Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Libertà religiosa e matrimonio: diritti e doveri dei coniugi

Il cambiamento di credo religioso da parte di uno dei due coniugi, può essere causa di divorzio?

di Dario Coglitore

Dalla celebrazione del matrimonio sorgono in capo agli sposi precisi doveri coniugali tra cui quello di rispettare i diritti personalissimi e le libertà del coniuge, quali la libertà di manifestazione del pensiero, la libertà religiosa e la libertà di associazione. 

Un diritto tutelato dalla Costituzione

La giurisprudenza più volte è stata chiamata ad esprimersi sul tema della libertà religiosa per stabilere le conseguenze di un rapporto matrimoniale entrato in crisi a seguito del cambiamento di religionedi uno dei due coniugi. 
Ci si è chiesto in particolare se può essere addebitata la separazione al coniuge che muta credo religioso.
E’ noto come la libertà religiosa sia un diritto tutelato dall’art. 19 Costituzione il quale garantisce ad ogni individuo la libertà di professare una fede senza subire limitazioni da alcuno, neppure del proprio coniuge, ad esempio, perché credente in un’altra religione oppure perché ateo o agnostico.

Il pronunciamento della Corte di Cassazione

In linea di massima, la Corte di Cassazione (ex multiis sent. n. 14728/2016; n. 12077/1999; n. 1401/1995) ha deciso che non rappresenta causa di addebito della separazione il mutamento della fede religiosache, sebbene non condiviso dal coniuge, non rende intollerabile la prosecuzione della convivenza. In particolare il mutamento di fede religiosa, e la conseguente partecipazione alle pratiche collettive del nuovo culto, configurandosi come esercizio dei diritti garantiti dall’art. 19 Cost., nonostante la sua inevitabile incidenza sull’armonia di coppia,non può di per sé considerarsi come ragione di addebito della separazione, a meno che l’adesione al nuovo credo religioso non si traduca in comportamenti incompatibili con i concorrenti doveri di coniuge e di genitore previsti dagli artt. 143 e 147 c.c., in tal modo determinando una situazione di improseguibilità della convivenza o di grave pregiudizio per l’interesse della prole. 

Diritti e doveri nel matrimonio

Il diritto alla libertà religiosa, pur essendo di rango costituzionale, non può infatti configgere con quella serie di doveri previsti dal codice civile a carico di entrambi i coniugi, fra cui l’obbligo dell’assistenza morale e materiale, l’obbligo alla fedeltà e alla coabitazione. Pertanto, qualora con il mutamento di fede religiosa si verifichi un mutamento sostanziale della abitudini di vita e si violino i doveri scaturanti dal matrimonio, è possibile ottenere l’addebito della separazione. 

Parimenti irrilevante, ai fini dell’addebito (ma anche dell’affidamento del minore), è la volontà di uno dei due coniugi di far conoscere il nuovo credo ai figli.
Non si può discriminare un genitore per la fede che professa, ritenendola da subito meno adatta al figlio. Né può attribuirsi rilevanza all’inadempimento dell’impegno, assunto dai coniugi con la celebrazione del matrimonio religioso, a conformare l’indirizzo della vita familiare e l’educazione dei figli ai dettami della religione cattolica, potendo tale inadempimento esplicare effetti solo limitatamente all’ordinamento canonico.

Il diritto alla religione non è illimitato

Si segnalano, tuttavia, decisioni contrarie di alcuni Tribunali i quali hanno pronunciato l’addebito della separazione a carico del coniuge che aveva cambiato credo religioso. Ciò in quanto il diritto alla religione è sì un diritto costituzionale, ma non è illimitato.

Esistono almeno due tipi di limitazioni che il coniuge convertito ad altra confessione religiosa deve rispettare:

– il limite dell’ordine pubblico e del buon costume;

– il limite degli obblighi coniugali.

Ne consegue che il coniuge può professare un nuovo culto religioso (anche se non condiviso dall’altro), ma ciò non deve ledere i principi etici della società, le regole dettate dalla morale e gli obblighi che nascono dal matrimonio (come quello della coabitazione di cui al comma 2 dell’art. 143 c.c.
In caso di violazione dei doveri coniugali, il coniuge offeso potrà chiedere e, se provato, ottenere la pronuncia di addebito della separazione a carico dell’altro. È stata addebitata ad esempio la separazione al coniuge che:

– aveva imposto alla famiglia la costante presenza in casa degli altri credenti, violando l’obbligo di assistenza tra coniugi nonché la privacy domestica;

– si era allontanato da casa per esercitare il culto religioso, violando l’obbligo di contribuire ai bisogni della famiglia;

– aveva imposto la nuova fede religiosa al coniuge e ai figli minori, influenzando il loro equilibrio psichico. E’ stato chiarito che se il genitore vuole convertire la figlia minore alla propria religione (modificata ex post), quando la minore è sempre stata abituata ad un altro credo, non può non tenere conto dell’eventuale disagio dalla stessa fatto palese  (Cass. Civ. n. n.12954/2018)

– aveva commesso violenze fisiche e psicologiche nei confronti del coniuge appartenente ad altra fede religiosa.

Concludendo, il cambiamento di religione è certamente un diritto costituzionale, ma deve essere compatibile con i concorrenti obblighi coniugali.
Avv. Dario Coglitore

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