Sono diventate, ormai, il suo chiodo fisso, ancora prima di essere il cavallo di battaglia della sua campagna elettorale. Eppure, a poche settimane dal suo mandato, Rosario Crocetta, neo presidente alla Regione, i ‘caposaldi’ della sua vita politica li sta applicando in pieno
di Giulia Noera
Ci sono due parole ricorrenti quando ascolti parlare il nuovo Presidente della Regione Siciliana e sono ‘rivoluzione’ e ‘inciucio’. Probabilmente nella sua testa ricorrono come un mantra: nel primo caso è quello che vuole fare (e già sta facendo a detta di tutti, sostenitori e detrattori); nel secondo, è quello da cui rifugge. Ma la vera ‘rivoluzione’, in realtà, è stata la sua vittoria in una Sicilia che ha votato per un Presidente comunista, cattolico ed omosessuale. E chi se lo aspettava? Eppure in questo primo mese di mandato, Rosario Crocetta oltre che Presidente, è stato piuttosto incoronato ‘re’ anche da molti che non lo hanno votato, scettici sopratutto nei confronti di una coalizione che ‘non sapeva tanto di sinistra’.
Ma già da subito, con i primi provvedimenti, ha aggiunto consensi al personale bottino elettorale, riuscendo quasi a divenire in pochissimo tempo ‘l’uomo che in Sicilia cambierà le cose’. Lo si è visto nelle tantissime uscite pubbliche di cui si è incaricato Crocetta in questo inizio di mandato. Ricordo, ad esempio, un pomeriggio in cui il segretario del Pd Bersani in procinto di primarie, ha tenuto a Palermo il suo comizio elettorale e, la folla intervenuta, ha nettamente privilegiato le parole del Presidente rivoluzionario piuttosto che quelle del segretario del partito: roba da applausometro! Per non parlare della folla che spesso lo attende sotto il Palazzo e che lui, puntualmente, riceve senza nemmeno intermediari. Anche in questo, un ribaltone di modi. Ma vediamo da dove arriva l’uomo della ‘rivoluzione’.
Nato a Gela, in provincia di Caltanissetta, l’8 febbraio 1951, Rosario Crocetta ha mosso i primi passi in politica tra le fila del Partito Comunista Italiano prima, e di Rifondazione Comunista poi. Proprio sotto la bandiera di Rifondazione, diventa assessore alla cultura del Comune di Gela dal 1996 al 1998. Scaduto quel mandato aderisce ai Comunisti Italiani con cui, nel 2002, si candida a sindaco del paese nisseno. Sconfitto per poco meno di 200 voti dal candidato dell’Ulivo, Crocetta fa ricorso, e nel 2003, a seguito del riconteggio, viene eletto primo cittadino di Gela con un vantaggio di 307 voti sul suo avversario. Primo sindaco ad ammettere apertamente la propria omosessualità, Crocetta diventa una vera “bandiera” dell’antimafia, facendosi promotore di iniziative come lo svolgimento delle gare d’appalto pubbliche alla presenza dei carabinieri, ed il licenziamento di impiegati comunali vicini alla mafia. Cosa che certamente non è mai piaciuta a chi, della mafia locale, aveva fatto il suo interlocutore preferenziale. Ma proprio per questo, i suoi concittadini lo premiano e alla scadenza del suo primo mandato, nel 2007, viene riconfermato sulla poltrona di primo cittadino con il 64,8% dei consensi. Nel 2008 aderisce al Partito Democratico, candidandosi un anno più tardi alle elezioni europee, e venendo eletto con 150.091 preferenze. Lasciato l’incarico di primo cittadino di Gela, in ragione dell’elezione al Parlamento Europeo, 18 aprile 2012 viene nominato vicepresidente della Commissione speciale antimafia (Crim) dell’Unione europea.
Il suo impegno attivo contro la criminalità organizzata lo ha reso bersaglio di un agguato da parte della Stidda. Secondo i piani della malavita, Crocetta avrebbe dovuto essere ucciso durante la processione dell’Immacolata, l’8 dicembre del 2003. L’attentato fallì, ma da allora Crocetta vive sotto scorta. Tutela che viene raddoppiata qualche anno dopo: infatti nel gennaio del 2010 la Direzione Distrettuale Antimafia sventa un piano di Cosa Nostra per uccidere Rosario Crocetta, ed arresta 5 affiliati al clan mafioso Emmanuello di Gela. Eppure c’è stato chi ha insinuato sui suoi rapporti con la mafia. A queste parole l’uomo Rosario salta in aria e poi, risponde serafico: “ Siamo alla fiction: ci sono dei diffamatori che non riusciranno a sfregiare un governo nato nel segno dell’antimafia, impegnato contro sprechi e privilegi. Una cosa che da sempre fa paura. E, come diceva Paolo Borsellino, quando si vuole eliminare qualcuno prima lo si denigra e poi lo si ammazza”.