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Prima e dopo il linfoma: la prevenzione e il follow-up

È possibile la prevenzione per il linfoma? Molto difficile e ci spiega il perchè in questo articolo la dr.ssa Maura Nicolosi, ematologa, socia della Fondazione Italiana Linfomi.

di Fondazione Italiana Linfomi

Molto spesso ci si chiede se e come sia possibile “prevenire” e quindi evitare o ridurre l’insorgenza di un linfoma.
Il termine “prevenzione” indica l’insieme delle azioni che hanno lo scopo di ridurre lo sviluppo di una patologia e/o gli effetti che questa determina, compresa la mortalità. Esistono diverse forme di prevenzione e quella classica, detta “primaria”, è focalizzata su comportamenti in grado di evitare o ridurre l’insorgenza e lo sviluppo della malattia stessa. 

Nessuna prevenzione per il linfoma?

La maggior parte delle attività sono quindi volte a ridurre i fattori di rischio da cui potrebbe scaturire un aumento del numero dei casi della patologia. Contrariamente ad alcune malattie oncologiche come, ad esempio, il tumore del polmone, per il quale è riconosciuto il fumo come causa indiscussa, purtroppo le cause del linfoma non sono ancora del tutto chiare e quindi il concetto di prevenzione, in termini di riduzione dei fattori causali, risulta poco definito. Tuttavia, sono stati identificati alcuni aspetti che sembrerebbero aumentare il rischio, tra cui fattori modificabili come l’esposizione a radiazioni ionizzanti e a sostanze chimiche come insetticidi e benzene. 

I fattori di rischio clinici

Esistono dei fattori di rischio clinici, tra cui lo stato di immunodepressione (per esempio l’infezione da HIV), infezioni virali croniche (epatite C, infezione da virus di Epstein-Barr, responsabile della mononucleosi), infezioni batteriche come quella da Helicobacter Pylori, (prima causa di linfoma primitivo dello stomaco) o Chlamydia psittaci (associata a linfomi degli annessi oculari), altri processi infiammatori cronici o malattie autoimmuni.
Tra le cause che possono favorire l’insorgenza dei linfomi vanno considerate anche le terapie immunosoppressive a lungo termine, come quelle che si somministrano dopo trapianto di organo solido (cuore, polmone ecc.).

Fattori di rischio non modificabili

Esistono, infine, dei fattori di rischio, detti non modificabili, che sono rappresentati dall’età, dalla razza e dal sesso che possiedono un rischio correlato allo sviluppo della malattia diverso in base al tipo di linfoma, ad esempio il linfoma non Hodgkin è più comune tra gli adulti, in particolare dopo i 65 anni e colpisce maggiormente gli uomini a differenza del linfoma di Hodgkin che colpisce spesso anche i giovani.
La prevenzione “secondaria” ha come obiettivo l’individuazione precoce dei soggetti malati o ad alto rischio, permettendo così di intervenire precocemente sulla malattia. 

Difficile la diagnosi precoce

A differenza di altre malattie come il tumore della mammella, i tumori intestinali o del collo dell’utero per cui esistono dei test di screening ben definiti, per il linfoma non esiste un test di screening per la diagnosi precoce.
È, però, possibile, che nel corso delle normali analisi di routine siano identificate alcune condizioni che, seppure inizialmente non richiedano trattamenti specifici, potrebbero evolvere nel corso del tempo. In questi casi sarà il Medico di famiglia a valutare l’opportunità di una valutazione specialistica onco-ematologica o a dare indicazione per eventuali esami di approfondimento o per un monitoraggio attento.

La prevenzione “terziaria”

Un altro concetto importante riguarda la prevenzione in termini di riduzione delle complicanze e delle probabilità di recidiva della malattia stessa. In questo caso si parla di prevenzione “terziaria” e un ruolo fondamentale è svolto dal follow-up, ossia dai controlli clinici e strumentali periodici che vengono programmati dopo il completamento delle cure.

Il percorso di follow-up

A seconda del tipo di linfoma, della terapia eseguita e della risposta ottenuta e delle caratteristiche proprie del paziente viene programmato un percorso di follow-up con tempistiche e modalità diverse.
Generalmente, il follow-up prevede visite mediche programmate, esecuzione di esami ematici ed esami radiologici come l’ecocardiogramma, la TC e/o la PET.
Le visite di controllo sono generalmente più frequenti nei primi 2 anni dopo il termine della terapia e diventano meno frequenti con il passare degli anni.
Dopo il quinto anno, generalmente, le visite di controllo e gli esami, vengono eseguiti annualmente soprattutto per valutare la comparsa di eventi collaterali tardivi collegati alle terapie effettuate.
Dr.ssa Maura Nicolosi – Ematologa
Socia della Fondazione Italiana Linfomi

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