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PD Sicilia, si dimette Antonio Ferrante

Dimissioni inattese in casa PD. Il Partito Democratico perde un tassello importantissimo dell'organigramma in Sicilia: Antonio Ferrante, non senza amarezza, come traspare nella lettera di dimissioni indirizzata ai vertici regionali e al segretario Barbagallo, lascia il partito dopo anni di militanza. "Ciò che oggi riscontro, però, è un partito ormai ombra di sé stesso, lacerato dalle divisioni interne", è quanto di legge tra le righe. Riceviamo e pubblichiamo integralmente la lettera di Ferrante.

di Redazione

Lettera integrale di Antonio Ferrante

Carissime e carissimi,
Con immenso rammarico vi comunico le mie irrevocabili dimissioni dalla presidenza della direzione del PD Sicilia, nonché da tutti gli altri organismi di cui sono parte.

L’attuale situazione nella quale versa il partito, nonché l’atteggiamento che certa parte della dirigenza ha mostrato nei miei confronti, mi costringe ad una decisione difficile e umanamente dolorosa ma necessaria.

In questi anni, ormai più di dieci, ho dato il mio modesto contributo, girando in lungo e in largo la Sicilia, affinché ogni circolo, ogni singolo iscritto e militante sentisse la vicinanza del partito nelle piccole e grandi battaglie quotidiane, portando nelle sedi del nostro partito le tante istanze e proposte che provenivano dai territori, oltre ogni divisione di area e corrente.

Ho provato a portare avanti quelle riforme frutto del confronto quotidiano con tante e tanti operatori e cittadini, ultime in ordine temporale il ddl sullo psicologo di base, il cui esito positivo è stato motivo di vanto per tutta la deputazione regionale, e quello sullo psicologo scolastico, ancora fermo in commissione nonostante il nostro partito sia rappresentato con due deputate.

Il ruolo di Presidente della direzione PD Sicilia

Come presidente della direzione, che, ricordo, è stata convocata più volte negli ultimi quattro anni che nei dieci precedenti, ho fatto del mio meglio per garantire che ogni componente avesse gli stessi diritti e tempi rispetto agli eletti, a differenza delle passate stagioni in cui le regole valevano solo per alcuni e non per altri, e dove c’era chi parlava senza limiti e chi, invece, aveva qualche minuto se il tempo lo permetteva.

Tutto questo l’ho fatto da semplice dirigente, investendo il mio tempo e le mie risorse nella convinzione che chi ha di più debba impegnarsi per chi ha di meno, ed ho scelto il PD perché convinto che fosse l’unico partito degno di questo nome, tanto nella sua struttura quanto nei suoi valori.

Ciò che oggi riscontro, però, è un partito ormai ombra di sé stesso, lacerato dalle divisioni interne e proiettato già, elmetti in testa, verso un congresso che sin dalle prime battute appare come una guerra fratricida, prima che un confronto democratico per scegliere la classe dirigente, uno scontro all’ultimo sangue più feroce di quello con le destre, che dovrebbero essere le nostre vere avversarie e alle quali, governo Schifani in primis, dedichiamo critiche con tanto di guanti di velluto. Oggi più che mai, con i peggiori governi della storia, tanto in Sicilia quanto nel Paese, occorrerebbe unità e condivisione, qualità che difettano nel nostro partito perché soffocate dai personalismi e dalle logiche di schieramento interno.

In questo quadro i dirigenti non eletti e gli organismi territoriali appaiono sempre di più foglie di fico in continuo assottigliamento, basta verificare quanti circoli ancora esistono oltre qualche chat, quanti componenti delle varie assemblee e direzioni ancora partecipano o addirittura risultano iscritti. Un quadro desolante puntualmente coperto dietro l’opportunistica frase “ripartiamo dai circoli e dai territori”.

La verità, che ci piaccia o no, è che nel’ odierno Pd contano solo gli eletti con intorno una bella scenografia di circoli e dirigenti buoni per organizzare palchi e poco altro, e  anche chi, sui territori, prova a rilanciare una autentica azione politica deve capitolare sotto il peso delle sue contraddizioni, dai grandi temi come la questione palestinese o la guerra in Ucraina, fino ad arrivare alle problematiche locali, dall’energia alla gestione dei rifiuti nelle città.

Questo siamo, un partito di solisti eletti che fanno squadra per ragioni di posizionamento interno, capaci di scoraggiare i tanti che, fuori da palazzi e correnti, provano ad organizzare eventi per dare voce a chi non ne ha. Perché ciò che conta è un palco alle feste dell’Unità, anche se spesso sono i più i relatori che gli spettatori, la cui media anagrafica dovrebbe terrorizzare e costringere ai mea culpa i dirigenti di qualsiasi partito, figuriamoci della prima forza riformista del Paese.

Ed è proprio su questo punto, sul valore delle nostre e dei nostri giovani, che non posso più soprassedere, perché ho trovato inaccettabile l’indifferenza, se non addirittura il boicottaggio, di quella che nelle intenzioni doveva essere la prima summer school del Pd Sicilia, un evento che avrebbe segnato una certezza oltre ogni classe dirigente e lanciato il messaggio che il partito vuole che i propri giovani sognino da leader prima che aspirare a fare i portaborse. Se poi si arriva addirittura ad organizzare in contemporanea una festa dell’Unità nella stessa provincia appare chiaro l’obiettivo di far passare in secondo piano un’iniziativa fondamentale in nome delle scaramucce precongressuali che non risparmiano neanche le nostre e i nostri ragazzi, come sempre vittime finali dei nostri errori.

Come molti di voi sapranno, negli ultimi tempi mi sono dedicato quasi esclusivamente alle nostre e ai nostri giovani, sono stato accanto a loro nei meravigliosi congressi che hanno organizzato e ho visto la delusione nei loro occhi quando, con un colpo di spugna, il loro impegno è stato sacrificato in nome dei soliti equilibri interni.

In quest’ultimo caso, permettetemi, con un’aggravante: mai ho visto usare tale formale solerzia verso quegli eletti puntualmente inadempienti verso il partito che ha loro permesso di occupare posti di potere nelle istituzioni, il tutto a conferma che nel Pd le regole valgono per alcuni e non per tutti. Ancora una volta con un unico risultato: privare la nostra giovanile di una classe dirigente, tanto a livello nazionale quanto regionale, salvo poi citare “i giovani” ad ogni comizio e usarli come addobbi viventi sui tavoli dei vari convegni.

In questo quadro, per me, è impossibile continuare a dare il massimo come ho fatto in questi anni, impiegando tempo e risorse, con la consapevolezza che l’impegno dei tanti semplici dirigenti come me non potrà mai cambiare una mentalità da continuo “si salvi chi può”, una perenne lotta intestina per accaparrarsi gli ultimi vestiti in saldo prima che il negozio chiuda per fallimento.

Voglio infine ringraziare le tante ed i tanti amici e compagni di viaggio che, in questi anni, mi hanno onorato con la loro stima ed il loro affetto e che porterò sempre con me, perché il vostro calore umano e politico resta il premio più importante a conclusione di un lungo percorso da semplice dirigente.
Un caro abbraccio a tutte e tutti voi.
Palermo.26.09.2024 Antonio Ferrante

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