Dopo avere denunciato nel precedente saggio “La rivoluzione del merito” il livellamento culturale al ribasso della scuola, in quest’ultimo saggio “Il follemente corretto”, Luca Ricolfi mette in guardia dalla “dittatura”del digitale”. In questo saggio accusa i social – media di avere introdotto nel quotidiano un linguaggio particolare. Linguaggio, che non rispecchia il pensiero. Inoltre, lancia l’accusa di avere esteso il “politicamente corretto” dalla politica all’informazione e alla comunicazione.
Questo modello comunicativo ormai invalso dà luogo a un individualismo esasperato fine a se stesso.
Luca Ricolfi: il problema sta nel sistema
Secondo Luca Ricolfi il problema è di sistema, poiché il digitale opera senza alcun tipo di controllo. Per di più è “trasversale”, in quanto agisce globalmente, non rispettando le identità territoriali.
Oggi chiunque può dare inizio al processo mediatico senza risponderne penalmente. Ciò, diversamente dal giornalista, che è soggetto a precise regole legislative e deontologiche.
L’esplosione dei social è avvenuta essenzialmente nell’arco di tempo che va dal 2005 al 2010, anche se naturalmente si evolve costantemente. Nel 2005 nasce You Tube. Successivamente Apple (che produce l’i Phone). Poi WhatsAapp. Sino all’l Phone 4, che consente le chiamate video, la gestione della posta, effettuare self e filmare se stessi.
Il problema non è solo Elon Musk
Oggi il problema non è solo Elon Musk. E’ di sistema.
Questi colossi della comunicazione, che sarebbero utili alla collettività se diffondessero corrette informazioni, sono spesso autoreferenziali e abbassano di fatto il livello del confronto culturale.
Esiste indubbiamente un problema etico nell’uso dei mezzi telematici.
“Ciber Society”
Recentemente l’ex magistrato Luciano Violante, presidente della Fondazione Leonardo e dell’Associazione Futuri Probabili, in un’intervista al Foglio Quotidiano, ha fatto interessanti riflessioni sulla “Ciber Society”. E lo ha fatto, denunziando la manipolazione operata del potere economico e finanziario, che detiene le leve del digitale, delle istituzioni pubbliche riducendone di fatto la sovranità.
E’ necessario, secondo Violante, che la politica si riappropri del proprio spazio. Per far questo non sono sufficienti i soli divieti, ma occorre dar luogo a una “pedagogia digitale” che preservi (o recuperi) un sistema sociale di autentica libertà dei cittadini.