In questi giorni il caso degli ammalati del presidio ospedaliero di Nola, costretti a terra su improvvisati giacigli per mancanza di lettini e barelle al pronto soccorso, ha sollevato diverse reazioni
di Mario Guglielmino*
Rispetto ad altri casi di malasanità l’opinione pubblica non si è schierata nel solito coro di contumelie verso gli operatori, ripresi nell’atto di dare assistenza a pazienti sdraiati su coperte sistemate sul pavimento. In questo caso è più che mai evidente che le risorse palesemente inadeguate e insufficienti sono state la prima causa del disservizio, contestualmente alla situazione di emergenza maltempo. In generale e a ben vedere, molti casi di malasanità sarebbero riconducibili allo stress gestionale e alle carenze logistiche e organizzative, che in vari modi si riflettono sul comportamento e la performance degli operatori sanitari. Sull’onda del fatto accaduto, le ispezioni e le verifiche stanno interessando in questi giorni anche gli ospedali siciliani. In Sicilia, regione sottoposta agli obblighi del cosiddetto piano di rientro economico – finanziario, la politica dei tagli lineari, della riduzione dei posti letto, con il tentativo di attivare un’assistenza articolata sul territorio e a domicilio, nei fatti non ha portato i buoni risultati sperati. Alla fase dei risparmi non è seguita la costruzione di un adeguato processo di assistenza diffusa a livello territoriale. In definitiva il diritto alla salute è garantito soltanto a prezzo di notevoli disagi e difficolt. Il personale sanitario e ausiliario, a causa del turn- over bloccato, non ha spesso i requisiti per sostenere un lavoro che richiede l’impegno di energie psicofisiche non indifferenti. I concorsi e le assunzioni sono in balìa di dinamiche partitico-clientelari.
Paradossalmente l’apparato amministrativo delle aziende sanitarie viene rimpinguato con l’assegnazione e la stabilizzazione di personale ex precario anche proveniente da altre amministrazioni, al cospetto di una preoccupante carenza sul versante clinico e assistenziale. La crisi finanziaria degli enti locali ha portato a una minore disponibilità delle risorse. E’ sempre più difficile tenere e mantenere in buono stato le nostre strutture sanitarie. Ben vengano i poli di eccellenza, ma non bisognerebbe dimenticare il lavoro ordinario, meno eclatante ma ugualmente importante e necessario per gran parte della popolazione, degli altri luoghi di cura e di salute, sia a livello di acuzie che di prevenzione o di riabilitazione. Si nota, a causa dei pur necessari filtri e controlli di spesa, che le forniture e i servizi di assistenza vanno molto a rilento, esasperando le attese di necessaria manutenzione di tutti i tipi di macchinari elettromedicali, impianti e strutture. Alcune semplici riforme gestionali organizzative potrebbero poi in breve tempo indurre un forte risparmio: la digitalizzazione delle comunicazioni, delle prescrizioni e della cartella /documentazione clinica, l’ottimizzazione dell’uso della tessera sanitaria dei pazienti.
Ancora una volta, nonostante tutto, è il cuore e la volontà del personale sanitario a tirare avanti la barca.
*Voci attive