Randagismo in Sicilia. L’utilitaria lascia le ultime case della città. Con slancio improvviso imbocca la statale. Cinque, sei chilometri di scorrimento a velocità spedita. Svolta a destra verso la prima stradina di campagna. Qualche chilometro di tratto polveroso e… l’auto arresta la sua corsa.
Un uomo scende. Percorre qualche passo con arai circospetta attorno alla macchina, torna indietro apre il bagagliaio. Un bell’esemplare a quattro zampe balza fuori. E’ un suo vecchio amico. Comincia a correre all’impazzata tra i campi. In un istante, l’uomo risale in macchina: un colpo di acceleratore e via. L’altro dirotta la sua corsa verso l’auto, ma non la raggiunge. Si ferma perplesso e incredulo. Una folta nube di polvere lo divide dal suo ex amico bipede e lo separa per sempre da quello che fino a quel momento è stato il suo mondo.
Vittime inconsapevoli
E’ il destino delle migliaia di animali vittime del meccanismo inconcepibile che si innesca nel cervello dei loro padroni con l’approssimarsi dell’estate.
Randagismo in Sicilia in cifre
Fare una stima precisa del numero di randagi sull’Isola non è facile. Il randagismoin Sicilia non è un fenomeno quantificabile. Negli ultimi anni si stima che i cani randagi entrati nei canili municipali ammontino a 4.956 su tutta l’Isola. Un fenomeno veramente allarmante.
Quelli dati in adozione, invece, sono 1.759. I canili municipali ospitano pochi esemplari. Sempre numeri sparuti, rispetto alla massiccia presenza, anche quelli rappresentati dai cani accolti nelle strutture private, spesso, non sufficientemente adeguate.
L’incosapevolezza delle istituzioni sulla gravità del fenomeno
Le istituzioni non hanno preso coscienza del grave degrado ambientale provocato dal randagismo (malattie infettive, aggressioni dal branco, eccetera). E’ fondamentale l’intervento ambientalista che dovrebbe essere riconsiderato nella sua funzione di tutela dell’ambiente.
Bisognerebbe pianificare una serie di interventi mirati, atti a coinvolgere in una collaborazione sinergica l’intera città, partendo da un’analisi delle condizioni esistenti sul territorio.
Le strutture di accoglienza non si sono potute adeguare alle esigenze crescenti. Il canile municipale non ha strutture adeguate, tali da garantire un buon funzionamento. I rifugi privati, invece, sono affidati unicamente alle iniziative di volontariato spesso boicottate da norme contraddittorie. Il canile municipale e i rifugi sono concepiti non come centro di prima accoglienza, bensì come dei grossi contenitori da riempire all’infinito.