Il True Crime è un genere narrativo basato su storie vere di crimini, che in questo periodo assistiamo coinvolgere sempre maggior interesse. Un esempio è il racconto quasi horror nella serie tv Netflix “Monster: The Jeffrey Dahmer Story“, un vero e proprio successo mediatico reso noto in tutto il mondo.
La vicenda di un ragazzo, serial killer statunitense, che commise atti di cannibalismo e violenza negli anni ’80-’90. Altro successo da parte di Netflix, che su questo genere possiamo riconoscere come una garanzia, è la storia di un caso di omocidio di una ragazza, uno tra i più chiacchierati d’Italia, e i suoi misteri, “Il Caso Yara: Oltre ogni ragionevole dubbio”.
Sicuramente storie che hanno segnato la cronaca nera italiana e la vita di molte persone, che appassionate al caso hanno seguito la vicenda con speranza davanti alla televisione. Ma com’è possibile che tutt’oggi, casi di omicidi famosi o figure di serial killer, siano personaggi noti in tutto il mondo grazie a docuserie che ne raccontano i particolari?
Massimo Bossetti, intervistato da Netflix, racconta la sua verità: è innocente ed è stato incastrato. Le sue lacrime lo mostrano vulnerabile agli occhi dello spettatore, che, seguendo la storia e gli errori della procura, si chiede: ‘È innocente o colpevole oltre ogni ragionevole dubbio?’. Da qui, nasce l’empatia verso questa persona, tramite la storia della conoscenza del vero padre durante le analisi del suo DNA, o dalla scoperta dei tradimenti dell’amata moglie durante tutto il processo.
Insomma, una parte di noi ci fa credere che in fondo non è un mostro, è una persona come le altre, e davvero non potrebbe ricevere così una revisione del caso per la sua condanna?
La vita vera nella quale immedesimarsi
Rispetto ad un giallo o un thriller, il fatto che queste siano basate su storie vere, incuriosisce di più lo spettatore, che cerca di immedesimarsi in figure quali i genitori disperati delle vittime, l’assassino stesso che in preda alle sue debolezze commette certi crimini o nella figura delle autorità che davanti ai vicoli ciechi cercano sempre di dare speranza ai familiari in preda al panico. Oltre al suscitare curiosità, la suspense del genere True Crime sta alla base di questo interesse sempre più in crescita per questo genere. Il fatto che non sapendo magari a cosa realmente sia andata in contro la vittima, o di quanto la brutalità dell’uomo possa arrivare, veniamo incuriositi dal come finiscano certe storie. Inoltre, abbiamo timore di rivederci in certe
situazioni, come di estrema gelosia da parte del compagno, o di esclusione da parte degli amici. Perché alla fine quello che viene raccontato in questi episodi di serie tv, sono in realtà episodi di vita reale e tutti noi possiamo rivederci in certe situazioni, in certe abitudini o mancanze. Quindi, il seguire queste storie e l’informarsi non fa altro che far nascere in noi un’idea, che porta poi al confronto con gli altri. Magari al bar tra amici ci si chiederà “Hai sentito della storia di Yara?”.
Dalla realtà al gossip il passo è breve
Il contro di tutto ciò può essere che lo spavento e la sfiducia verso gli altri, accresca sempre di più, diventando quasi consapevolezza, che nel mondo esistano persone che arrivano a tanto. Altra nota negativa è come il focus di questi episodi passi dalla violenza verso la vittima, al gossip che ruota attorno ai protagonisti di queste vicende. Dagli audio whatsapp, alle foto inviate al telefono, alle testimonianze nei salotti televisivi. Tuttavia, è importante ricordare che dietro ogni storia, ogni crimine, ci sono vittime reali, persone che hanno subito delle perdite. Mentre ci lasciamo coinvolgere da queste narrazioni, dobbiamo chiederci quale ruolo vogliamo giocare: quello del semplice spettatore affascinato dalla suspense, o quello di individui consapevoli, disposti a capire le domande profonde che queste storie sollevano. In fondo, il True Crime non è solo una finestra sulla violenza, ma anche un’opportunità per riflettere su noi stessi e sulla società in cui viviamo.
Quando la violenza narrata fa scattare la solidarietà femminile
“Per Elisa: il caso Claps” è una miniserie televisiva che ricostruisce la storia di Elisa Claps. Molto spesso troviamo al centro le vittime, spesso donne, che in preda a uomini violenti perdono la vita. Ciò richiama una solidarietà femminile da parte di tutte le spettatrici che scendono anche in piazza per manifestare contro questa violenza di genere e questa sessualizzazione del corpo femminile da parte degli uomini. Questo tipo di serie tv che narra delle vite stroncate di giovani donne per via di queste atrocità, però, non suscitano rabbia solo al genere femminile, ma scaturiscono anche nel pubblico maschile una sensibilizzazione. Per questo il rendere serie tv una vicenda di violenza sulle donne è importante, come messaggio che va condiviso, che le donne possano essere comprese in situazioni di violenza.