Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Legge anticorruzione: soluzione del problema o legge-manifesto?

di Redazione

La giustizia rimane un tema scottante, bloccato dalla logica delle contrapposizioni che ha dominato gli ultimi venti anni della scena politica italiana. Il nodo principale è rappresentato dalla prescrizione del reato sul quale è necessario un intervento ben più approfondito da parte del legislatore. Nel frattempo, la corruzione dilaga con la velocità del vento

di Daniela Mainenti

“Ma che cos’è dunque l’onestà politica? L’onestà politica non è altro che la capacità politica: come l’onestà del medico è la sua capacità di medico, che non rovina la gente con la propria insipienza condita di buone intenzioni e di svariate e teoriche conoscenze”.

Siamo nel 1930 quando Benedetto Croce avverte, alla luce di una corruzione sempre più dilagante nel Paese, il bisogno di analizzare il concetto di ‘onestà politica’. Analisi che trasferisce nella sua opera, Etica e Politica, imprimendole un carattere di eterna attualità.

Oggi, forse più di allora, il concetto di ‘onestà politica’ ci rimanda, con pieno automatismo, a quello di corruzione, che assume sempre più i connotati di una ‘tragedia’ per l’Italia. Ognuno, poi, dà la propria asserzione allo stesso concetto. Secondo la Corte dei Conti, essa è come una tassa occulta di 60 miliardi di Euro all’anno per il Paese (più o meno 1.000 euro per ogni cittadino).

Transparency International, l’organizzazione non governativa internazionale specializzata sui fenomeni di corruzione nel mondo, in un rapporto di fine 2011, mette l’Italia tra i paesi più corrotti; addirittura, al 69° posto dopo il Ruanda. Magistrati avvertiti e di grande esperienza come Pier Camillo Davigo o Francesco Greco affermano, dal quadro che emerge dalle inchieste sul mondo della politica e dell’imprenditoria, che stiamo peggio ora che nel ‘92.

Certo il disegno di legge ‘anti-corruzione’, in discussione alla Commissione Giustizia, e nei prossimi giorni alla Camera, grazie all’ultimo via libera dei partiti che sostengono il Governo, diventa della massima urgenza. Eppure si va avanti dal 2009, senza alcun risultato. La giustizia rimane un tema scottante, bloccato dalla logica delle contrapposizioni che ha dominato gli ultimi venti anni della scena politica italiana.

A sentire chi discute sugli articoli 318 (Corruzione per l’esercizio della funzione) e 346-bis (Traffico di influenze illecite), e chiede di modificare anche l’articolo 317 del Codice Penale, dal quale si ritiene sia stata arbitrariamente espunta la concussione per induzione, che poi si dice sia la più frequente, grave e subdola,  ricomprendendo oltretutto molti atteggiamenti di stampo mafioso, si ha la sensazione che non si sappia, o si finga di non sapere, che il problema principale per la corruzione in Italia è un altro e cioè la prescrizione di reato.

La maggior parte dei processi per corruzione si prescrive per decorrenza dei termini, senza arrivare a una condanna definitiva. Dopo la riforma introdotta dalla legge numero 251 del 2005, che ha comportato importanti modifiche al Codice Penale, la durata della prescrizione è uguale al massimo della pena prevista per il reato, aumentato di un quarto nel caso in cui sopravvenga un ‘evento interruttivo’, o a sei anni per i delitti e quattro per le contravvenzioni. Tra i due criteri prevale quello che dà un termine più lungo.

Vale la pena ricordare che tale legge è la cosiddetta ex Cirielli  perché il suo primo firmatario, il senatore Edmondo Cirielli, dopo le modifiche apportate dal Parlamento, la sconfessò e votò contro, chiedendo successivamente che tale legge non venisse più chiamata col suo nome.

Certamente un aumento delle pene previste dal Ddl anti-corruzione avrebbe anche un effetto sui tempi della prescrizione, ma, sfortunatamente, poco sensibile. Se il Ddl venisse approvato, la prescrizione per il reato di corruzione propria, invece di intervenire dopo 7 anni e mezzo (sei anni più un quarto, essendo un delitto punito con una pena a cinque anni di reclusione), arriverebbe dopo 8 anni e nove mesi (la pena infatti viene aumentata a 7 anni, quindi la prescrizione decorre dopo 7 anni più un quarto).

Tenuto conto che un processo penale in Italia dura mediamente 4 anni dalla sua apertura ,a cui occorre aggiungere il tempo delle indagini preliminari, (da 6 mesi a 2 anni), e che la prescrizione inizia a decorrere dalla commissione del reato, questo comporta che attualmente vanno prescritti i casi di corruzione scoperti a distanza di 2 o 3 anni  dalla loro commissione. Con la nuova legge si arriverebbe, pertanto,  a 3 o 4 anni circa dalla loro commissione.

Per fare un esempio, una persona che ne abbia corrotta un’altra nel 2007 e venisse scoperta oggi, avrebbe quasi la certezza di rimanere impunito per il sopraggiungere della prescrizione.

Insomma, sulla prescrizione è necessario un intervento quanto mai approfondito da parte del legislatore. Certo inasprire le pene nel reato di corruzione è importante ma non sufficiente se non viene garantita la certezza della pena. La modifica della prescrizione è sollecitata, peraltro, anche in sede internazionale.

Il termine breve della prescrizione italiana è infatti in contrasto con la “Convenzione Onu contro la corruzione”, ratificata dall’Italia nel 2009. Di recente, si sono espressi per chiedere una modifica dell’attuale disciplina sia l’Ocse, sia il Gruppo di Stati del Consiglio d’Europa contro la corruzione.

Purtroppo la volontà politica per una riforma complessiva dell’istituto appare assai improbabile. Per giunta,di recente, si voleva, che i tempi della prescrizione venissero ridotti. Forse, si potrebbe prendere spunto dagli ordinamenti giuridici stranieri simili al nostro. Si può guardare ai principali Paesi europei con una tradizione giuridica simile a quella italiana per trovare delle soluzioni interessanti.

Infatti, oltre a un aumento dei tempi di prescrizione, si potrebbe prevedere una nuova disciplina dell’interruzione del termine di prescrizione. Questo avrebbe un impatto determinante sulla lotta alla corruzione. Per esempio si potrebbe risolvere una delle distorsioni evidenti del sistema attuale, segnalata da diversi operatori del diritto, cioè le tattiche dilatorie degli avvocati che mirano a far scadere il termine. Queste non avrebbero più senso in un sistema che sospende la prescrizione con l’incriminazione, o al compimento di un qualsiasi atto processuale. Anche il carico dei procedimenti sui tribunali risulterebbe alleggerito. Non potendo sperare nella prescrizione durante il corso del processo, molti imputati potrebbero trovare conveniente accedere ai riti alternativi in cambio delle riduzioni di pena. Grazie ad una prescrizione meglio regolata. sarebbe possibile velocizzare i tempi della giustizia nel nostro Paese, spesso condannato in Europa per la durata eccessiva dei processi.

E’ chiaro che la persecuzione della corruzione diventerebbe più agevole, si otterrebbe un effetto deterrente e si eliminerebbe la quasi certezza dell’impunità per corrotti e concussi.

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