Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Non basta una vita per capire cosa vuol dire essere donna

Quando si fa il suo nome si pensa subito alle battaglie per l'affermazione dei diritti delle donne, spesso madri lavoratrici, per essere considerate pari agli uomini sul posto di lavoro, come anche quelli che riguardano quante hanno deciso di dedicarsi solo alla famiglia. Per Luciana Castellina, una vita di militanza politica, giornalistica e umana, c'è ancora tanta strada da fare soprattutto da parte degli uomini, il cui mondo continuerà a generare perenni conflitti se non riuscirà a comprendere la profonda identità delle donne

di Gilda Sciortino

Le donne oggi? Non ci sono dubbi che siamo sempre più numerose, spesso raggiungiamo la maggioranza in molti settori, dalla medicina alla magistratura solo per portare qualche esempio ma, se poi vai a vedere, ti accorgi che gli uomini manager hanno figli al 95 per cento, mentre le donne con le stesse posizioni si fermano al 30 per cento. Cosa vuol dire? Che, per conquistare una posizione sul lavoro, noi dobbiamo rinunciare al diritto di procreare. Per Luciana Castellina, politica, giornalista, scrittrice italiana e militante politica, bisogna fare chiarezza su quali sono le battaglie da portare avanti.

La sua stessa vita testimonia la tenacia che necessita per tenere la barra dritta, forti del coraggio che si deve avere sapendo verso dove andare.

Pronunci Luciana Castellina e il suo nome ti rimanda alle battaglie per  la garanzia dei diritti delle donne, la cui identità non può essere in nessun tempo messa in discussione, anche quando si parla di maternità. Battaglie anche per

Che tipo di riflessione va, quindi, fatta?

Vorrei soprattutto che a ragionare su questo siano le femministe. Il femminismo deve fare ancora diversi passi in avanti. Il movimento delle donne oggi sta vivendo un momento molto bello. Non c’è dubbio che in atto c’è un processo rivoluzionario, che si allarga sempre di più e questa è una cosa importante. Io sono un po’ critica rispetto al fatto che si discute troppo poco su come bisogna e si può cambiare la società.

Un cambiamento nel quale le donne scoprono che cosa vuol dire essere donna?

A partire da questo sono sempre stato a favore dei gruppi di autocoscienza, anche se mi sembra scontato dire che, per imparare a capire cosa vuol dire donna, ci vuole il lavoro di tutta una vita. Lo dico a bassa voce, ma sto cominciando ad avere nostalgia dell’Udi. È necessario che anche le donne contribuiscano a svelare quello che chiamo l’imbroglio che introduce il tema del cittadino neutro.

In che senso?

Oggi tutto è dipinto e disegnato sul maschio, facendolo passare per neutro. Siccome bambini neutri non ne nascono, il fatto che tutti i diritti siano a misura degli uomini, senza capire che le donne sono diverse, rivela l’imbroglio, quindi non ci siamo. Non può esistere un cittadino neutro che non comprenda l’identità delle donne. Bisogna affrontare le questioni e rivedere tutto, partendo per esempio dalla Costituzione.

I diritti al primo posto per Luciana Castellina. Una lotta iniziata bel 1969 – lo ricorda e sottolineata Prof. Armando Plaia, direttore del Dipartimento di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Palermo, nella motivazione del titolo di Dottore di ricerca honoris causa in “Diritti umani. evoluzione, tutela e limiti” conferitole lo scorso dicembre dall’Ateneo palermitano – quando “per non averne seguito l’ortodossia, viene espulsa dal Partito Comunista, il cui apparato avallò la repressione sovietica della Primavera di Praga, volta alla costruzione di un socialismo dal volto umano in cui trovasse spazio il pluralismo politico e sociale.

Allo stesso tempo, Luciana Castellina si impegna attivamente nell’UDI (Unione donne italiane), di cui diviene presidente: sostiene il diritto alla pensione per le casalinghe, nella prospettiva del riconoscimento dell’importanza del lavoro di cura e riproduttivo; e il cambiamento della funzione dell’asilo nido, inteso non come semplice sollievo per le madri lavoratrici, ma anche come strumento di socializzazione della crescita.

Una lectio magistralis, quella che ha offerto ai presenti, che parte da una memoria personale, un ricordo che non solo l’ha molto segnata, ma che ha molto a che vedere con quanto ci lacera tutti: Gaza.

Era da poco terminata con il cessate il fuoco, concordato, la guerra dei sei giorni fra Israele e i paesi arabi. Volgeva il 1967 e fui inviata dalla rivista del Pci, Rinascita, ad Amman per seguire il primo fra i tanti convegni (inutili) sul futuro di Gerusalemme.

È stata la scoperta di qualcosa che andava oltre ogni immaginazione….

Al-Fatah era appena sorta come movimento di guerriglia. Due ragazzi palestinesi chiesero a me e a una giornalista inglese che seguiva il convegno come me se volevamo vedere un campo di profughi palestinese. Dissi subito di si, con l’incoscienza di chi non sa bene a cosa andasse incontro. Sapevo pochissimo di quella situazione. Ricordo l’emozione fortissima, congelata anche visivamente da una fotografia fatta nel campo, che ho attaccata alla parete di casa. Ci chiesero, poi, se volevamo vedere un altro campo più vicino alla frontiera con Israele e accettammo anche in quel caso. 

Appena siamo arrivate, nel cielo vediamo fiondarsi una squadriglia di aerei israeliani che cominciano a bombardare. Ci gridano di buttarci per terra sotto le macchine  e non ce lo facciamo dire due volte. Per un quarto d’ora fu il delirio. Poi corremmo in ospedale per vedere cos’era successo e cominciamo ad assistere all’arrivo di ferito e morti da ogni parte. Davanti all’ospedale c’era un giovane medico palestinese che teneva in braccio una bambina di 3 anni, anche lei deceduta. Si gira e me la mette tra le braccia. In quel momento ho capito cos’era la questione palestinese. Un inizio molto traumatico ma illuminante che ha segnato la mia vita. Allora eravamo in poche le giornaliste, ma fortunatamente siamo aumentate.

Di pace, Luciana Castellina, ha parlato nuovamente a Palermo ricordando Pio La Torre in occasione delle celebrazioni del 42° anniversario della sua uccisione

Pio La Torre l’ho frequentato molto a lungo e attorno alla questione del pacifismo legato a Cosimo e dico che è stato bravissimo perché ha capito bene che bisognava accogliere e dare spazio e significato a una presenza europea. Per me che allora ero responsabile del coordinamento del “Movimento pacifista europeo”, è stato importante perché mi ha aiutato a dare visibilità all’elemento straniero, portando qui non solo pacifisti, ma anche rappresentanti politici importanti della socialdemocrazia europea che in quel momento era di sinistra. Erano gli anni in cui un po’ dappertutto in Inghilterra,  Svezia, Germania e Austria c’erano leadership di sinistra che quindi ha dato grande apporto, cosa che da noi non c’era. Da noi aveva inizio il governo Craxi ,quindi la presenza straniera è stata particolarmente importante per una collaborazione che  ci ha dato tanto. Ho dei ricordi molto belli di quel momento storico.

Palermo il luogo da cui partire per…..?

Per cominciare a lavorare sulla carta delle responsabilità e non dei diritti. Necessita un cambio di passo.

Possiamo puntare sui giovani? Quale futuro ci aiutano a delineare?

Difficile dirlo. Io sono di natura ottimista. Dicono che ci sia una nuovissima generazione che si dice spoliticizzata. Io credo che non sia vero; penso, invece, che i nostri giovani vogliano e possano cambiare le cose.

Lei ha affermato che è il momento di fare la rivoluzione. Cosa vuol dire?

Si tratta di un lungo processo, ma bisogna cominciare. Vuol dire pensare, programmare e attuare nuove forme di democrazia diretta. Molto semplice.




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