Politica della rappresentanza e politica della partecipazione. Qual è il sottile confine tra le une e le altre? E quale ruolo svolgerebbero in questo contesto le consulte civiche e chi sono queste sconosciute
di Mario Guglielmino*
La proposta che sta dietro la sbrigativa definizione di populismo, oggi così in voga e abusata , è, in ultima analisi, quella di restituire parte del potere ai cittadini. Questi devono recuperare e rafforzare un ruolo da molto tempo perso e inaridito, di influenza e attiva collaborazione con le istituzioni politiche e amministrative che si occupano dell’uso e destinazione delle risorse, dell’individuazione delle priorità e di stabilire quanto sia davvero necessario al bene comune e della società.
La decisione sulla destinazione delle risorse è di vitale importanza, in tempi contrassegnati da crisi e notevole ristrettezza economica. E i cittadini rimangono spesso soffocati e inermi di fronte ad apparati decisionali e interessi forti, che non consentono alcuna mediazione né attenzione al di fuori di ciò che è utile alla propria autoconservazione. La democrazia della rappresentanza si è, purtroppo, avviluppata su sé stessa, producendo nei fatti un’infinita delega in bianco e rinforzando l’autoreferenzialità dei sistemi. Il sistema politico in primis, quindi il sistema amministrativo-burocratico, il sistema economico e persino il sistema giuridico e giudiziario. Un buon antidoto contro questa disumanizzazione globalizzata dei rapporti tra uomini e istituzioni è la partecipazione. Il cittadino deve nuovamente entrare come parte attiva in questi sistemi per riattivare le connessioni e le azioni esterne, volte alla collettività, per cui queste istituzioni sono state in effetti create, per farle ritornare al loro compito originario di servizio.
Democrazia della rappresentanza e populismo non sono antitetici. In realtà, possono ben coesistere, e anzi costituire vero motore per il buon funzionamento della macchina statale e istituzionale, sia a livello locale che nazionale e mondiale.
A livello locale e comunale, uno strumento altrove ben conosciuto, ma in Sicilia poco praticato, è quello delle Consulte civiche. A dispetto del nome, le Consulte civiche non sono affatto soltanto organi consultivi. Rendono pareri obbligatori e, tranne in rari casi , non vincolanti da richiedere sempre nel caso di provvedimenti che il Consiglio comunale intenda deliberare sulla tematica di cui la Consulta si occupa, costituendo così un importante passaggio sistematico per tenere viva la dialettica tra cittadino e istituzione, senza relegarla ad estemporanee e spesso inutili e velleitarie assemblee sfogatoio o incontri clientelari.
In tante esperienze è poi riconosciuta espressamente dai regolamenti comunali ogni facoltà di assoluta autonomia propositiva e di iniziativa. Dalle consulte partono direttamente progetti, proposte e ogni altra iniziativa, su input dei cittadini e senza aver bisogno di alcuna delega o commissione. Le consulte possono avere potere di interpello e di accesso diretto presso ogni ufficio e istituzione comunale, tramite propri portavoce, con obbligo di risposta motivata entro precisi termini. Assicurando una dialettica costante e un passaggio continuo di proposte e feed back, le Consulte civiche permettono alle istituzioni rappresentative di rimanere vive, svolgendo la propria funzione. Il compito delle consulte non è competitivo o sostitutivo delle istituzioni rappresentative (consiglio comunale, circoscrizione o altro). Le Consulte civiche non vogliono sostituire , d’altro canto, le altre modalità più o meno informali e autonome di condivisione e incontro tra cittadini. Anzi, l’autonomia e la sussidiarietà presuppongono il rapporto vitale in tutta la lunghezza e lo spessore della civicità.
Le Consulte civiche hanno una precisa collocazione nella pianta-albero della sussidiarietà civico – politica, e come tali si distinguono in quanto esprimono con particolari modalità proprie la possibilità di interagire efficacemente e con strumenti propri di accesso ai luoghi istituzionali della pubblica amministrazione, esercitando un elevato potere di vigilanza, controllo, stimolo, sollecitazione, pressione, progettualità. Le consulte civiche nascono quindi e trovano il proprio significato pieno come strumenti di facilitazione dei processi civici /amministrativi e politici, al fine di restituirli come veri servizi al cittadino per una migliore qualità di vita e benessere sociale in città. I membri possono essere scelti o eletti tra esperti o essere convocati tra cittadini interessati e competenti.
A Palermo, le Consulte civiche non sono state ancora istituite e nonostante l’amministrazione comunale si sia sempre a parole impegnata ed espressa favorevolmente , tutto è rimasto lettera morta, fatta eccezione per la Consulta della Pace che, pur lodevole nelle finalità, non ricalca affatto le gravi e pressanti problematiche dei servizi locali e della gestione della città, così cara alla prospettiva dei cittadini comuni, che in migliaia hanno richiesto l’istituzione di consulte su temi caldi come urbanistica, piano regolatore, verde e ambiente, trasporti, diritti e pari opportunità, temi molto vivi e sensibili di pressante e urgente interesse diffuso.
* Voci Attive, Palermo -Associazione politico culturale- Movimento di cittadinanza attiva