Il codice in difesa del consumatore, pur rimanendo sempre un testo importante da solo non basta a sostenere la difesa del consumatore. Cosa fare per arginare i rischi? Rivolgersi alle associazioni preposte sarebbe un ottimo deterrente
di Patrizia Romano
In una società destinata al grande consumo, il vero potere è rappresentato dall’economia e dall’alta finanza che, inevitabilmente, hanno generato un nuovo potere politico: quello dei consumatori che, negli ultimi anni, hanno acquisito maggiore consapevolezza, rivendicando i propri diritti. Diritti inalienabili e universalmente riconosciuti, ma, purtroppo, frequentemente calpestati da logiche di mercato scorrette e perverse.
Persino l’ultima enciclica di Papa Ratzinger si riallaccia ai diritti dei consumatori, richiamando, però, questi ultimi, al proprio senso del dovere: «… I consumatori vanno educati al ruolo che esercitano quotidianamente…», dice il documento. Un ruolo che implica una forte responsabilità, perché il potere economico è sì esercitato dai grossi gruppi finanziari, ma la sua gestione è affidata alle scelte dei consumatori. Ecco il perché di scelte mature e consapevoli.
Sotto il profilo legislativo, comunque, in difesa del consumatore, è stato fatto ben poco. Nel 2005, dopo venticinque anni, il governo ha varato il Codice del Consumo, che comprende gran parte della normativa emanata sino a quel momento dall’Unione Europea. Si tratta di disposizioni che hanno come oggetto la protezione del consumatore. Lentamente, queste norme sono state recepite anche dallo Stato italiano. Non è stata aggiunta nessun’altra novità giuridica tranne un riconoscimento ufficiale per i diritti pubblici del consumatore/utente che, tra l’altro, riconosce come fornitore lo Stato e tutti gli enti pubblici.
Il codice comprende 146 articoli che riordinano la normativa maturata in seguito ai numerosi eventi in cui il consumatore è stato coinvolto come soggetto attivo o passivo. In particolare vengono prese in considerazione l’informazione al consumatore, la pubblicità commerciale, la regolarità contrattuale, la promozione delle vendite, il credito al consumo, la sicurezza e la qualità dei prodotti, la responsabilità del produttore, la garanzia legale di conformità e le garanzie commerciali dei beni di consumo, nonché le associazioni dei consumatori e l’accesso alla giustizia.
Secondo il parere delle associazioni, il provvedimento presenta una serie di pregi e altrettanti difetti. Il pregio essenziale è quello di aver raccolto le numerose disposizioni emanate negli anni, ma sparse qua e là senza continuità. Questo riordino ha reso più semplice e più immediata la consultazione del documento anche ai consumatori più sprovveduti. Il difetto, invece, consiste nel non aver inserito le normative più recenti e più importanti, come la regolamentazione dei servizi finanziari on line e il multi level marketing.
Il codice fornisce, inoltre, numerose definizioni che riguardano i rapporti di consumo, correggendone, così, il linguaggio e la terminologia, lì dove si innescava una certa confusione di termini che sfociava in errori macroscopici, limitando al consumatore il proprio campo di difesa.
Il codice, comunque, pur rimanendo sempre un testo importante, da solo non basta a sostenere la difesa del consumatore. Le insidie rimangono sempre in agguato. Con la crisi, poi, oltre al potere d’acquisto, i consumatori hanno perso il potere di difendere i propri diritti. Le difficoltà economiche che stiamo attraversando spingono le aziende a cercare nuovi clienti e a non perdere i vecchi. Questi obiettivi, però, danno vita a strategie commerciali talvolta scorrette e perverse, che fanno abboccare il consumatore senza vie di uscita.
È brutto dirlo, ma le strategie peggiori sono frutto della liberalizzazione del mercato che, ormai, colpisce tutti i settori. Quello più additato è il campo delle telecomunicazioni, dove è stato segnalato il 22% di disservizio. A questo segue il settore dell’energia, con il 18% delle lamentele, e delle banche, con il 15%. Anche la pubblica amministrazione, con il 13% di segnalazioni, fa la propria parte. Valutazioni negative anche sui locali pubblici, sui trasporti, sul ramo assicurativo e sulle poste, tutte al di sotto del 15% di segnalazioni sui disservizi, ma al di sopra del 10%.
Cosa fare, quindi, per arginare i rischi di cadere in trappole mortali? Il suggerimento, nei casi più complicati, è quello di rivolgersi alle associazioni dei consumatori, con le quali, attraverso le nostre rubriche, vogliamo avviare un rapporto di collaborazione interattiva. E in questa sede, ne segnaliamo alcune, operative sul territorio, di facile consultazione