Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Mamme bambine: il primato in Sicilia

Mamme bambine: un fenomeno sempre attuale, soprattutto nel Meridione d’Italia e, soprattutto, in Sicilia...

di Patrizia Romano

Mamme bambine: un fenomeno sempre attuale, soprattutto nel Meridione d’Italia e, soprattutto, in Sicilia, che detiene il primato delle maternità precoci. Prevenzione e cura, le armi migliore per mettere su una prospettiva diversa il fenomeno. Ne parliamo con Antonella Monastra, ginecologo e attivista per i diritti della donna

 

di  Patrizia Romano

Sono troppo grandi per giocare alle mamme, ma troppo piccole per fare le mamme veramente.
Sebbene l’età media della maternità nella donna, negli ultimi anni, sia aumentata notevolmente, le baby mamme sono ancora tante. Un dato, quello delle gravidanze precoci, tale da rappresentare un vero e proprio fenomeno sociale. Un fenomeno ancora e, tristemente, sempre attuale, soprattutto, nel Meridione d’Italia, dove le giovani mamme raggiungono, addirittura, il 26 per cento della popolazione femminile in età fertile.
In particolare, sono tantissime in Sicilia, dove, secondo dati Istat, le due maggiori realtà metropolitane, Palermo e Catania, detengono la percentuale più elevata su tutte le altre città italiane.
Nella maggior parte dei Paesi, la maternità precoce viene considerata un incidente di percorso. In Sicilia, invece, un processo sociale e naturale che affonda le proprie radici nel tessuto socio-culturale in cui le giovanissime madri consumano la propria adolescenza. Quello che è certo, comunque, è che non si tratta mai di una scelta consapevole. “Per molte di loro – dice Antonella Monastra, ginecologo e attivista per i diritti della donna – è quasi l’epilogo di una vita vissuta con un’unica prospettiva: fare figli. Sì – ribadisce – la ginecologa – è come se non avessero alternative, come se non conoscessero altro dalla vita, come se seguissero un percorso naturale dal quale non possono sottrarsi. Manca in loro lo spazio culturale in cui proiettarsi”.
Da  un’analisi condotta in  alcuni  paesi  dell’Unione Europea, risulta che i fattori alla base del fenomeno siano strettamente legati alle  condizioni socio-economiche in cui vivono queste piccole donne, all’appartenenza a una famiglia destrutturata e instabile, nonché al basso livello di istruzione.
La maternità precoce non è, comunque, un discorso di carattere squisitamente o esclusivamente sociale, ma anche sanitario. Nelle adolescenti, la  gravidanza  e  il  parto costituiscono  un importante  fattore  di  rischio  per  la loro salute psico-fisica. La mortalità durante questa fascia di età, rispetto alla fascia di età appena superiore è doppia. Se poi, si tratta di ragazzine al di sotto dei quindici anni, la probabilità si quintuplica. “Il corpo delle  adolescenti ancora  in  fase  di  sviluppo – sottolinea la ginecologa – compete  con  la  crescita  del feto: se la gravidanza avviene entro 2 anni dal menarca prevale l’immaturità sessuale. Anche  il  momento  del  parto  è  a  rischio. Le  giovani mamme  si distinguono pure per la  scarsa  tolleranza  al  dolore  e la scarsa  partecipazione  al parto”.
Anche i bambini nati da mamme troppo giovani corrono rischi compromettenti per la salute. Un fattore determinante, per esempio, è il peso della creatura appena nata, ma rischiano anche di vivere un’infanzia particolarmente predisposta alle malattie.
“Ritornando all’aspetto sociale – riprende la dottoressa –  le conseguenze socio-economiche sono, comunque, pesanti, soprattutto nella realtà dove certi   modelli familiari lasciano il peso del mantenimento dei figli prevalentemente sulle spalle della donna”. Le ragazze, infatti, sono spesso costrette a lasciare la scuola e a condurre  una  vita di stenti.
In molti casi, dopo il primo figlio, ne seguono tanti altri, sovvertendo il fenomeno del decremento demografico diffuso in tutta Italia per i motivi completamente opposti. Le  madri adolescenti, tra l’altro, sono, a loro volta, figlie di madri adolescenti. E’ una sorta di catena che si perpetua negli anni.
Si potrebbe fare molto sul piano della prevenzione e lavorare con successo. “Invece – afferma Antonella Monastra – si fa molto poco. Prima, per esempio, si faceva molta più prevenzione nelle scuole. Oggi, la scuola, depauperata di tanti ruoli, non è più nelle condizioni di affrontare un tale impegno. Io ritengo, comunque, che non bisogna intervenire soltanto in termini preventivi – spiega il medico -. E’ importante che si agisca sul fenomeno reale, esistente, orientando e guidando le giovani madri nella crescita del proprio bambino. Seguirle mentre accudiscono e crescono il proprio figlio, ma, soprattutto, aiutarle ad acquisire la piena consapevolezza di essere madre”.
L’assistenza integrata non deve limitarsi solo alla gravidanza e al parto, ma deve attivarsi anche e, soprattutto, nella fase post parto. Insomma, bisogna intervenire non soltanto in termini preventivi, ma  anche quando il dado è tratto E’, soprattutto, da quel momento che occorrono risorse maggiori e più adeguate. Bisognerebbe agire con interventi più capillari, in sinergia e attivando una rete di risorse adeguate. Purtroppo, però, tutte le strutture che ricadono sul territorio risultano inadeguate. “In qualunque struttura – aggiunge l’attivista – si dispone di personale di fascia di età decisamente elevata. I dipendenti attuali sono anziani, i giovani non trovano spazio, non si crea un turnover e le strutture non si possono rinnovare. I consultori – continua – rimangono l’unica struttura di riferimento sul territorio, ma anche quelli operano in condizioni di forte disagio. Si dovrebbe attivare una progettualità che verta verso l’acquisizione di una maggiore consapevolezza. Non basta una struttura, ma è necessaria una rete di risorse. E’ importante che gli operatori socio sanitari siano addestrati a lavorare in rete con altri soggetti istituzionali (scuola, servizi sociali, tribunale minorile, terzo settore)”.
Ma agire solo in termini preventivi non è l’unica strada da percorrere.
“Io ritengo che non bisogna intervenire facendo solo prevenzione – spiega Antonella Monastra -. E’ importante che si agisca sul fenomeno reale, esistente, orientando e guidando le giovani madri nella crescita del proprio bambino, una volta che c’è. Seguirle mentre lo accudiscono e lo crescono, ma, soprattutto, aiutarle ad acquisire la piena consapevolezza di essere madre. Presa coscienza della situazione, infatti, le ragazze che decidono di assumersi tale responsabilità sanno mostrarsi piene di grinta nell’affrontare ogni difficoltà. Imprudenza, incoscienza, casualità – conclude – tenersi il bambino rimane, comunque, una scelta di grande coraggio”.

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