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Marco Pupella: Il teatro la mia scelta di vita

Marco Pupella, giovane regista, nonostante una laurea in giurisprudenza, ha scelto senza indugi la sua strada...

di Pippo La Barba

Il giovane regista, che ha respirato teatro sin da piccolo nella nota famiglia d’artisti, nonostante una laurea in giurisprudenza ha scelto senza indugi la sua strada

 

di  Pippo La Barba

Tu sei un figlio d’arte. La passione per il teatro è nata da una personale sensibilità ovvero è qualcosa che ti ha coinvolto per contaminazione della tua famiglia?
Sono nato in teatro, per me è stato naturale stare nel teatro. Già dal 1980 la mia famiglia gestisce uno spazio teatrale, quindi ho sempre respirato aria di palcoscenico.

marco pupella
Marco Pupella

Ma tu hai conseguito una laurea in giurisprudenza, mi pare siamo un po’ lontani dalla tua attuale attività.
In parte è così. Tieni conto che allora non esisteva il Dams. E poi trovo delle analogie tra il teatro e il processo: il  regista è il giudice, gli attori sono i convenuti, il pubblico c’è in entrambi gli ambiti.

Tu operi in un contesto teatrale di famiglia in cui convivono due generazioni. Questo per te costituisce un arricchimento o un handicap?
Entrambe le cose. Ovviamente il solco è stato tracciato da mio padre e altrettanto ovviamente ci sono differenze generazionali di stile e di gusto. Poi mio padre fondamentalmente è un attore, io un regista puro.

Quindi quella di fare il regista è una tua scelta, non è un tassello che hai occupato nel mosaico organizzativo del Crystal.
Nella maniera più assoluta. Nasce dal desiderio che ho sempre avuto di far vivere sul palcoscenico un copione. Tieni conto che sono un  drammaturgo e rappresento anche i miei lavori. In questi ultimi mesi sono andati in scena due miei spettacoli, “Delirio d’amore” e “Tutta nata storia”.

Cos’è per te la regia?
In primo luogo un fatto di sensibilità, in secondo luogo di tecnica. La sensibilità nasce dal bagaglio culturale, che poi determina la sensibilità artistica; la tecnica è frutto di studio. La mia tecnica teatrale ha come modello di riferimento il grande Sandy Meisner. .

Come regista ti trovi spesso a dirigere tuoi familiari. Questo ti crea problemi?
Assolutamente no, perché sulla scena siamo colleghi e l’obiettivo é solo quello della riuscita dello spettacolo. Anzi esigo da loro una maggiore puntualità e disciplina, per essere d’esempio agli altri.

Teatro pubblico o privato?
Non vorrei essere di parte, ma il teatro privato, dati alla mano, costa molto  meno del pubblico  e realizza di più in  sbigliettamento, posti di lavoro e produzioni. Se  guardiamo poi la realtà palermitana, le compagnie private sono quelle che rischiano di più nella sperimentazione e nell’innovazione.

Che cosa ha rappresentato per te la figura di tuo padre?
Ha trasmesso a noi figli la passione per il teatro. Pur con i mille difetti che ha, lo considero un grande attore. Avrebbe ottenuto molto di più se a suo tempo si fosse allontanato da Palermo, ma ha preferito rimanere anche per dare un contributo alla crescita culturale della città.

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