La cassa gestione separata, istituita con la Legge n. 335/95 (nota come Legge Dini), è un fondo finanziato con i contributi obbligatori dei lavoratori autonomi al precipuo fine di assicurare la tutela previdenziale a categorie di lavoratori sino ad allora esclusi
Avv. Dario Coglitore
L’art. 2 comma 26 della menzionata legge stabilisce infatti che “…a decorrere dal 1 gennaio 1996 sono tenuti all’iscrizione presso una apposita Gestione separata, presso l’Inps, e finalizzata all’estensione dell’assicurazione generale obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia ed i superstiti, i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo, di cui al comma 1 dell’art. 49 del testo unico delle imposte sui redditi, approvato con decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986 n. 917 nonché i titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa …”.
Tuttavia, poiché all’indomani dell’emanazione della legge, molti ordini professionali dotati di un loro ente previdenziale, ancorché privato, avevano inteso contestare il rischio di interpretazione eccessivamente estensiva della norma e, dal momento che nel caso del professionista avvocato vi era altresì la contestazione circa la definizione di lavoratore “autonomo” generico, nel 2011, il Legislatore per porre fine, una volta per tutte, alla questione controversa, ha dettato una norma di interpretazione autentica.
L’art.18 della Legge n. 111/2011 comma 12 ha stabilito infatti che: “l’art. 2, co 26 della legge 8/8/1995 n.335, si interpreta nel senso che i soggetti che esercitano per professione abituale, ancorché non esclusiva, attività di lavoro autonomo tenuti alla iscrizione presso l’apposita gestione separata INPS sono esclusivamente i soggetti che svolgono attività il cui esercizio non sia subordinato alla iscrizione ad appositi albi professionali, ovvero attività non soggette al versamento contributivo agli enti di cui al comma 11, in base ai rispettivi statuti e ordinamenti…”.
E’ evidente quindi che la Gestione Separata nasce come forma previdenziale a carattere “residuale” che offre tutela soltanto in relazione allo svolgimento di attività prive di collegamento con un ente previdenziale di categoria.
In buona sostanza si può sostenere che l’obbligo di iscrizione alla Gestione Separata non sussiste per coloro i quali siano iscritti ad una Cassa Previdenza professionale autonoma e svolgono attività già soggette, pertanto, al versamento di contributi di qualsiasi natura.
Nonostante il chiaro dettato normativo ancora oggi numerosi professionisti si sono visti iscritti d’ufficio alla Cassa Gestione Separata ed hanno adito le sedi giudiziarie per l’affermazione della corretta interpretazione della menzionata normativa.
Con riguardo alla categoria degli avvocati, L’INPS, anche quest’anno, ignorando la legge ed in spregio al principio della illegittimità della doppia iscrizione previdenziale e imposizione prevista nel nostro ordinamento e confortato anche da un consolidato orientamento giurisprudenziale (v. Cass. S.U. n. 34240/2010), nello svolgimento della attività di accertamento dell’Istituto (cd. operazione Poseidone), ha iscritto d’ufficio numerosi dei suddetti professionisti, i quali com’è noto, sono dotati di una propria Cassa Previdenziale (Cassa Forense per l’appunto), chiedendo, al contempo il pagamento di esosi importi a titolo contributivo e sanzioni.
L’ente previdenziale sostiene (a torto) che gli avvocati iscritti all’Albo antecedentemente alla nuova Legge Professionale Forense (n. 247/2012), assoggettati, in base al vecchio ordinamento al solo c.d. contributo integrativo, avrebbero dovuto iscriversi alla Cassa Gestione Separata e versare i relativi contributi. Ciò in quanto la sola contribuzione soggettiva esonererebbe dalla iscrizione presso la Gestione Separata.
Ebbene, gli accertamenti compiuti dall’ente previdenziale e le relative richieste di pagamento, pervenute a migliaia di avvocati, sono del tutto prive di sostegno normativo e vanno certamente contestate innanzi ai Tribunali competenti i quali già in precedenza si sono quasi tutti espressi in senso sfavorevole all’ente previdenziale (Cfr. Corte d’Appello di Genova, Sez. Lavoro, sent. n. 322 del 28.12.2015; Tribunale di Roma, Sezione Lavoro, sentenza n. 5022 dell’11.05.2017; Tribunale di Bari, Sez. Lavoro, sentenza n. 838 del 14.02.2017;Trib. Catanzaro, sent. n. 110 del 22.11.2016.)
La legge di interpretazione autentica, facendo riferimento ad attività non soggetta a versamento contributivo, non ha posto alcuna distinzione circa la natura e la tipologia della contribuzione cui è assoggettato il reddito frutto di attività libero professionale.
La stessa giurisprudenza di merito assolutamente maggioritaria è del parere che la diversa natura soggettiva e/o integrativa dei contributi applicati dai diversi enti previdenziali non legittima un recupero in via aggiuntiva ed extra di contributi (soggettivi) da parte dell’Ente di Gestione Separata (Cfr. Corte di Appello di Torino Sez. Lavoro, sentenza n. 100 del 22.03.2017, Corte di Appello di Salerno, Sez. Lavoro, sentenza n. 255 del 21.03.2016).
E’ sempre e soltanto la legge a dover prevedere l’obbligo di una unica iscrizione senza distinguere tra categorie di contributi.
Per completezza, si evidenzia che il Ministero delle Finanze con risoluzione n. 109 dell’11/7/96 (ancora vigente) ha stabilito che il contributo integrativo è un contributo previdenziale a tutti gli effetti.
Inoltre, l’Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 69 del 18/05/2009, riconosce la natura previdenziale del contributo integrativo minimo il quale, attesa la sua obbligatorietà, sarà deducibile dal reddito complessivo ai sensi dell’articolo 10, comma 1, lettera e) del Tuir nell’ipotesi in cui il contributo rimanga effettivamente a carico del contribuente…”
Dunque, l’assoggettamento comunque a contribuzione integrativa del reddito percepito dall’avvocato esclude l’iscrizione alla gestione separata.
Non resta, dunque, che opporsi alle illegittime richieste dell’INPS proponendo prima, a pena di improcedibilità della domanda giudiziaria, ricorso in sede amministrativa e poi l’azione giudiziaria ex art.442 c.p.c. dinanzi al Giudice Unico del Tribunale in funzione di Giudice dei Lavoro.