La forza del segno e la pregnanza del colore. E’ in questo connubio mai antitetico, ma sincretico, che risiede la peculiare cifra stilistica del fare arte di Ignazio Schifano
di Salvo Ferlito*
A differenza, di molti altri artisti, che come lui praticano il disegno con efficace padronanza, il pittore palermitano riesce abitualmente ad evitare che l’incisività del tratto finisca col contenere il libero fluire delle cromie, consentendo così alla ricca tavolozza di dispiegarsi in tutto il suo ampio potenziale espressivo ed affettivo. Grafica e pittura, dunque, ben articolate ed armonizzate – nel gesto di Schifano – in virtù di una sintassi dagli esiti al contempo altamente comunicativi e fortemente evocativi, e per ciò stesso in grado di assicurare una narrazione per immagini mai costretta in rigorosi e definiti schematismi ma piuttosto aperta a ineffabili sconfinamenti verso la dimensione onirica e surreale. La preminente opzione figurativa non appare, pertanto, mai cogente, proprio perché – come detto – del tutto svincolata da un grafismo rigidamente descrittivo e viceversa dipanata nei termini di una sintesi formale scientemente allusiva. Ne consegue che il ricorrere di alcuni temi e soggetti “simbolo” – carillon, giostre, aerostati –, pur nella riconoscibile iconicità che li eleva a inconfondibile sigillo, non scada mai in una ripetitività stucchevole e noiosa, mantenendo una incorrotta freschezza fabulatoria in grazia d’un lessico ricco di arcani sottintesi e di enigmatici rimandi.
E’ il senso del mistero, quindi, a permeare la pittura di Schifano, alimentando – al di là dell’apparente giocosità di certe immagini – una sottile ma invasiva inquietudine in chi si accosta alle sue opere. Un po’ visioni e un po’ sogni (o forse incubi, con tutto il corteo di dissertazioni psicoanalitiche cui possono prestarsi), i dipinti di Ignazio si configurano in tal modo come tipiche narrazioni surreali, ove l’interazione tra il segno e il colore più che svelare – in vero – cela, chiamando l’osservatore a fornire un attivo contributo allo sviluppo dei racconti. Una pittura non solo otticamente pervasiva, dunque, ma soprattutto avvolgente ed irretente per la sua suadente capacità di innescare dinamismi emozionali ed affettivi. E tutto ciò al di là del gioco di tangenze e ibridazioni (che pure ci sono, come è logico per un artista contemporaneo che conosca assai bene il passato e che scruti attentamente il suo presente), poiché è poi la soggettiva attitudine a rielaborare e adeguare le altrui ideografie a conferire originalità e qualità al vero gesto artistico.
In tal senso, Ignazio Schifano si conferma pittore colto e consapevole, forte della padronanza di tecniche e linguaggi d’altri tempi e contestualmente aperto alla ricerca formale e alla sperimentazione esecutiva d’oggigiorno. Un narratore visuale dalla verve immaginifica al contempo classica e attuale; un novello aedo, dotato di un raffinato melos dagli echi antichi ma intensamente vibrante delle sincopate risonanze della contemporaneità.
Le opere di Ignazio Schifano saranno in esposizione al Complesso di vicolo Valdina della Camera dei Deputati di Roma (piazza Campo Marzio 42) dal 30 novembre (giorno dell’inaugurazione, ore 17) al 13 dicembre, dal lunedì al venerdì ( con chiusura l’otto dicembre), dalle 10 alle 18.
*critico d’arte