Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Questo Posto (è) Occupato? Sì…da una vittima di femminicidio

Posto Occupato è l’iniziativa ideata da Maria Andaloro, e ben presto diventata virale perché...

di Clara Di Palermo

Posto Occupato nasce dall’impegno di Maria Andaloro, un gesto simbolico ma concreto per non dimenticare tutte quelle donne che avrebbero voluto essere sugli spalti di uno stadio, piuttosto che in una poltrona al cinema o dietro la scrivania di un ufficio o, più semplicemente, a casa loro. Ma non ci sono più perché vittime di femminicidio. Quel posto dobbiamo occuparlo noi

 

di  Clara Di Palermo 

Quante volte abbiamo chiesto “Scusi….questo posto è occupato”? Sicuramente tantissime. Ma quante volte ci hanno risposto “Sì…da una vittima di femminicidio”? Forse mai o quasi. Ma dal 2013 accade sempre più spesso.
Posto Occupato è l’iniziativa ideata da Maria Andaloro, e ben presto diventata virale, “perchè quel posto occupato da una locandina avrebbe potuto essere occupato da una donna, se un marito, un ex, un amante, uno sconosciuto, non avesse deciso di porre fine alla sua vita. Questo posto vogliamo riservarlo a loro, a queste donne che non ci sono più, affinché la quotidianità non lo sommerga”.

Un modo per far sì che tutte queste morti violente non cadano nell’oblio. “Ci stavamo quasi abituando al fatto che ogni giorno si sentisse dalle cronache che una donna era stata uccisa – dice Maria Andaloro -. Per questo è nato Posto occupato, perché il femminicidio non diventasse un’abitudine”.

La violenza sulle donne è un fatto culturale. Cosa si può fare? posto-occupato
“Educare e formare sia ragazzi che ragazze. Creare la giusta sinergia scuola-famiglia. Bisogna diffondere la giusta educazione, diffondere un messaggio che viene spesso sottovalutato: si deve prevenire e imparare a riconoscere i sintomi per evitare di arrivare alle tragedie. E anche sfatare i luoghi comuni. Il femminicidio non si verifica solo nelle fasce basse o culturalmente povere della popolazione; spesso le vittime sono donne emancipate, donne capaci di dire NO. E poi non è vero che avvengono di più al sud Italia: se ne sono registrati più in Lombardia che in Sicilia, ad esempio”.

Lei ha sempre sottolineato l’importanza del “poi” in un femminicidio. Il poi spesso sono i figli che restano soli, con la mamma uccisa dal papà finito in galera. Lo Stato cosa fa?
“Ancora molto poco. Giusto stamattina parlavo con una ragazza la cui sorella, 7 anni fa, fu uccisa dal marito che le diede fuoco. Di questa triste vicenda sono rimasti da gestire i figli, li hanno lei e i suoi genitori. Ma penso anche alla storia di Omayma, una giovane mediatrice culturale tunisina, una bella storia di integrazione, uccisa a bastonate dal marito…..oggi le sue 4 figlio sono seguite in una struttura che le ha accolte. Ma non dimentichiamo che ci sono anche molti bambini vittime di violenza,  vittime di quella violenza assistita che molti sottovalutano: recentemente a Palermo un bambino ha salvato sua madre dalla violenza omicida del padre. Vogliamo sottovalutare ciò che ha vissuto questo piccolo?”.

Non possiamo chiudere questa breve chiacchierata con Maria Andaloro, senza citare lei, Franca Viola, il simbolo della ribellione alla prevaricazione maschile, quella donna che, in una Sicilia di provincia, si ribellò in nome del diritto alla vita, del diritto a scegliere il suo compagno di vita. “Io l’ho conosciuta. E’ una donna forte, che ha fatto la scelta che voleva, è rimasta a vivere ad Alcamo, supportata da tutta la sua famiglia nella decisione presa. Dall’incontro con lei è nato Franca e le altre, un tour contro la violenza sulle donne che ho fatto in camper, insieme con Serena Maiorana, per raccontare nelle piazze e nelle scuole storie di donne, di abusi, di femminicidi. Non abbiamo solo raccontato, abbiamo anche ascoltato perché l’ascolto è importante”.

E adesso tocca a tutti noi…continuare a occupare posti…..

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