La Radioterapia
Oncologica (RT) è una branca dell’Oncologia Clinica che si è sviluppata
negli anni, a partire dalla scoperta dei raggi X fino ai nostri giorni, per la
cura delle neoplasie maligne.
Tra le molte indicazioni, da sola o in combinazione con chirurgia o con diversi
farmaci, la RT può essere utilizzata per la cura dei linfomi.
In campo ematologico,
talvolta la RT, può rappresentare l’unico trattamento (come nel caso di singole
localizzazioni di linfoma follicolare, o nei linfomi cutanei), ma nella gran
maggioranza dei casi è impiegata in associazione con la chemioterapia o
l’immunoterapia, per consolidarne la risposta o in alcuni casi per potenziarne
l’effetto.
Il trattamento radioterapico vero e proprio è il risultato di una decisione
clinica, presa dai radio-oncologi all’interno dei gruppi multidisciplinari di
cura per i linfomi, e quindi d’accordo con gli ematologi, e di alcuni passaggi
tecnici.
Centratura e pianificazione
Il primo passaggio
“tecnico” è la cosiddetta “centratura”, che consiste in un esame TC
(generalmente senza mezzo di contrasto) che definisce l’area di interesse e
diviene la base di partenza per individuare il volume bersaglio (su cui si
vogliono concentrare le radiazioni) e i tessuti sani circostanti (che si
cerca sempre di risparmiare al massimo, in modo da ridurre la tossicità).
La centratura ha una durata di circa mezz’ora ed è preceduta, in alcuni casi,
dal confezionamento di un sistema di immobilizzazione (ad esempio una
maschera termoplastica) per aiutare il paziente a mantenere la posizione
corretta durante la centratura e il trattamento.
Quando è ritenuto
indispensabile, al termine della centratura il tecnico di radioterapia può
eseguire dei tatuaggi puntiformi indelebili sulla pelle del paziente,
per il corretto posizionamento del paziente durante le fasi successive del
trattamento.
Basandosi sui dati clinici (tipo di linfoma, sede, stadio, età del paziente
etc. e immagini pre o post-chemioterapia, se eseguita, TC o PET o RM), il
medico radioterapista individua il volume bersaglio e, con l’aiuto di uno
specialista in Fisica sanitaria con esperienza in RT, definisce un piano di
trattamento.
Per piano di
trattamento si intende la distribuzione di dose di radiazioni desiderata
sulla base dell’anatomia individuale del paziente, nell’ottica di conformare al
meglio la dose sul il bersaglio e minimizzare l’esposizione dei tessuti sani
circostanti, definiti OAR (organi a rischio).
In questa fase, viene anche prescritta la dose da somministrare, che viene
decisa seguendo la maggior parte delle linee guida internazionali, a seconda
della tipologia di linfoma da curare, lo stadio, il tipo e la quantità di
chemioterapia eseguita.
Il trattamento
Il trattamento viene
suddiviso in più sedute a cadenza quotidiana. Ogni seduta dura generalmente
dai 15 ai 30 minuti, ma il tempo di irradiazione effettiva (emissione delle
radiazioni da parte dell’acceleratore) è inferiore. Il trattamento è indolore.
Al termine del trattamento è possibile riprendere le attività abituali e
stare a contatto con altre persone, compresi i bambini, perché non si è in
alcun modo radioattivi.
Gli effetti collaterali
Le dosi di
radioterapia che si utilizzano nella terapia dei linfomi sono relativamente
basse, e inoltre le moderne tecniche di radioterapia consentono un ottimo
risparmio delle strutture sane: questi due aspetti fanno sì che in molti casi i
trattamenti radioterapici possano essere effettuati con disturbi acuti modesti
o addirittura assenti.
In generale questi disturbi sono dovuti all’infiammazione dei tessuti
irradiati e sono perciò dipendenti dalla sede su cui si effettua la
terapia, e sono comunque di modesta entità e rapidamente reversibili.
I disturbi da
radioterapia si differenziano in disturbi precoci o acuti (quelli che
compaiono durante il periodo del trattamento e scompaiono gradualmente dopo la
fine della cura) e in disturbi tardivi (quelli più rari e meno intensi
che possono, non obbligatoriamente, persistere per tutto il tempo successivo
alla scomparsa dei disturbi acuti).
Tra i disturbi precoci (a seconda della sede anatomica irradiata) possono
rientrare: stanchezza, diarrea, stitichezza, nausea, vomito, perdita temporanea
dei peli/capelli, piccole alterazioni a livello cutaneo/mucose (eritema/prurito),
disturbi urinari modesti, alterazioni transitorie della sfera sessuale, o difficoltà
psicologiche legate a stress.
I disturbi tardivi sono strettamente legati alla zona e alla dose irradiata, i più frequenti possono essere:
- cataratta (legata alla RT a livello oculare, facilmente risolvibile con un intervento sostitutivo del cristallino come avviene per la cataratta di origine degenerativa legata all’età))
- secchezza del cavo orale (legata alla RT a livello del cavo orale, meno frequente di un tempo, oggi al di sotto del 5% dei casi con l’utilizzo di tecniche avanzate come l’IMRT)
- sterilità (legata alla RT a livello pelvico/scrotale, molto poco frequente e spesso secondaria anche a terapia medica come chemioterapia, in ogni caso da considerare in pazienti in età fertile)
- problemi cardiovascolari (legati alla RT a livello mediastinico, anch’essi decisamente meno frequenti di un tempo ma certamente oggi i più critici, per cui esistono protocolli dedicati di cardioprotezione)
- problemi cognitivi/perdita di memoria (legati alla RT a livello encefalico, oggi molto rara)
- neoplasie secondarie (in particolare in pazienti esposti a irradiazione su grandi volumi, a dosi elevate e in età inferiore ai 30 anni; poiché non è facile stabilire il rischio individuale di questo possibile effetto, è anche qui necessario un colloquio attento con il medico specialista in radioterapia per valutare eventuali rischi su base individuale).
Il colloquio con il
medico rimane fondamentale per chiarire questi aspetti e mettere in atto
strategie preventive/gestionali di tali effetti collaterali.
L’attenzione a un bilancio corretto tra efficacia e tossicità è diventata
centrale nel processo decisionale: è oggi molto raro incorrere in gravi effetti
collaterali, e nella maggior parte dei casi l’indicazione a RT è ponderata
tenendo conto dei rischi.
La Radioterapia rimane pertanto, ad oggi, uno strumento importante per la
cura dei linfomi, in integrazione con i farmaci o da sola, e dovrebbe
essere preferenzialmente eseguita in Centri con esperienza.
La Commissione Fil
A questo proposito, la FIL ha una sua Commissione Radioterapia e ha sviluppato negli anni una rete di Centri che da una parte lavorano sulle componenti RT degli studi clinici, e dall’altra implementano linee guida e programmi di qualità nella pratica clinica. I nostri esperti FIL hanno inoltre collaborato alla stesura di un opuscolo informativo dettagliato sugli effetti della RT nei linfomi, in collaborazione con l’Associazione Linfovita, scaricabile dal sito https://www.linfovita.it.
A cura di:
Stefano Vagge, Medico Radioterapista presso Ospedale San Martino di Genova
Gabriele Simontacchi, Medico Radioterapista presso Ospedale Careggi di Firenze
Andrea Filippi, Medico Readioterapista presso Policlinico San Matteo di Pavia