Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Naufragi & naufragi

Non oso immaginare le conseguenze, da parte delle autorità inglesi, se la vedetta della Capitaneria di porto italiana, come accadde a Cutro, fosse tornata in porto a causa delle cattive condizioni del mare, lasciando alla deriva le vittime, o se non avessero compreso l’urgenza dei soccorsi lasciando i cadaveri galleggiare per ore

di Victor Matteucci

L’ultimo dei naufragi in ordine di tempo, avvenuto all’alba del 19 agosto 2024 al largo di Porticello, borgata marinata a pochi chilometri da Palermo, a causa del forte maltempo, è la notizia d’apertura da circa una settimana di giornali e media.  I passeggeri erano 22. Di questi, 15 sono stati tratti in salvo e 6 hanno perso la vita, tra cui il miliardario britannico Mike Lynch e la figlia Hannah.

Lo yacht Bayesian è affondato e, in pochi minuti, il relitto si è inabissato fino a 49 metri di profondità. La notizia, oltre che rammaricarci per la perdita di vite umane, offre un utile spunto per una riflessione sugli incidenti in mare e, in particolare, sulla gestione dei naufragi nel Mediterraneo, ovvero, che non siamo tutti uguali e le vite non hanno lo stesso valore.

La prima riflessione che l’incidente suggerisce è quella relativa alle possibili cause e responsabilità. Un errore umano o limiti progettuali dell’imbarcazione? Come sarà facile intuire, questo interrogativo apre al rischio di indennizzi miliardari da parte delle assicurazioni, a danni di immagini irreparabili per l’azienda, e perfino a responsabilità penali, nel caso fossero accertate procedure inadeguate o errate.

La barca

Il Bayesian era uno yacht a vela e a motore battente bandiera inglese, costruito dalla Perini Navi, considerato tra i più innovativi e costosi sul mercato. Era lungo 56 metri, largo 11,5 metri e con un albero in alluminio di 75 metri, il più alto al mondo su barche di questo tipo. Il mezzo è stato progettato dall’architetto navale Ron Holland e costruito dall’italiana Perini Navi; era stato varato nel 2008 a Viareggio e ristrutturato nel 2020. Lo scafo è  stato realizzato in alluminio, così come la sua sovrastruttura, con sotto lo scafo una chiglia mobile, cioè una struttura che aiuta a dare stabilità alla barca offrendo resistenza all’acqua.

Il capitano, come ogni scafista, è il vero colpevole

Le prime ipotesi della sciagura facevano riferimento al fatto che l’albero maestro fosse di dimensioni talmente eccessive da aver determinato una resistenza al vento. La zona, infatti, nel momento in cui si è verificato il naufragio, era stata colpita da un temporale molto forte, con piogge intense, ma soprattutto raffiche di vento violentissime. I testimoni sul luogo parlano di una possibile tromba d’aria, ipotesi che non si può escludere, anche se sembrerebbe più probabile, secondo gli esperti, un downburst, cioè una fortissima corrente d’aria localizzata che precipita direttamente dalla nube temporalesca e si schianta al suolo a velocità che possono anche sfiorare i 200 km/h. La cosa certa è che la barca si è trovata in un “frullatore” di correnti ascensionali e discensionali a velocità elevatissime.

D’altra parte, ad avvalorare la tesi che, alla base di uno degli ultimi tragici naufragi nel Mediterraneo, vi siano stati errori umani o che lo scafo affondato avesse caratteristiche strutturali inadeguate quando sottoposto a condizioni estreme, c’è che a 100 metri di distanza era presente un’altra nave, la Sir Robert Baden Powell, battente bandiera olandese, che avrebbe per prima soccorso i naufraghi, e che tuttavia non sembra abbia avuto particolari problemi.

Naturalmente, attribuire l’incidente a specifiche caratteristiche strutturali della barca significherebbe che lo scafo non fosse sicuro o che la progettazione non avesse tenuto conto di tutte le circostanze di rischio. I danni all’azienda, come si comprenderà, sarebbero letali, in un comparto del lusso in cui la sicurezza è tra le priorità degli acquirenti.

Dunque, dopo pochi giorni, questa ipotesi di carenze strutturali dell’imbarcazione viene velocemente ridimensionata, facendo emergere, invece, la tesi dell’errore umano, ovvero che la colpa sia dello scafista, in questo caso del capitano.

I primi avvisi di garanzia per il naufragio del Bayesian a Palermo sono attesi a breve. La procura di Termini Imerese valuterà in primo luogo la posizione del comandante James Cutfield.

Giù le mani dall’azienda. Non scherziamo sui soldi

Italian Sea Group  è una società quotata in borsa con un fatturato in crescita, che nel 2023 è stato di 360.258 milioni. La ripartizione geografica del fatturato (costruzione e vendita di yacht) è la seguente: Europa (38%), America (32%) e Asia-Pacifico (30%). Amministratore Delegato: Giovanni Costantino. Soci: 11,4 % Alychlo NV; 30,01 % Flottante ; 53,6 %GC Holding S.p.A; 4,99 % Giorgio Armani S.p.A. (Fonte: Cofisem – Ultimo aggiornamento: 2024-07-22).

L’AD, di Italian Sea Group, Giovanni Costantino, l’azienda che, dunque, ha acquisito e controlla Perini Navi (la società che ha costruito il Bayesian nel 2008), interviene immediatamente per ribadire che: “La barca è un gioiello ed è praticamente inaffondabile, a condizione che non imbarchi acqua” (PalermoToday). E aggiunge che, quella dell’albero maestro spezzato è una bufala che danneggia l’azienda. Punta, invece, il dito sugli errori dell’equipaggio. E ricorda che lo scafo non presenterebbe falle, secondo i video del naufragio. Al contrario, vi sarebbero stati gravi errori: la chiglia mobile o retrattile (o deriva mobile) risulterebbe che fosse stata sollevata, un boccaporto sarebbe stato lasciato aperto con possibile ingresso d’acqua, e la mancata attivazione del sistema di sicurezza che avrebbe dovuto sigillare lo yacht. A ciò avrebbe contribuito il carattere violento e improvviso del probabile fenomeno meteorologico di downburst, che si stava abbattendo con raffiche di vento molto intense su quella zona della Sicilia, non dando il tempo alle persone nel Bayesian di evitare il disastro.

La tragedia di Cutro

Le  3 P, le regole selettive di salvataggio delle vittime

Una seconda riflessione che emerge da questo incidente in mare è che ci sono naugrafi e naufragi, quindi naufraghi e naufraghi. La tragedia di Palermo, con la mobilitazione generale, l’invio di ambasciatori, di robot e di assistenza per le ricerche dei corpi per salvare i sopravvissuti e trovare i dispersi, dovrebbe essere una prassi consolidata: perché coi migranti non accade?

In un interessante articolo di Maurizio Ambrosini sull’Avvenire, si citano tre discriminanti: le tre P (Passaporto, Patrimonio, Professione).

E il giornalista aggiunge: “Purtroppo però queste basilari regole di umanità non valgono per tutti. Colpisce la distanza tra la giusta empatia rivolta ai passeggeri dello yacht e il trattamento politico, mediatico, e si potrebbe dire “antropologico”, riservato ai naufraghi dei viaggi della speranza dalla costa sud del Mediterraneo. Scaricabarile tra governi, incessanti tentativi di addossare l’onere dei soccorsi alle autorità dei Paesi da cui salpano le imbarcazioni (Libia, Tunisia, Egitto, Turchia…), arrivando a ritardi, omissioni, disimpegno delle navi in transito. Monta sempre più l’indifferenza per la sorte delle persone che affrontano il mare per cercare asilo in Europa, e i loro naufragi fanno sempre meno notizia. Macroscopica, poi, l’ingiunzione alle navi delle Ong, quando sono esse a intervenire, di compiere un solo salvataggio e poi di raggiungere porti lontani, come Genova o Ravenna, infliggendo una permanenza di altri giorni in mare a persone già provate e sofferenti. Poco credibili le motivazioni: il presunto sovraccarico dei porti di sbarco non si verifica, perché le persone una volta approdate vengono subito smistate verso i centri di accoglienza, magari anche riportate al sud via terra. E con il calo degli sbarchi vantato dal governo, la dubbia motivazione s’indebolisce ancora di più. La vera ragione è quella di ostacolare i salvataggi, infierendo sui naufraghi, aumentando i costi per le ONG, lasciando maggiormente sguarnito il mare da pattugliare”.

Dunque, “chi possiede il passaporto giusto, oppure un portafoglio ben fornito, oppure una professione richiesta nei luoghi di destinazione (quelle sanitarie sono oggi le più ricercate), gode di diritti di mobilità forse mai così estesi. Gli altri sono consegnati a un radicamento forzato nei luoghi di origine o di transito, quali che siano le ragioni che li sollecitano a muoversi. Ora scopriamo che pure i soccorsi, la compassione e l’accoglienza dei sopravvissuti non sono uguali per tutti. Anche le più elementari regole di umanità sono applicate selettivamente, assurgendo a simbolo di un mondo drammaticamente sperequato”.

Naufragio di lusso

Ascanio Celestini, sul suo profilo Facebook, ci suggerisce anche lui un punto di vista. Titolo: “Naufragio di lusso”.

Celestini fa anch’egli la comparazione tra naufragi VIP e naufragi poveri e, citando il fatto che l’imbarcazione, secondo un docente di ingegneria, non fosse ad una distanza di sicurezza dalla costa” conclude che anche i membri VIP dello yacht, come gli immigrati “se la sarebbero cercata” e, citando le parole del ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, aggiunge: “La disperazione non può mai giustificare condizioni di viaggio che mettono in pericolo la vita dei figli”.

La foto di apertura è di Brunella Patricelli.

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