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Luciano Accomando: un artigiano dello spettacolo

Luciano Accomando, laureato in Scienze dello spettacolo e della produzione multimediale, è un apprezzato regista teatrale e cinematografico...

di Pippo La Barba

Luciano Accomando, laureato in Scienze dello spettacolo e della produzione multimediale, è un apprezzato regista teatrale e cinematografico. L’anno scorso è uscito il suo lungometraggio “Immagine dal vero”, un film documentario sulle storie di successo degli immigrati in Sicilia, che concorre in diversi festival. Si è cimentato anche nella narrativa con l’opera “Nel romanzo” Edizioni Leima

 

di  Pippo La Barba

Il tuo lungometraggio “Immagine dal vero” prospetta un modello controcorrente dell’immigrato, visto come una risorsa e non più come un problema.
L’idea del film è nata dall’esigenza di affrontare una delle sfide più difficili del XXI secolo, “l’incontro con l’altro”, e dalla voglia di provare a spiegare le ragioni per cui bisogna fare dell’Italia e dell’Europa una comunità aperta e pronta ad accogliere, sia perché non si può fare diversamente e sia perché, a fronte di un modello di convivenza possibile, l’arrivo di nuovi cittadini può apportare inaspettati giovamenti.

A quando risale la tua passione per lo spettacolo?
Io sono cresciuto a Prizzi, e quando nel 1988, avevo sette anni, i miei genitori mi portarono nel paese vicino di Palazzo Adriano dove Giuseppe Tornatore stava girando Nuovo Cinema Paradiso rimasi affascinato da quel mondo magico e decisi che sarebbe stata la mia strada.

Dopo questo primo approccio cosa hai fatto?
Ho gradualmente coltivato questa mia passione per il teatro, il cinema e la scrittura. Dopo la laurea in Scienze dello Spettacolo ho iniziato la gavetta in alcune produzioni cinematografiche facendo lo stagista o il runner. Quindi ho cominciato a girare i miei primi cortometraggi. Sapevo che non era una strada semplice, ma sentivo dentro di me che potevo farne un lavoro. Mi considero un artigiano e l’attività artigianale è una scelta di vita: bisogna amare la fatica del proprio lavoro, accettare le sfide, mettersi in discussione, sgobbare dalla mattina alla sera senza mai perdersi d’animo.

Cosa provi quando ti trovi davanti alla macchina da presa o in teatro a dirigere gli attori?Luciano_Accomando
E’ chiaro che per un regista il confronto con gli attori è fondamentale. Personalmente preferisco il metodo della dolcezza, provo a creare con loro un rapporto di fiducia, di lealtà. Non ho mai sopportato i luoghi di lavoro dove si instaura un clima di terrore. Con gli interpreti bisogna essere sinceri, non cercare mai di ingannarli. Mi piace trascorrere del tempo con loro, ragionare insieme sui personaggi, sulle atmosfere, sulla storia che andremo a raccontare. Insomma, stargli vicino senza però stargli addosso.

Quali modalità specifiche caratterizzano il teatro e il cinema?
Sono due forme espressive che hanno molto in comune, due contenitori in cui possiamo riscontrare la presenza di diverse forme artistiche, come la recitazione, la letteratura, le arti figurative e via dicendo. Ma il vero unico punto di contatto, il principale, resta l’attore. In teatro vige il motto “qui e ora”. L’attore sta davanti al pubblico, la sua recitazione è istantanea e fino a quando non calerà il sipario non avrà modo di uscire dal personaggio che interpreta. Al cinema, sul set, è completamente diverso. Il lavoro degli attori è mediato dalla tecnologia, dai suggerimenti del regista, dai continui stop. Bisogna essere bravi ad entrare ed uscire “dalla vita degli altri”, a ripartire da quelle sfumature gestuali e vocali precedentemente interrotte.

Cosa stai facendo in questo periodo?
Per il teatro sto lavorando a un testo di Maeterlinch, “I ciechi”. Gli attori sono giovani palermitani fino ai 25 anni che hanno precedentemente partecipato ad un laboratorio “Arena Yurta” che ho realizzato insieme a Salvatore Pizzillo e ad Elisa Calunniato. Contiamo di finire entro settembre per poi partire in tournèe nei teatri siciliani. In quanto al cinema, uscirà nelle prossime settimane il mio ultimo lavoro “Un caos bellissimo”, un cortometraggio che racconta la storia di Bilal, ragazzo nero residente a Verona, che a causa dell’improvvisa perdita dei genitori, si ritrova a dover affrontare in solitudine un viaggio a Palermo alla ricerca di se stesso. A proposito di attori: gli interpreti di questo corto sono Rosy Bonfiglio e Abibou Ndiaye. A mio modesto parere due giovani promesse del cinema italiano.

Tu hai scritto anche un’opera di narrativa intitolata “Nel romanzo”.
Si tratta di un giallo meta-letterario ambientato in un piccolo paesino immaginario chiamato Panarò. Il protagonista è il maresciallo Rosario Calà, forte e “sbirro” di ferro dietro la divisa, ma fragile e insicuro nella vita privata. È un romanzo che nasconde nel suo intreccio numerosi indizi che sfoceranno in un finale inaspettato.

Dobbiamo dunque aspettarci una trasposizione cinematografica del tuo libro?
Resta il mio più grande sogno. Chissà, magari da domani comincio a scrivere la sceneggiatura.

 

 

 

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