Il 19 febbraio 2016 l’Istat ha pubblicato le ultime stime demografiche per il nostro Paese relative al 2015. Complessivamente, i residenti si attestano a 60,656 milioni, rivelando una flessione di circa 139 mila unità rispetto al 2014.
di Paolo Cortese*
Le cause di tale dinamica vanno ricercate in uno scompenso piuttosto marcato tra natalità e mortalità: le nascite si sono attestate a 488 mila (-15 mila), registrando un nuovo minimo storico dall’Unità d’Italia.
Secondo l’Istat, il 2015 è il quinto anno consecutivo di riduzione della fecondità, giunta a 1,35 figli per donna. Va sottolineato che l’età media delle madri al parto sale a 31,6 anni, ponendo all’attenzione la stretta relazione tra dinamiche demografiche, sociali ed economiche; si tratta di una relazione circolare, in cui il clima di fiducia economico e le opportunità lavorative si riflettono sui tassi di fecondità della popolazione, i quali, a loro volta, alimentano il ciclo produttivo attraverso i consumi interni delle famiglie, come anche la spesa sanitaria, per l’istruzione, etc. Ovviamente, se la dinamica economica ristagna ed il mercato del lavoro soffre, la popolazione si riduce per mancanza di opportunità e risorse, contribuendo a sua volta alla dinamica economica non favorevole.
La questione non finisce qui; non solo si riduce il numero medio di figli per famiglia, ma cresce anche l’età media dei genitori, oltre che della popolazione in generale. Ciò induce a concludere che la spesa delle famiglie in futuro sarà sempre più rigida, poiché legata sempre più a redditi anelastici (le pensioni), come anche a comportamenti di consumo sempre più ponderati, ascrivibili a famiglie con un solo figlio ad elevata scolarizzazione.
Crescendo l’età media, sale il numero dei morti (+54 mila) che si attesta a 653 mila. Di fatto, il tasso di mortalità, pari al 10,7 per mille, è il più alto tra quelli misurati dal secondo dopoguerra in poi. Il saldo migratorio con l’estero è favorevole per 128 mila unità, risultato di 273 mila iscrizioni e 145 mila cancellazioni.
In tale scenario, diminuisce la quota di popolazione in età lavorativa (15-64 anni) attestandosi a 39 milioni di persone, il 64,3% del totale, come anche quella fino a 14 anni di età (8,3 milioni, il 13,7%).
Gli stranieri sono 5,5 milioni e rappresentano l’8,3% della popolazione totale (+39 mila unità); la popolazione di cittadinanza italiana scende a 55,6 milioni, conseguendo una perdita di 179 mila residenti. Stante tale situazione, in Italia il tasso di incremento della popolazione è negativo e pari a -2,3 per mille; in Sicilia tale dinamica è più severa, rivelando un tasso di crescita pari a -3,7 per mille nel 2015.
Nell’Isola sono presenti 5.074 migliaia di residenti, pari al 2,7% della popolazione nazionale; di questi, il 96,4% è cittadino italiano ed il restante 3,6% straniero. Si tratta di un dato, quello dell’incidenza della popolazione straniera, da tenere in opportuna considerazione quando si valuta lo stato di salute di un’economia. E’ noto, infatti, che i flussi migratori vengono attratti da aree economicamente più favorevoli, soprattutto poi se tali flussi si sedimentano in residenze ufficiali all’anagrafe. Complessivamente, in Italia gli stranieri sono l’8,3% della popolazione, ponendo all’attenzione uno iato di 4,7 punti percentuali a sfavore della Sicilia ed evidenziando, ancora una volta, il modesto dinamismo del sistema economico siciliano, ancora alle prese con le difficoltà di una recessione che presenta alcuni caratteri strutturali, soprattutto nelle aree interne.
In uno scenario poco favorevole, sia dal punto di vista demografico che economico, il 2015 è un anno caratterizzato da un significativo aumento dei decessi anche in Sicilia, regione in cui lo scorso anno se ne sono registrati oltre 53.600, quasi 4 mila in più rispetto al 2014. Un aspetto peculiare in tale contesto è relativo alla speranza di vita che in Sicilia si rivela più bassa di quella media nazionale, sia per quel che concerne la componente maschile (Sicilia 79,4 anni; Italia 80,1) che quella femminile (Sicilia 83,5; Italia 84,7).
Per altro verso, va sottolineato come l’Isola mostri un tasso di natalità piuttosto elevato se confrontato con quello medio nazionale (8 per mille): la Sicilia infatti si rivela terza regione in Italia per tasso di natalità (8,5 per mille), dopo Trentino Alto Adige e Campania. Parimenti, l’Isola è la terza regione italiana per tasso di crescita naturale (Sicilia -2 per mille; Italia -2,7 per mille).
Come osservato, il tasso medio di fecondità, ovvero il numero medio di figli per madre, si attesta ad 1,35 nella media nazionale, trainato dalla componente straniera (1,93); anche in Sicilia si evidenzia tale situazione, con un numero medio di figli per madre pari a 1,36, in linea con la media nazionale, e con la componente straniera che lascia registrare un numero medio di figli per madre pari a 2,07.
Occorre porre all’attenzione poi il fatto che se l’età media al parto per le italiane è superiore ai 30 anni in tutte le regioni (Sicilia 31,1; Italia 32,2), quella delle straniere è in tutti i casi inferiore, e pari in media a 28,7 (Sicilia 27,7). La componente straniera sta dunque arginando, per lo meno in parte, il declino demografico nazionale. Ma non solo. Si rivela anche la parte più giovane e dinamica, fornendo interessanti contributi alla circolazione degli scambi.
A tal proposito va anche sottolineato che il flusso migratorio complessivo nazionale mostra un saldo attivo (+0,4 per mille), frutto di un saldo migratorio dall’estero ancora piuttosto favorevole (+2,1 per mille). Tuttavia, il dettaglio regionale non è omogeneo. Nelle regioni del Mezzogiorno, il saldo migratorio con l’estero assume dimensioni più contenute (+1,6 per mille) ed il saldo migratorio interno, quello legato a spostamenti in altre regioni del Paese, si rivela negativo (-2,5 per mille) ponendo in luce il perdurare delle difficoltà economiche di molte famiglie che cercano altrove opportunità di lavoro. Ne consegue, nelle regioni del mezzogiorno, un saldo migratorio negativo (-1 per mille). Da tale punto di vista, la Sicilia presenta indicatori demografici che restituiscono la fotografia di un tessuto socioeconomico ancora in difficoltà. Infatti, a fronte di una capacità di attrazione di stranieri piuttosto contenuta (saldo migratorio estero: 1,3 per mille), i flussi migratori interni sono ampiamente negativi (-2,6 per mille), ponendo all’attenzione un risultato migratorio complessivo piuttosto sfavorevole (-1,6 per mille), secondo solo a quello della Valle d’Aosta che, però, accoglie un numero totale di residenti par al 2,5% della Sicilia.
*Istituto Guglielmo Tagliacarne – Area Studi e Ricerche