OMELIA DI S.E. CARD. PAOLO ROMEO ARCIVESCOVO METROPOLITA DI PALERMO Chiesa Cattedrale, 5 aprile 2012
1. In questa mattina di inizio aprile, che respiriamo a pieni polmoni, il nostro spirito percepisce anche un altro respiro: respiriamo la Chiesa, in questa sua “epifania” che è la Messa del Crisma. Un respiro che fa bene al cuore: è la bellezza del ritrovarci insieme quale popolo sacerdotale, profetico e regale, articolato nella varietà dei carismi e nella molteplicità dei ministeri, tra differenze che dicono caratteristiche peculiari, e unità che si manifesta nell’unica assemblea chiamata, un unico popolo convocato, una “ecclesìa” appunto.
“È bello per noi essere qui!” (Mt 17,4). La Messa del Crisma è una sorta di annuale Tabor della nostra Chiesa, quello in cui c’è la luminosità splendente di questa assemblea, dell’armonia fra le sue diversità che, pur con le difficoltà del percepirsi diversi, convergono tutte in un luogo. Una luminosità che si fonde e si confonde con quella luminosità degli Olii Santi che in questa celebrazione vengono consacrati, fluente luce di grazia che spande un’unzione dello Spirito unica eppur molteplice, per farci sempre più e sempre meglio Chiesa. Ecco: nella Messa del Crisma si anticipa la Pasqua! Perché la Chiesa che celebra il Mistero e si riunisce come famiglia è figlia della Pasqua. Ed oggi pomeriggio, ciascuno nelle proprie comunità parrocchiali, porterà un po’ di questo anticipo di Pasqua vissuta insieme. Gli Olii santi, confezionati a partire dall’offerta giunta da più parti della nostra Arcidiocesi, ritorneranno benedetti e consacrati per ciascuna parrocchia. Perché la Pasqua si faccia tutto l’anno: con le membra più deboli del Corpo – gli ammalati – con coloro che si preparano a far parte di questo Corpo Mistico – i catecumeni – con coloro che sono confermati nell’appartenenza – i cresimati – e consacrati nel servizio – sacerdoti e vescovi – . Facciamo tesoro di questa celebrazione! Per recuperarne la forza nei momenti in cui siamo portati a vedere nella Chiesa soltanto le divisioni e i contrasti, le incoerenze e le autoreferenzialità. Oggi, carissimi fratelli e sorelle, vediamo ciò che siamo, e – in questo – ciò che siamo chiamati ad essere e ancora non siamo.
2. “Lo Spirito del Signore è su di me” (Is 61,1). È l’esperienza del profeta Isaia. È l’esperienza di Gesù che proclama nella sinagoga di Nazareth questa parola che proprio in lui si compie: “Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato” (Lc 4,21).È l’esperienza che deve caratterizzarci come comunità ecclesiale. Viviamo un contesto storico-culturale che esalta l’efficienza e il calcolo, e, per questo, bisogna tornare ad invocare e ad avvertire l’azione dello Spirito Santo che anima la Chiesa, che riposa sulla sua realtà, per fecondarla di novità, per ricrearla da dentro: Vieni Spirito creatore!È questo Spirito che non soltanto ci fa essere Chiesa, ma che ci fa anche sentire Chiesa. Solo nell’unità dello Spirito Santo avvertiamo la comunione nelle scelte, obbediamo agli orientamenti condivisi, ci sosteniamo reciprocamente, compiamo l’unica missione, rendiamo quella necessaria testimonianza in tutti quei contesti nei quali questo stesso Spirito ci ha posti.Quanto investiamo sulla fiducia che “Lo Spirito del Signore è su di noi”? Quanto spazio lasciamo veramente e pienamente all’ispirazione e all’azione dello Spirito? C’è un’unica missione ed un’unica testimonianza da rendere a questo nostro tempo così incerto e travagliato, a questa nostra “sinagoga” densa di traballanti certezze che si rivelano poi ingannevoli. Il nostro sacerdozio battesimale, comune e primigenia unzione dello Spirito Santo, ci invita a dichiarare apertamente che l’“oggi” della salvezza è per tutti gli uomini. Non solo a parole, ma con i fatti, proclamiamo e testimoniamo, sotto l’azione dello Spirito, che Cristo può cambiare l’uomo perché è il solo che lo conosce veramente. Che è solo lui che può ridare una speranza perché dona la forza di vivere per il bene, nella verità e nell’amore che ogni cuore ricerca. Che solo Cristo salva la vita dal non senso della morte e la riempie degli orizzonti dell’Eternità. Che solo Cristo trasforma la nostra esistenza attraverso l’amore che da lui riceviamo e che, in nome suo, restituiamo ai nostri fratelli. Lo Spirito Santo venga ogni giorno a ricordarci tutto questo!
3. In questo Giovedì Santo, la Chiesa ci fa anche rendere visibile il mistero del Presbiterio – lo scrivo con la maiuscola – riunito insieme e attorno al Vescovo. Così ci offre l’occasione per farci meditare anche sul sacerdozio ministeriale.Questa mattina provo una grande gioia nel vedermi circondato da tutti voi, amatissimi sacerdoti e diaconi! In questi cinque anni ho imparato, anche se con i limiti delle mie fragilità umane, a conoscervi quanto più possibile, impegnandomi ad apprezzare i vostri eroismi quotidiani, ad ammirare la vostra generosità e dedizione al servizio delle comunità a voi affidate. Ho affermato tante volte che tutto questo mi ha molto edificato e rincuorato: in voi il Vescovo trova i primi collaboratori del suo ministero, quelli che egli stesso invoca da Dio nella preghiera di ordinazione: “Ora, o Signore, vieni in aiuto alla nostra debolezza e donaci questi collaboratori di cui abbiamo bisogno per l’esercizio del sacerdozio apostolico”.
La Chiesa ha bisogno di voi, carissimi figli miei! Perché la nostra comunità diocesana possa crescere ed edificarsi nella santità c’è bisogno del vostro ministero unito a quello del Vescovo!
Carissimi, il desiderio di unità non nasconde le complessità del nostro essere Presbiterio. Per questo ho anche imparato giorno per giorno, sforzandomi di seguire l’esempio del Maestro, a cercare di usare quella pazienza amorosa di un padre nei confronti di tante situazioni di fragilità e a volte di infedeltà o di disorientamento: ho cercato – per quanto mi è stato possibile – di accompagnare i figli più gracili e più difficili da custodire e seguire. Chiedo sinceramente perdono per non aver potuto dare e fare di più.Ma in questo giorno solenne mi piace vederci uniti, e mi piace che il popolo santo di Dio ci veda come una famiglia unita, il Presbiterio, che dice quell’unità della missione di Cristo che continua a rendersi presente in mezzo agli uomini e alle donne del nostro tempo.Non si dà essere ed esercizio del sacerdozio ministeriale se non nella comunità del Presbiterio. L’unità che si forma tra noi preti non è dovuta soltanto a vicinanza o ad affinità elettiva: ha una radice sacramentale, poiché l’ordinazione, in noi, non deriva da un mero incarico in termini funzionali: segna profondamente il nostro essere, sul piano del “carattere” e della grazia, per renderci “una cosa sola” in Cristo, unico ed eterno sacerdote.Vi prego! Vi supplico! Non sacrifichiamo il valore dell’unità di questa famiglia! Siamo solleciti nel volerci bene? Nello stimarci vicendevolmente? Nell’apprezzare i doni dei confratelli, senza gelosie o invidie, senza sospetti e maldicenze che riversiamo spesso nei nostri giudizi sugli altri e – ancor peggio – davanti al popolo santo di Dio? Sappiamo aver pazienza con i confratelli? Guardiamo alle fragilità degli altri alla luce delle nostre, per spronarci tutti ad un più deciso impegno per la santità?E’ un esame di coscienza necessario per rendere autentico un gesto che rivivremo tra poco: il comune rinnovo delle promesse sacerdotali.In questo momento vi chiedo – è la stessa Liturgia che ve lo chiede – vi chiedo di non percepirvi da soli. Questo rinnovo ha un alto valore che viene dal fatto che è compiuto “insieme”, quasi appoggiandosi l’uno all’altro, come paradigma di ciò che dovrebbe essere la nostra vita presbiterale e presbiteriale.Torniamo spesso a questo “insieme”, per capire il valore di lavorare in modo concorde e comune per la stessa causa del Vangelo, e per far risplendere il valore luminoso della comunione dinanzi al popolo di Dio.
4. A voi laici, in particolare, desidero affidare la custodia affettuosa e misericordiosa di noi tutti presbiteri. Si! Perché questa nostra santità passa anche dal contributo di tutti voi, popolo santo a cui ci doniamo, passa dal vostro esempio di fedeltà agli impegni della vita e della vocazione battesimale, passa dalla vostra ministerialità nella costruzione del Regno di Dio, passa dalle vostre lotte quotidiane nelle battaglie del mondo. Noi – ve lo assicuro – impariamo da voi!
E alla Vergine Maria, Madre della Chiesa e Madre dei sacerdoti, affidiamo le nostre intenzioni e la nostra vita.