La terapia dei linfomi è stata storicamente basata sull’utilizzo di farmaci chemioterapici. Nel 1998 è avvenuta la prima grande rivoluzione con l’approvazione dell’anticorpo monoclonale rituximab.
In questi anni stiamo assistendo e assisteremo alla seconda rivoluzione nel campo della terapia dei linfomi: sono stati approvati o sono in fase finale di studio terapie cellulari, CarT e farmaci innovativi, quali farmaci immunoconiugati, nuovi anticorpi monoclonali, piccole molecole che bloccano vie di segnale intracellulare e anticorpi bispecifici. La maggior parte di queste terapie innovative contro i linfomi agisce indirizzando e riattivando la capacità del sistema immunitario di riconoscere e distruggere le cellule malate. Per ottenere questo risultato, il farmaco è costruito in modo da riconoscere uno specifico bersaglio sulla cellula tumorale e pertanto può essere utilizzato solo in patologie che esprimano quel determinato target.
CarT contro i linfomi
Le cellule CarT sono cellule (linfociti T) del paziente ingegnerizzati per esprimere una molecola (il recettore Car, chimeric antigen receptor) che riconosce una struttura (l’antigene CD19) espresso dalle cellule di linfoma. In questo modo i linfociti T vengono indirizzati verso le cellule del linfoma e le distruggono. Per la raccolta dei linfociti T, il sangue del paziente deve passare attraverso una macchina, chiamata separatore cellulare, che è in grado di separare e raccogliere i linfociti. Le cellule così raccolte vengono poi inviate in laboratori specifici dove vengono ingegnerizzate attraverso l’inserimento del recettore Car. Questo complesso processo richiede circa 4 settimane di lavorazione e avviene sotto stretti controlli di sterilità e qualità. Una volta prodotte, le cellule CarT vengono congelate e inviate al centro che ha in cura il paziente per la somministrazione. Tutta la procedura di infusione avviene in regime di ricovero ospedaliero. Si inizia con una terapia di preparazione e successivamente si procede all’infusione delle cellule. Le complicanze che possono avvenire precocemente dopo l’infusione sono di tipo immunologico o infettivo e necessitano di riconoscimento e trattamento tempestivo. Le cellule CarT sono attualmente prescrivibili e disponibili nei Centri Ematologici di II livello per i pazienti affetti da linfoma diffuso di grandi cellule, linfoma mantellare, linfoma primitivo del mediastino e nei prossimi mesi anche da linfoma follicolare (I Centri di II livello sono centri ematologici in cui vengono eseguite sia le terapie standard che protocolli di ricerca e si trovano in ospedali con disponibilità h24 di reparti specialistici e servizi a supporto dell’attività ematologica).
Farmaci immunoconiugati
I farmaci immunoconiugati sono costituiti da un anticorpo monoclonale legato ad un farmaco chemioterapico. L’anticorpo monoclonale riconosce molecole specifiche espresse dalle cellule di linfoma, e quando viene internalizzato dalle cellule porta all’interno delle cellule malate il farmaco chemioterapico. Attraverso questo meccanismo è possibile ridurre gli effetti tossici sulle cellule sane e aumentare l’efficacia della molecola chemioterapica.
I più recenti sono:
– polatuzumab vedotin: anti-CD79b coniugato con agente chemioterapico. Attualmente è prescrivibile in associazione a chemioterapia convenzionale e rituximab, in pazienti con linfoma B diffuso di grandi cellule che abbiano già ricevuto una o più terapie. Si è dimostrato in grado di migliorare le risposte e la sopravvivenza senza aggiungere effetti tossici. Questo farmaco è già disponibile nella pratica clinica dei Centri ematologici italiani.
- Loncastuximab tesirine: anticorpo anti-CD19 coniugato con un agente chemioterapico. Attualmente in studio all’interno di protocolli clinici, ha dimostrato efficacia anche nei pazienti che erano già stati sottoposti a terapia con CarT.
Anticorpi monoclonali
Nell’ambito degli anticorpi monoclonali, è entrato di recente nella pratica clinica il tafasitamab che è diretto contro il CD19. Dopo il suo legame con la molecola target permette la riattivazione del sistema immunitario contro la cellula di linfoma. Inoltre, esso stesso è in grado di indurre la morte della cellula di linfoma. Attualmente è disponibile nella pratica clinica per pazienti con linfoma B diffuso a grandi cellule che abbiano già eseguito terapie precedenti e non siano candidati a trapianto, in associazione con un farmaco immunomodulante configurando quindi di un regime senza chemioterapici.
Tra i farmaci innovativi sono già prescrivibili in alcune forme di linfoma (linfoma mantellare, leucemia linfatica cronica) nuove molecole che inibiscono le specifiche vie di segnale intracellulare che sono responsabili della proliferazione delle cellule di linfoma.
Gli inibitori BTK sono inibitori dell’enzima Bruton Kinasi. Hanno un ruolo importante nella terapia della leucemia linfatica cronica, del linfoma mantellare e della macroglobulinemia di Waldenstrom perché impediscono la via di segnale che determina la sopravvivenza, proliferazione e adesione delle cellule tumorali nei linfonodi. Bloccando questo meccanismo le cellule B linfomatose vengono rilasciate dai linfonodi al sangue dove non sono in grado di sopravvivere. Attualmente sono in uso clinico ibrutinib che è il capostipite di questa classe di farmaci e le molecole di seconda generazione, come acalabrutinib e zanubrutinib, che mostrano una migliore selettività e quindi un miglior profilo di tollerabilità.
Venetoclax è un inibitore della proteina Bcl2. Questa molecola è molto espressa dalle cellule tumorali e questo permette sia la loro sopravvivenza che la loro resistenza ai farmaci chemioterapici. Bloccare questo meccanismo permette di indurre la morte delle cellule malate. Éattualmente molto utilizzato nella terapia dei pazienti con leucemia linfatica cronica sia all’esordio di malattia (se presenti peculiari caratteristiche biologiche della malattia) che in caso di non risposta o recidiva dopo precedenti terapie.
Anticorpi bispecifici
Infine, gli anticorpi bispecifici sono anticorpi che da un lato legano una molecola presente sui linfociti normali del paziente (CD3) e dall’altro legano una molecola espressa sulle cellule di linfoma (CD20). Quindi sono in grado di “far avvicinare” i linfociti del paziente alle cellule di linfoma e favorire la loro l’attività distruttiva che è naturalmente presente. Tra questi segnaliamo:
- Glofitamab: ha una conformazione particolare che lo rende molto affine al CD20. Attualmente disponibile in studi clinici in formulazione per somministrazione endovenosa come agente singolo o in combinazione con altri farmaci per pazienti con linfoma diffuso di grandi cellule B o come agente singolo all’interno di un programma di uso nominale.
- Mosunetuzumab: sviluppato prima come formulazione per iniezione endovenosa e poi come formulazione per iniezione sottocutanea. Questa nuova formulazione permette di ottenere gli stessi risultati della formulazione endovenosa, riducendo però il tempo trascorso in ospedale dai pazienti. Attualmente disponibile all’interno di un programma di uso nominale per i pazienti con linfoma follicolare recidivato o refrattario.
Epcoritamab: riconosce un sito di legame diverso da rituximab. Ha una somministrazione sottocutanea, attualmente disponibile in studi clinici dove ha dimostrato efficacia anche nei pazienti già sottoposti a CarT.
Attualmente sono in corso numerosi studi clinici che combinano questi anticorpi bispecifici a schemi chemioterapici convenzionali, ma anche a farmaci più innovativi per valutare l’efficacia di regimi liberi da chemioterapia.
Come descritto, le armi a disposizione per i pazienti affetti da linfoma sono numerose, ma non tutte sono adatte a tutti i pazienti. La scelta di quale tipologia di farmaco e di quale specifico farmaco all’interno di una categoria è strettamente dipendente dalla malattia del paziente (sempre più importante la caratterizzazione biologica dei linfomi), dalle sue caratteristiche cliniche e dalla sua storia ematologica, ma non solo.
L’obiettivo della ricerca sui linfomi è quello di sviluppare terapie sempre più:
- efficaci, in modo da essere proposte a pazienti che abbiano già eseguito le terapie convenzionali, e in un futuro, forse, proposte in sostituzione alla chemioterapia;
- sensibili e specifiche, in modo da ridurre gli effetti tossici sulle cellule e organi sani, non solo durante le somministrazioni, ma anche nel lungo periodo.
L’obiettivo degli ematologi è quello di poter costruire la strategia terapeutica migliore per ciascun paziente. Ora abbiamo a disposizione un buon numero di farmaci per contrastare i linfomi, abbiamo fatto notevoli passi avanti rispetto ad alcuni anni fa e ci aspettiamo di fare ancora più progressi nel prossimo futuro.
Dott.ssa Federica Cattina
Medico Ematologa presso ASST Spedali Civili di Brescia
Comitato di Redazione FIL