di Fabio Vento
Quale che sarà il pronunciamento dei tribunali, cadono le architravi del piccolo mito di un “eroe”
C’è qualcosa, nella vicenda di Pino Maniaci, che – indipendentemente dagli inchiostri che attentano alla fedina penale – segna un punto di non ritorno. Intendiamoci, non è la prima icona dell’antimafia che vacilla al vento ostile di sconvenienti rivelazioni. In questo caso, però, indignazione e sconcerto non si contengono, soffiano anzi violenti sui “social” e sulle colonne giornalistiche. Per capire perché, può essere utile riflettere sulle peculiarità del Maniaci fenomeno mediatico. E soffermarsi su un paio di punti.
Il primo è indiscutibilmente “sociale”. Con tutti i limiti del caso, Telejato ha riportato nel panorama informativo locale il giornalismo di impegno civile. Quello che “marca stretto” il territorio e ne denuncia complicità e connivenze. Il coraggio – innegabile – delle tante inchieste ha pesato molto più delle “belle parole” dell’antimafia istituzionale, molto più dell’inerte giornalismo di opinione. Nella retorica, non del tutto infondata, di un sistema istituzionale e informativo sempre più “integrato” e sempre più lontano dai bisogni del cittadino, quella piccola televisione ha rappresentato una voce indipendente.
Il secondo punto ha più a che fare con la figura personale di Pino Maniaci. Né giovane né bello, ha però un fascino indefinibile legato al temperamento irruente. Chi è nato in Sicilia non può non aver trovato qualcosa di sè in quella sua carnalità, in quel suo inesausto nervosismo, in quell’immediatezza di modi e parole. “Uno di noi”, insomma, ma con una peculiare sfumatura. Quella sorta di vergine idealità, di donchisciottesca ingenuità che lo ha portato a sfidare a viso aperto potenti e potentati. La persona perfetta a cui intestare – in un rapporto quasi personale di fiducia – il proprio “ribollire”, le proprie inespresse speranze di riscatto. E su cui trasferire inevitabilmente, tra un “Mi piace” e un “forza Pino”, il peso di tante sfide che la paura trattiene dal far proprie.
Indipendenza e sfrontata ingenuità: sono stati questi gli assi del mito personale di Pino Maniaci. Di un “eroe” (la parola, in questo caso, non suona arcaica) stoico ma popolare, profondamente umano. E il punto di non ritorno sta proprio nel crollo fragoroso di queste due architravi. Se l’indipendenza si scioglie nel mosaico dei rapporti clientelari di un piccolo paese della provincia siciliana; se l’ingenuità cede il passo a una gestione consapevolissima e per lo meno spregiudicata della propria immagine, allora – quale che sarà il verdetto della corte – difficilmente ci sarà ancora una Telejato con Maniaci direttore.