Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Le conseguenze della fuga

di Massimo Arciresi

Un togolese scappato su uno sciagurato barcone dalla Libia in guerra, un undicenne da poco orfano di padre. Si incontrano nella suggestiva Valle dei Mòcheni, in Trentino, dove vive il secondo. Presso il nonno di questi (che è un falegname) l’immigrato – una neonata alla quale non riesce ad affezionarsi al seguito e il desiderio di proseguire la propria fuga in Francia – comincia a lavorare, anche perché con il legno ha grande dimestichezza. Due esistenze provate che, forse, in modo inconsapevole possono darsi man forte. È un riassunto de La prima neve, sapido esempio di cinema italiano che, con mezzi semplici, sa guardare all’attualità senza rinunciare a raccontare garbatamente le tribolazioni dei singoli individui. Ne abbiamo parlato con il regista Andrea Segre – distintosi negli anni in ambito documentaristico – e con il suo co-sceneggiatore Marco Pettenello.

 

di Massimo Arciresi

 

Andrea, dopo il tuo primo lungometraggio di finzione, Io sono Li (protagonista una donna cinese), un altro film che parla di immigrazione: tema simile, ma in realtà si tratta di due storie molto diverse.

AS: «Sì, perché in Io sono Li il tema centrale era il rapporto con lo straniero, l’accoglienza o la diffidenza, la scoperta dell’altro da cui deriva la conoscenza di se stessi. Ne La prima neve l’incontro con lo straniero c’è, però si parla di più del rapporto padre-figlio, un rapporto tra due famiglie difficili, interrotte.»

Marco, hai sceneggiato diversi film oltre a quelli di Andrea. Anche in Missione di pace, ne La giusta distanza e perfino ne La passione si illustra un incontro-scontro tra culture, in fondo.

MP: «Quando si va in cerca di una storia fa comodo usare dei personaggi che abbiano delle grandi differenze tra loro. In questi anni in Italia arriva gente da tanti posti, e questo fa sì che i ruoli che scriviamo abbiano dei punti di vista molto diversi. Aiuta in senso drammaturgico, ed è interessante per “leggere” il Paese.»

A proposito, da cosa partite quando concepite un soggetto? È il luogo a ispirarvi (il film precedente si svolgeva a Chioggia, questo in una valle trentina) o nasce prima la trama?

AS: «Nel caso di Io sono Li probabilmente nasce prima il luogo, perché la vecchia osteria dove abbiamo girato è quella in cui ho incontrato la “vera” Shun Li. Per La prima neve, invece, nasce prima la storia, la voglia di affrontare quel tema. Sebbene anche qui ci sia un incontro reale con i profughi africani giunti dalla Libia e ospitati in queste piccole valli trentine. Persone che arrivano magari da grandi città dell’Africa e si ritrovano in paesini sperduti dove la loro vita, essenzialmente, resta in sospeso.»

Purtroppo nei giorni in cui circola il vostro film avvengono in Sicilia delle tragedie che riguardano l’immigrazione. Pensate che il vostro lavoro possa essere una testimonianza importante, seppur casuale, di questi fatti?

MP: «Andrea si è occupato parecchio dell’argomento con i documentari. Per quel che mi riguarda, gli avvenimenti di questi giorni sono i risvolti più gravi di un processo in atto da anni. E poi c’entrano relativamente con il film. A me piace l’idea di parlare di un Paese accogliente e di dare, forse, un piccolo contributo per fare in modo che i miei concittadini accettino serenamente una convivenza multietnica, e che questa è una cosa bella!»

Per chiudere, si può dire a cosa pensate adesso?

AS: «Siamo in fase di ricerca, non abbiamo ancora una produzione avviata. Con Marco vorrei provare a comprendere come viene vissuto il fenomeno dell’immigrazione dal punto di vista di chi ha ufficialmente il compito di controllarla. Capire cos’è questo controllo sul piano lavorativo.»

Condividi l'articolo:

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.