Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

La vita dopo il linfoma

Le strategie terapeutiche attualmente disponibili per il trattamento del linfoma, permettono di ottenere risultati sempre migliori in termini di cura. 

di Clara Di Palermo

La vita “dopo il linfoma” comporta la prosecuzione di controlli medici periodici (follow-up) a lungo termine, per il rischio di insorgenza di complicanze tardive (Late Effects) legate alle pregresse terapie antitumorali (chemioterapia e radioterapia). Il monitoraggio dell’insorgenza dei Late Effects richiede la stretta collaborazione tra gli ematologi, che hanno seguito la cura del linfoma, e i medici di medicina generale, oltre a poter coinvolgere altri specialisti.

Le complicanze tardive

I Late Effects possono riguardare il sistema endocrino (Tiroide e metabolismo glicidico), l’apparato riproduttivo, l’apparato cardiovascolare, l’apparato respiratorio e la possibilità di insorgenza di seconde neoplasie (Leucemie acute, Mielodisplasie e Tumori solidi).
È molto importante che la persona guarita dal linfoma, sia informata dei rischi potenziali correlati alle terapie antitumorali, in modo da acquisire la necessaria consapevolezza e possa essere sensibilizzata a correggere tutti gli eventuali fattori di rischio modificabili, ed essere quindi protagonista attiva del miglioramento/mantenimento per proprio stato di salute.

Partendo dagli stili di vita, dopo il linfoma, valgono le raccomandazioni di base rivolte alla popolazione generale per mantenere un buon livello di salute: alimentazione bilanciata, controllo del peso e regolare attività fisica, stop fumo e controllo dello stress. Nello specifico è raccomandato svolgere almeno 30’ di attività fisica moderata-intensa, oltre alle abituali attività, in almeno 5 giorni della settimana e limitare il consumo di vino a non più di 1 bicchiere al giorno nella donna e 2 bicchieri al giorno nell’uomo.         

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Tiroide

Partendo dal sistema endocrino, nei “lymphoma survivors”, la tossicità tardiva a livello tiroideo si manifesta pressoché esclusivamente sotto forma di riduzione della sua attività (ipotiroidismo secondario) o insorgenza di un secondo tumore (carcinoma differenziato).
In entrambi i casi, il principale fattore di rischio è rappresentato dalla radioterapia, quando questa coinvolge la zona del collo in cui è presente la tiroide. Pertanto, i pazienti sottoposti a questo tipo di trattamento, devono effettuare un controllo periodico dei valori del TSH (ormone che influenza l’attività della tiroide) e l’ecografia tiroidea.

Fertilità

I trattamenti chemioterapici possono determinare delle tossicità tardive a livello del sistema riproduttivo, con potenziale riduzione della fertilità.
Nei soggetti di sesso maschile si consiglia un’analisi dello sperma (spermiogramma) a 6-12 mesi dal termine della chemioterapia fino a valutazione della ripresa dell’attività gonadica, mentre nei soggetti di sesso femminile si raccomandano regolari controlli ginecologici.

Diabete

Per quanto riguarda il diabete e le alterazioni del metabolismo degli zuccheri, l’incremento del rischio è relativamente modesto ed è secondario all’impiego terapeutico di cortisonici ad alte dosi e alla radioterapia addominale (utilizzata ormai assai di rado in questo contesto clinico). Si suggerisce comunque di effettuare una determinazione della glicemia a digiuno a cadenza variabile, per un periodo di tempo indefinito, indipendentemente dall’età.

Cuore

A livello dell’apparato cardiovascolare, le tossicità tardive osservate possono essere conseguenza di un ridotto apporto di ossigeno ai tessuti cardiaci legata allo sviluppo di placche aterosclerotiche (infarto cardiaco) o di un danno diretto al muscolo cardiaco, che di conseguenza non svolge correttamente il proprio lavoro (scompenso cardiaco). La radioterapia a livello della zona centrale del torace (mediastino) e la chemioterapia con alcuni tipi di farmaci (antracicline ed eventuale intensificazione con trapianto di cellule staminali) sono le cause principali di danno cardiaco diretto e i soggetti guariti dal linfoma si sottopongono periodicamente a visite cardiologiche con esami (elettrocardiogramma ed ecocardiogramma), con la raccomandazione di correggere gli stili di vita inadeguati  (fumo, dieta, sedentarietà), e tenere sotto controllo i fattori di rischio cardiovascolare modificabili(ipertensione arteriosa, obesità, diabete), valutando eventuali cardiopatie preesistenti. L’alterazione dei livelli di colesterolo e dei trigliceridi contribuisce ad aumentare il rischio di tossicità cardiovascolare, pertanto è raccomandato il monitoraggio di colesterolo totale + HDL e trigliceridi dopo il completamento delle terapie e con durata indefinita.

Il rischio di nuovi tumori

Per quanto riguarda il rischio di secondi tumori, possono insorgere altri tumori del sangue (Leucemie/Mielodisplasie), con un rischio che varia dallo 0.8% al 6.3% fino a 20 anni dopo la fine della terapia, con una mediana di comparsa a 3-5 anni e una riduzione del rischio dopo i primi 10 anni dal termine della terapia. Tale rischio è legato all’utilizzo di alcuni chemioterapici (agenti alchilanti, inibitori delle Topoisomerasi II) e alla radioterapia. Tale rischio si può monitorare facendo un semplice esame del sangue (emocromo con formula) a cadenza annuale o in caso di sintomi suggestivi. Il tumore della mammella può insorgere nei soggetti sottoposti a radioterapia che abbia coinvolto la regione mammaria in età <30 anni, è pertanto opportuno avviare un programma di screening che prevede la visita senologica, l’ecografia mammaria e la mammografia a cadenza annuale.
Sono da considerare a rischio di sviluppare tumori cutanei tutti i soggetti precedentemente sottoposti a radioterapia, relativamente alle sedi irradiate.        
Nella maggior parte dei casi i secondi tumori cutanei sono tumori poco aggressivi (basaliomi), tuttavia vi è un aumentato rischio di sviluppare altri tumori maligni potenzialmente più aggressivi (melanomi). Nei pazienti a rischio, il follow-up prevede l’ispezione della cute a cadenza annuale, iniziando 5 anni dopo il completamento della radioterapia e per un periodo di tempo indefinito. É descritto anche un aumentato rischio di tumori del tratto gastro-enterico (esofago, stomaco, pancreas, e colon-retto) nei soggetti curati per linfoma Hodgkin. Fattori associati a tale aumento di rischio, oltre alla radioterapia, sono rappresentati da alcuni chemioterapici (dacarbazina, derivati del platino). Per questo tipo di tumori non vi sono attualmente indicazioni circa l’attuazione di programmi di sorveglianza.  Per quel che riguarda il carcinoma del colon-retto, i Lymphoma survivors, che hanno ricevuto un trattamento radioterapico addominale (sempre meno utilizzata in questo contesto clinico) mostrano un rischio di sviluppo proporzionale alla dose erogata. Le linee guida disponibili suggeriscono l’esecuzione di colonscopia ogni 5 anni, iniziando 10 anni dopo il completamento della RT, ma non prima dell’età di 40 anni.

I controlli in una vita dopo il linfoma

In conclusione, dopo un trattamento per linfoma, il paziente deve effettuare delle visite di controllo periodiche, ma è sicuramente consigliato il reinserimento nel mondo lavorativo. Il rientro al lavoro dopo il cancro è un momento delicato, ma fondamentale nel percorso che il paziente compie verso la guarigione. Rientrare al lavoro significa riappropriarsi di un’identità e riportare un po’ di   normalità nella propria routine quotidiana.
É molto importante riprendere una vita normale e proprio recentemente alla Camera è stato approvato anche in Italia il diritto all’oblio oncologico, che garantisce la non discriminazione o qualsiasi forma di pregiudizio o disparità di trattamento per chi è guarito da patologia oncologica.
Dott.ssa Ombretta Annibali
Medico Ematologo presso il Policlinico Universitario Campus Bio-Medico, Roma
Comitato di Redazione FIL

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