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Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Non si può accettare la violenza!

La morte del giovane Willy Monteiro Duarte è un assurdo dei nostri tempi che avrà un senso solo se da questa trarremo un insegnamento: violenza e prevaricazione non sono mai accettabili, Mai!

di CNDDU

Il Coordinamento Nazionale Docenti della disciplina dei Diritti Umani esprime profondo dolore per la morte del giovane Willy Monteiro Duarte, il ragazzo di Colleferro, provincia di Roma, pestato brutalmente fino alla morte da un branco feroce di cinque giovani.

Willy, il ventunenne aiuto cuoco originario di Capoverde con la passione del calcio, è stato oggetto di una aggressione violenta e brutale che l’ha trascinato alla morte. La sua unica colpa è stata quella di difendere un amico coinvolto in una rissa. Un nobile gesto da parte di un ragazzo pulito che la pace l’aveva disegnata sulla faccia, che i feroci teppisti non hanno gradito e hanno visto come un’offesa da riparare. E così in quattro – forse in cinque, le indagini parlano di un quinto ragazzo – si sono scagliati sull’esile corpo di Willy e, a turno, l’hanno massacrato con calci e pugni fino a farlo agonizzare, fino ad ucciderlo per poi lasciarlo per strada e continuare la movida. Colleferro è piombata nel dolore insieme a tutta l’Italia. Nessuno si capacita di un gesto così bestiale e ingiustificato. I giornali hanno scritto di tutto in queste ore, e hanno consegnato al Paese tante notizie per permettere a un popolo sgomento di capire quanto possa essere marcata la miseria umana che trasforma un giovane in un mostro e che lo porta ad uccidere senza pietà.

I quattro ragazzi arrestati per omicidio pare che fossero molto conosciuti in zona dove seminavano terrore con spedizioni punitive e violenza gratuita ed erano già noti anche alle forze dell’ordine. Adoratori di Mixed Martial Art (MMA) una mescolanza di boxe e arti marziali, delle armi, del Padrino, di Gomorra, della bella vita e coinvolti troppe volte in risse e scontri, svolgevano certamente una vita lontana anni luce da quella di Willy, che lavorava sodo per aiutare la sua famiglia, ma non smetteva di sognare in grande, perché sperava che la sua passione per il calcio potesse portarlo a indossare la maglia giallorossa di quella Roma che amava smisuratamente. Willy era la mela sana alla quale non basta il coraggio per trasformare e redimere quelle marce. Lui ci ha provato però, e ha dimostrato che essere uomini significa chiedere la pace anche quando sei esile e di fronte a te ci sono cinque montagne di muscoli votate alla violenza. Del resto, occorre la forza bruta per chiedere la fine dei dissidi? Avrà pensato questo, forse, il povero Willy.

Ma il giovane aiuto cuoco nulla ha potuto contro la legge bruta del più forte, quella che prevarica, minaccia, offende e non sente ragioni e non sente il cuore. E non sente neppure la legge di quello sport che t’insegna a tirare calci e pugni, ma in un ring, in palestra, non per strada per far male. Bastavano anche meno colpi allo stomaco e alla testa per ucciderlo, ma la ferocia dei cinque criminali ha scelto il rituale macabro del peggior massacro, quello che ti trascina all’agonia lenta prima della fine. La fine è giunta in mezz’ora, dopo tanti, troppi calci allo stomaco e pugni alla testa. Qualcuno ha scritto che la vittima è morta perché si trovava al posto sbagliato e al momento sbagliato. Willy è morto perché voleva portare la pace e la pace non può avere il luogo preciso e il momento adatto. In quel posto e in quel momento il suo amico veniva pestato da un branco feroce, e lui non si è voltato dall’altra parte, ma ha pagato il prezzo che spesso pagano i giusti.

Il CNDDU è vicino alla famiglia Monteiro Duarte che abbraccia con affetto, sostiene e le cammina accanto nella richiesta di giustizia perché non debba passare il messaggio secondo il quale compiendo il proprio dovere ci si consegna alla morte. È incettabile la morte per altruismo, la morte di chi sta facendo il bene di sé stesso, del prossimo e dell’intera comunità. Pertanto chiediamo a piena voce che venga fatta giustizia. Noi continueremo nella nostra opera di formazione, continueremo a credere che dobbiamo prenderci le responsabilità dei figli e dei cittadini che consegniamo alla vita. In questa brutta storia dobbiamo trovare anche la forza di trarre insegnamento da un giovane che ha provato a migliorare questo mondo, ma era solo una voce divorata dalle urla. Non fermiamo questa voce giusta. Non lasciamo che le urla della prepotenza mettano a tacere per sempre altri Willy!
Prof.ssa Rosa Manco, CNDDU

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