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Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

L’Individuo e la collettività nel post lockdown

L’Individuo e la collettività nel post lockdown. Nel silenzio opprimente di un paese ridotto all’impotenza socio-culturale, il quadro sullo stato sociale della Sicilia post isolamento è veramente sconfortante

di Redazione

L’individuo e la collettività nel post lockdown: un confronto stridente. Il quadro sullo stato sociale della Sicilia, prima del  lockdown, è sempre stato veramente sconfortante. E’ sempre emerso come un Paese con un tessuto sociale molto fragile, con gravi difficoltà socio-integrative, con seri problemi familiari e individuali. E’ sempre stata una società in cui si stava già perdendo l’identità collettiva. In cui aumentava la frammentazione. Quella frammentazione, frutto di una crescente disillusione verso le istituzione che, a loro volta, hanno sempre guardato alla società come poltiglie di massa.

Situazione socio-economica

Il  lockdown ha peggiorato la situazione. I progressi economici che si delineavano alla fine dello scorso anno, erano legati a dinamiche di minoranza. Pertanto, non riguardavano la massa della società e, pertanto, non venivano particolarmente avvertite dalla gente.
Oggi, dopo l’isolamento, sembra essere in aumento l’aggressività, espressione di una forte degenerazione antropologica, rafforzata dalle condizioni imposte dal Covid. Tutto ciò, particolarmente evidente nelle famiglie sempre più precarie e low cost.

Prevale l’inerzia

Possiamo affermare, insomma, che i dati delineano una crisi della società siciliana, improntata al pessimismo. Ma anche al senso di vuoto e all’inerzia di fronte alle sfide del futuro. Certi dati mettono in luce come le parti più vitali della società siciliana non riescano a far percolare un livello di benessere ed evoluzione generalizzato.

L’Individuo e la collettività

Nel silenzio più opprimente di un paese sempre più ridotto all’impotenza socio-culturale, ogni spazio e luogo di partecipazione è importante. Può rappresentare uno spazio di liberazione individuale e collettivo.
Le strutture aggregative, di qualsiasi natura esse siano, evocano il senso politico e sociale capace di connettere bisogni e desideri. Ma anche di coniugare la volontà di cambiamento e una visione ampia della società. Ma queste strutture non ci sono mai state. E adesso, la mancanza si avverte come un vuoto incolmabile. La maggior parte sceglie la scorciatoia dell’individualismo che non risolve i problemi, ma li rimanda, penalizzando i più deboli. Quindi, quando accostiamo l’individuo e la collettività nel posto lockdown, il rapporto ne esce penalizzato.


I centri di aggregazione

Il centro di aggregazione sociale, destinato ad attività e promozione socio-culturale è finalizzato alla realizzazione delle diverse forme di aggregazione sociale fruibili dalla popolazione. Queste si configurano come struttura polifunzionale. Il loro scopo è quello di offrire alla popolazione un luogo in cui stare insieme. Dove trovare spazi da vivere all’insegna della socializzazione e della creatività e in cui proporre diverse attività.
In questo momento di ripresa di aggregazione, queste strutture consentirebbero un processo di aggregazione contenuto e disciplinato. Inoltre, eviterebbero i processi di assembramento selvaggio a cui assistiamo frequentemente.
Ma questo messaggio, purtroppo, non è mai passato alle istituzioni.

Nel corso degli anni, la creazione di centri aggregativi è sempre stata affidata all’iniziativa privata di cooperative sociali. Queste strutture sono riuscite a mantenere uno standard strutturale sul piano socio-aggregativo, più o meno, soddisfacente.

Il ruolo delle Istituzioni

La politica deve intervenire per favorire l’aggregazione, offrendo spazi di socialità, fornendo supporto all’auto organizzazione, volta alla coesione sociale. Soltanto in questo modo si perpetua il concetto di comunità come identità collettiva che cresce e moltiplica il proprio substrato di coscienza civile. Deve offrire occasione di sviluppo, creare nuove opportunità di crescita collettiva e sociale. Il processo interculturale potrebbe diventare l’asse portante dell’agire collettivo. Il contesto deve essere plurale e inclusivo. La somma delle esperienze è più grande della somma delle singole azioni.
La speranza è che le istituzioni si facciano carico delle istanze di cambiamento. Magari, sostenendole, al fine di trasformare in meglio la città e creare un modello per le altre città italiane

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