Può il sale regalare sensazioni di stupore, brividi di meravigliosa incredulità? Sicuramente non lo si pensa associato alla creatività, con i suoi percorsi generatori di arte, perché è più facile che a provocare tali sensazioni sia la sapidità di una pietanza che, con quel pizzico q.b., ha a che vedere prima di tutto con la propria gola. Basta, però, con il cominciare a introdurre il concetto di “sottosale” per cominciare a entrare nel mood di questa storia.
Lo sbalordimento a cui ci riferiamo, però, attiene ad altri mondi, come quello dell’arte, nel caso della nostra storia, nel quale il sale la fa da padrona. Ed è proprio Sottosale è il luogo nel quale vi accompagnano oggi, l’unico museo di arte al mondo ospitato in una miniera di salgemma attiva.
Oltre 80 km di gallerie che compongono il sito estrattivo della miniera di Sale Italkali che sorge a Raffo, frazione di Petralia Sottana, uno dei comuni del Parco delle Madonie, vero e proprio gioiello di ospitalità sulle montagne di Palermo.
Entrare è come ritrovarsi dentro una bolla, un luogo nel quale il silenzio fa da padrona
Tranne in quelle occasioni in cui il museo viene aperto alle visite e a rimbombare sulle pareti sono inevitabilmente le esclamazioni di stupore accompagnate dagli sguardi come quelli che appartengono ai bambini che entrano per la prima volta in un luna-park o assaporano un golosissimo gelato al cioccolato.
Non è, infatti, facile il lavoro che devono compiere le guide, impegnate non solo a spiegare i processi creativi che hanno dato vita alle opere. Ma soprattutto a non far disperdere i visitatori che, appunto come bimbi, corrono da un punto all’altro del museo accompagnati da un continuo “oooohhhh!!” che non lascia spazio ad altre esclamazioni.
Inaugurato nel 2001, il “museo sottosale” ogni due anni organizza una Biennale
Gli artisti che partecipano provengono da ogni parte del mondo che non vedono l’ora di venire a scolpire opere assolutamente uniche. Per loro l’occasione di rapportarsi con un materiale unico che spesso li costringe a rivedere l’idea iniziale che hanno della loro opera una volta a contatto con un materiale differente da tutti gli altri.
Realizzate all’esterno della miniera con grossi blocchi provenienti dal sito estrattivo, al termine della Biennale vengono ricollocate all’interno; qui, dove un clima asciutto e privo di umidità le preserva, trasformandole in un percorso creativo che racconta un piccolo prezioso mondo.
E, mentre l’arte si anima, la produzione è attiva
«Una cosa importante da ricordare – spiega Giulia, una delle giovani guide dell’associazione “SottoSale” che gestisce il museo – è il concetto della natura che dà e della natura che riceve perché questa è una miniera per fortuna ancora attiva. Dico non a caso “per fortuna” perché, diversamente, non avremmo più sale non solo nel nostro specifico territorio. Mentre noi ammiriamo il frutto di tanta creatività, infatti, dobbiamo sapere che dall’altro lato, in uno dei piani lungo i quali si dirama la miniera, sono attivi tutti i processi di produzione, dall’estrazione alla raffinazione sino all’impacchettamento. Solo così il sale vede la luce per la prima volta direttamente sulle tavole dei consumatori».
Parole che volano alte mentre gli sguardi sono volti alle quaranta opere in questo momento esposte
«Come la suggestiva ragnatela di corda che campeggia in fondo a una delle gallerie. Lo scultore la realizzò non facendo i conti col fatto che tendeva ad afflosciarsi – racconta Giulia, chiedendo a tutti di seguirla e ascoltare silenziosamente -, invece il sale che era nell’aria si è pian piano andato a depositare sulla corda cristallizzandola e realizzando una scultura che è diventata altro rispetto all’idea iniziale. Era quello che vi dicevo all’inizio. Qui tutto si trasforma… sottosale».
Uno sguardo all’insieme e ci si rende conto che le opere in esposizione sono legate da temi comuni
«Gli artisti riprendono la tematica degli abissi, colpiti dal fatto che qui, 6 milioni di anni fa., era tutto mare, ma anche quella della fertilità. Una delle opere che amo particolarmente, anche perché credo che sia tra le più importanti, si chiama “Occhi” e l’ha scolpita Laura Panno direttamente nella parete della miniera. “Anima Salis”, invece, rappresenta il lavoro degli operai e di tutti colori i quali hanno avuto a che fare con il sale, compresi ovviamente gli artisti. Attraverso la punta di uno scalpello, lo scultore sfiora e va a toccare l’anima del sale rappresentata dal cristallo di sale, che noi comunemente chiamiamo “ occhio di sale”, rarissimo. Nei punti in cui ci anni fa avvenne un’esplosione durante l’estrazione, un movimento chimico del fuoco a contatto con il sale diede vita a questi cristalli trasparenti che sembrano vetro. Sono diventati una sorta di portafortuna, i diamanti della miniera».
L’anima del sale qui dentro è viva e lo si capisce con un semplice sguardo
Basta, poi, tirare un respiro e il sale invade i sensi, ma non come potrebbe far pensare in maniera invasiva il concetto del “sottosale”, come quando l’acqua del mare invade la nostra gola o quel q.b. non viene ben dosato. Il sale che riempie il piano che si percorre, le pareti e i tetti della galleria si impadronisce di noi, accendendo una particolare luce dentro la nostra anima.
Forse un’illusione o forse la suggestione che ci arriva da quell’occhio sulla parete che, in qualunque punto ci posizioniamo, ci osserva e ci dice che è il momento di fermarci e osservarci dentro?
Certamente tutto questo non si può raccontare, nessuno vive la stessa esperienza, anche se accanto a noi durante la stessa visita. Bisogna immergersi in questo magico luogo nel quale ci si sente vivi e capire quanto colore e sapore ha la propria vita. Da provare, vivere e assaporare momento dopo momento. Buona visita, quindi, in anticipo.
Una risposta
Grazie Gilda per la citazione!