attuale fase di propaganda, è in atto un tentativo di spezzare la memoria e di riscrivere la storia politica. Secondo questi revisionisti, il conflitto Israeliano – Palestinese avrebbe avuto inizio il 7 ottobre 2023, a causa di un gruppo terroristico che, di punto in bianco, senza motivo, avrebbe fatto irruzione in Israele catturando ed uccidendo un certo numero di israeliani. Allo stesso modo, la storia della guerra tra Russia e Ucraina avrebbe avuto inizio con l’invasione dei russi il 24 febbraio 2022, anche in questo caso, di punto in bianco, per pura smania espansionistica.

Chi non è d’accordo, o è filorusso o è antisemita (non antisionista, in un’altra operazione di mistificazione culturale)

Sempre secondo questa lettura della storia spezzata, la querelle tra politica e magistratura, in Italia, avrebbe avuto inizio a metà degli anni ’90 con l’inchiesta “Mani pulite” nella nota vicenda denominata Tangentopoli.

Tralasciamo le questioni internazionali. Riguardo al conflitto tutto italiano tra politica e magistratura. alcune cose vanno dette.

Innanzitutto, va detto che, durante la prima Repubblica, dal secondo dopoguerra e fino agli anni ‘90, questo conflitto non c’era affatto. E non c’era alcun conflitto, tanto che la magistratura ha realizzato, in Italia, atti incostituzionali di una gravità inaudita degni di un regime, cancellando ogni forma di diritto, tollerando e autorizzando la tortura fisica e psicologica (Cesare di Lenardo, per fare un nome), la carcerazione preventiva sulla base di semplici indizi e illimitata per anni, la carcerazione dura (la via dei camosci), i teoremi giudiziari privi di ogni fondamento (per esempio il teorema Calogero del 7 aprile).

In quel contesto di guerra fredda ed emergenziale, i giudici erano perfettamente allineati con la politica e con i governi dell’epoca. Basti pensare a tutte le stragi per decenni senza colpevoli, all’assoluzione costante di politici e imprenditori grazie ai cavilli e ai vizi formali ricercati con cura da giudici come Carnevale o a deliberate prescrizione dei termini.

Questa relazione di amorosi sensi è finita quando è finita la guerra fredda ed è caduto il muro di Berlino, quando cioè il ruolo strategico dell’Italia è venuto meno e la democrazia bloccata non aveva più ragione di esistere, almeno nelle forme suddette.

Tutto ciò, nonostante che in Italia la corruzione fosse endemica e non individuale, tanto che i sistemi clientelari erano strutturati in nodo industriale, e la mafia, che era utile (vedi la rivolta di Reggio Calabria), poteva sviluppare i suoi profitti con il traffico internazionale, usando addirittura a piacimento l’aeroporto di Palermo. Nonostate tutto questo, in quei decenni, come si ricorderà, mai c’era stato un conflitto, benché minimo, tra politica e magistratura.

Con la seconda Repubblica viene bloccato il tentativo di una prospettiva politica riformista

Questo blocco avviene con ogni mezzo (non ultimo il solito ricorso alla mafia), ma non si poté impedire l’autonomia della magistratura per tornare come era stato ai vecchi tempi. La idiosincrasia tra politica e magistratura nasce in questo contesto, con un ceto politico che si ostinava, nonostante i cambiamenti storici internazionali, a pretendere l’immunità di sempre. Così, in cambio di finanziamenti privati era disponibile a favorire le imprese (al nord) e in cambio di consenso era disposto a elargire finanziamenti pubblici (al sud). Ma la magistratura che, invece, riteneva di essere ormai liberata, non tutta naturalmente ma parte di essa, da vincoli di natura politica, cominciò a fare il suo lavoro anche in direzione dei colletti bianchi, tanto da perseguire, corruzione, lotta alla mafia e ad avviare una qualche difesa dei diritti in modo più dignitoso che in passato.

Che negli anni ‘80 le cose stessero cambiando lo dimostra il caso Dalla Chiesa che era stato un amico osannato della prima Repubblica quando difendeva lo Stato dai movimenti eversivi, e un nemico osteggiato (tanto da essere abbandonato e privato dei poteri) quando si apprestava a combattere la mafia.

Archivio Arcidiocesi di Palermo

Per di più, nel frattempo, gli Stati nazionali avevano perso la loro autonomia con la nascita dell’Unione Europea, l’accordo monetario di Maastricht e con il trasferimento delle funzioni di Banca Centrale alla BCE, tanto che le politiche degli Stati si sarebbero gradualmente dovute adeguare alle regole europee che diventavano preminenti.

Cosa vorrebbe, dunque, oggi, Meloni? Un ritorno ai bei tempi felici: Stati autonomi e indipendenti, una condizione di regime, in cui i poteri dello Stato, pur nella loro specifica autonomia, convergessero in una medesima visione politica stabilita dal Governo, in cui i nemici tornassero ad essere i comunisti e, in cui, la tutela del potere fosse garantita con un doppio livello di interpretazione. Una, assolutoria e permissiva per i ricchi e i potenti, l’altra, repressiva e autoritaria per i poveri, gli immigrati e i nemici politici.

La Presidente del Consiglio era stata chiara: “Il governo fa le leggi e la magistratura le deve solo attuare”.

Le leggi che da due anni sono state approvate vanno, infatti, proprio in questa direzione di un doppio standard. Ecco perché si va a Catania a dire che il prelievo fiscale è un pizzo di Stato, mentre a Roma si vota il ddl Sicurezza per impedire le manifestazioni e le proteste. Ecco perché si dichiara che la sentenza del tribunale di Roma contro il trasferimento dei migranti in Albania “è pregiudizievole” e si attacca la magistratura sul caso Toti, nonostante intercettazioni e prove, perché sarebbe un tentativo di influenzare le elezioni regionali.

Perché la magistratura non sta al suo posto. E qual è il posto della magistratura? Ma soprattutto qual è lo Stato che si immagina in cui il potere legislativo debba essere compiacente con il potere esecutivo se non uno Stato autoritario?

Ecco perché il presidente del Senato La Russa ha dichiarato che  “Se i confini tra politica e magistratura non sono chiari, vanno chiariti modificando la Costituzione”.

Più chiaro di così…

Condividi l'articolo:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.