La querela di falso è uno strumento processuale civilistico che consente di contestare, in sede civile, l’autenticità di un documento, richiedendo che venga accertata al contempo la sua falsità.
Disciplinata dagli articoli 221 e seguenti del codice di procedura civile, la querela di falso si può proporre sia in via incidentale sia in via principale instaurando un autonomo procedimento per far dichiarare la non autenticità del documento.
Quando è proposta in corso di causa il giudice deve innanzitutto sentire la parte che ha prodotto il documento per chiedere se intende utilizzarla in giudizio. In caso di risposta negativa il documento non è utilizzabile in causa; diversamente il giudice apre il giudizio sull’autenticità e dispone i mezzi istruttori necessari ad accertare la falsità.
Il procedimento per querela di falso ha il fine di privare “un atto pubblico (od una scrittura privata riconosciuta) della sua intrinseca idoneità a ‘far fede’, a servire, cioè, come prova di atti o di rapporti, mirando così, attraverso la relativa declaratoria, a conseguire il risultato di provocare la completa rimozione del valore del documento, eliminandone, oltre all’efficacia sua propria, qualsiasi ulteriore effetto attribuitogli, sotto altro aspetto, dalla legge, e del tutto a prescindere dalla concreta individuazione dell’autore della falsificazione” (cfr., ex multis, Cass. n. 8362/2000; Cass. n. 18323/2007).
Ne consegue che la querela di falso può essere proposta soltanto al fine di togliere a un documento la sua idoneità a far fede come prova di determinati rapporti.
Laddove si controverta soltanto su di un mero errore materiale incorso nel documento (configurabile nel caso di mera ‘svista’ che non incide sul contenuto sostanziale del documento), la querela di falso non è ammissibile.
La falsità può riguardare il profilo estrinseco del documento (c.d. falsità materiale), manifestandosi sia nelle forme della contraffazione che dell’alterazione.
Quando invece la falsità concerne la “verità” del documento, ossia l’enunciazione falsa del suo contenuto avremo la c.d. “falsità ideologica“, la quale non potrebbe di regola formare oggetto di querela di falso (Cassazione civile, Sez. III, sentenza n. 2284 del 19 marzo 1996)
Per costante giurisprudenza infatti la querela di falso viene ammessa limitatamente al profilo estrinseco del documento in quanto elemento a cui è attribuita pubblica fede, a differenza del contenuto intrinseco per il cui accertamento sono esperibili gli altri rimedi giurisdizionali. Tanto è stato affermato sia in caso di atto pubblico, in relazione al quale è stato precisato “l’efficacia di prova legale non vale, invece, a coprire il contenuto intrinseco del documento, ossia la veridicità delle dichiarazioni che il pubblico ufficiale attesta di aver ricevuto. Tale veridicità può essere contestata con ogni mezzo di prova, senza che sia possibile proporre il procedimento previsto dagli artt. 221 ss. c.p.c.”
Analoghe affermazioni relativamente ai limiti della pubblica fede al solo contenuto estrinseco dell’atto sono ribadite dalla costante giurisprudenza (C. 12386/2006; C. 10702/2005; C. 4865/1998; C. 672/1998; C. 10219/1996) che ammette la parte a dimostrare, con ogni mezzo di prova, la non conformità al vero del contenuto ideologico del documento (C. 6959/1999).
La querela non è dunque esperibile per contestare altri aspetti del contenuto ideologico del documento estranei ai limiti segnati dall’art. 2700 (C. 6959/1999)” (Tribunale Chieti, 14/07/2020, n.380); sia in caso di scrittura privata, in relazione alla quale si è affermato che “il valore di prova legale della scrittura privata riconosciuta, o da considerarsi tale, è limitato alla provenienza della dichiarazione dal sottoscrittore, e non si estende al contenuto della dichiarazione stessa; pertanto la querela di falso è esperibile solo nei casi di falsità materiale della scrittura stessa per rompere il collegamento, quanto a provenienza, tra dichiarazione e sottoscrizione ma non è sperimentabile per impugnare la veridicità della dichiarazione documentata (falsità ideologica), al quale effetto può, invece, farsi ricorso alle normali azioni atte a rilevare il contrasto fra volontà e dichiarazione” (Cassazione civile sez. I, 10/04/2018, n.8766).
La querela di falso potrà essere proposta in qualsiasi grado e stato del giudizio, purché la verità del documento non sia stata già accertata dalla sentenza passata in giudicato.
Potrà essere formulata per mezzo di un atto di citazione, oppure con una dichiarazione a verbale, sia in autonomia sia da parte di un avvocato munito di procura speciale.
Dovrà inoltre contenere, a pena di nullità “l’indicazione degli elementi e delle prove della falsità”.
L’atto di citazione dovrà essere proposto al giudice del tribunale competente, in ragione dell’articolo 225 c.p.c., nel quale si legge che: “Sulla querela di falso pronuncia sempre il collegio”.
Il giudice ammetterà i mezzi istruttori necessari a verificare la falsità del documento, disponendone anche i modi e i termini di utilizzo.
Ai sensi dell’articolo 226 c.p.c. il collegio ha comunque la possibilità di rigettare la querela di falso “ordinando la restituzione del documento e di disporre che, a cura del cancelliere, sia fatta menzione della sentenza sull’originale o sulla copia che ne tiene luogo.
Nell’ipotesi in cui, invece, la falsità del documento fosse accertata dal collegio, ne sarebbe dichiarata la cancellazione totale o parziale o l’eventuale ripristino, rinnovazione o riforma.
Avvocato Dario Coglitore
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Cagliari 27/10/2023 prot.611/023. Può essere corretto interpretare l’art.221 cpc nel senso che l’interessato (parte sostanziale in un processo civile o tributario), possa proporre querela di falso con dichiarazione a verbale (il che sembra “ordinario”), ma anche gestendo, cioè “notificando” la citazione personalmente senza avvocato?
Grazie per il completamento. Gian Paolo Porcu dottore commercialista in Cagliari
tf 393/76.17.033