La Cgil lancia un appello a una mobilitazione per non perdere l’occasione dei fondi del Recovery Plan e perché la quota destinata del 34 per cento o più delle risorse e oltre per gli interventi al Sud venga rispettata. Perché “non si torni indietro, al periodo prima della pandemia, ma si vada avanti”. Lo ha chiesto il segretario generale Cgil Palermo Mario Ridulfo introducendo il dibattito in streaming su “Recovery Palermo. Idee e azioni per uno sviluppo sostenibile”, che si è svolto oggi con il coinvolgimenti di protagonisti del mondo istituzionale, politico, imprenditoriale, sociale e giornalistico.
“Le risorse europee del Recovery Fund sono l’occasione, forse irripetibile, almeno nel breve e medio termine per uscire dalla crisi, per ricostruire un sistema sanitario e della salute e per superare le arretratezze del sistema. Per questo bisogna fare rete, costruire sistemi di controllo pubblico sociale, allargare il dibattito e non lasciare che siano solo dei tecnocrati stranieri a occuparsi di un piano di sviluppo del Sud – ha detto Mario Ridulfo – Certamente se negli ultimi vent’anni ogni idea di sviluppo è fallita, forse è proprio perché pochi investimenti sono stati fatti nella logica di fare rete, fare sistema, penso ad esempio ai trasporti. Altro che piattaforma logistica e del Mediterraneo, altro che corridoio nord-sud Berlino- Palermo. Anche nel Pnrr, piano nazionale di ripresa e resilienza, si privilegiano i porti del nord Italia e l’alta velocità ferroviaria da noi diventa solo alta velocità di rete, ovvero velocità ridotta. Il rischio per Palermo è che si torni a parlare sempre degli stessi progetti già finanziati da vent’anni”.
Si vuole recuperare Palermo?
La domanda posta ad apertura del dibattito, coordinato dal segretario Cgil Calogero Guzzetta, seppur provocatoria, è stata: lo sviluppo del Paese, da Nord a Sud, interessa tutti? Interessa a tutti recuperare Palermo?
“La verità – ha aggiunto Ridulfo – è che se alle buone idee non seguono buone azioni, ma seguono opere incompiute – il 25 per cento di quelle certificate dal Mit si trovano in Sicilia – non si fa altro che costruire, come si è costruito, il sentimento della rassegnazione, che ha l’effetto di spopolare paesi e città delle energie migliori – ha aggiunto Ridulfo – La lettura del dato sulla composizione dell’ultimo governo non conforta, perché c’è un evidente gap di coesione nei luoghi dove si produrranno idee e azioni che realizzeranno il nuovo programma italiano per la Next Generation EU. Altro punto: le classi dirigenti meridionali fatte salve le eccezioni (se penso al grande lavoro in atto nel porto di Palermo), non sono state classi dirigenti efficienti, almeno certamente secondo gli standard europei, ma anche secondo quelli nazionali”.
Il dibattito.
“Al momento – ha detto il giornalista dell’Espresso Antonio Fraschilla – non è chiaro come siano state prese le scelte per il Recovery Fund. Di certo c’è che se l’Italia ha avuto 209 miliardi è perché al suo interno c’è un divario enorme tra Nord e Sud e tra aree del Paese. Ma vedendo la bozza sulle Infrastrutture inserite nel Recovery si tratta di opere, soprattutto al Sud, già programmare e finanziate. Quindi non c’è alcuna risorsa in più . Infine c’è’ un altro tema: come pensiamo di spendere risorse in cinque anni per opere che da decenni non riusciamo a completare?”.
“Recovery? Allora dobbiamo parlare di riequilibrio Nord-Sud, centro-periferie – ha proseguito il presidente di Confindustria Sicilia Alessandro Albanese – E dobbiamo vedere cosa si deve fare e come. Ma soprattutto quando: cioè dopo la riforma della pubblica amministrazione. Chiediamo da sempre efficienza della macchina amministrativa: servono nuove figure professionali, risorse umane rinnovate nello spirito e nell’approccio. Infine il tema dei temi: la logistica, non possiamo parlare di riequilibrio tra le parti del Paese se non attraverso un potenziamento della rete di porti e interporti”.
Ottimismo nelle parole di Pasqualino Monti, presidente dell’Autorità di Sistema portuale del Mare di Sicilia occidentale: “Nei porti del nostro network, in tre anni e mezzo, abbiamo dimostrato che tutto si può fare, anche colmare un gap di cinquant’anni. Abbiamo proposto modifiche equilibrate, significative, progetti immediatamente cantierabili e, dunque, finanziati da fondi europei, dimostrando che anche in Sicilia si possono ottenere e spendere bene. Abbiamo interpretato le rispettive diversità nel riqualificare le aeree portuali per attrarre velocemente più traffico, nel costruire e mantenere efficienti le infrastrutture. Risultato? In un periodo nero per l’occupazione come quello attuale, le nostre imprese portuali hanno assunto e stabilizzato personale. Prepariamo il terreno perché i figli dei siciliani possano rimanere nella loro terra. E farla crescere”.
Per il rettore dell’Università di Palermo Fabrizio Micari “le risorse del Recovery devono riuscire a incidere sul fronte della formazione e del diritto allo studio. Il tema della povertà educativa nella nostra Regioen è troppo forte. Investire sul diritto allo studio e sulla no tax area. Lo sforzo viene chiesto anche alla politica. L’impressione però è che l’Italia per la gestione dei fondi del Recovery sia stata commissariata dall’Europa”.
Diverse le preoccupazioni evidenziate anche in campo sociale.
“Le due velocità di cui siamo chiamati ad occuparci non sono solo quelle tra Nord e Sud ma anche quelle delle nostre città – ha detto Mariangela Di Gangi, presidente dell’associazione Zen Insieme – Esiste un pezzo di società espulso dalla partecipazione alla vita collettiva. Il fare sistema è importante e va interpretato come il fare assieme a tutti i cittadini e tutte le cittadine, includendo e non continuando a rinunciare alle energie che esistono anche nelle cosiddette periferie. La coesione sociale non è un concetto astratto: si fa con la prossimità e la sussidiarietà, che sono la ricetta contro l’esclusione. E poi si fa investendo seriamente sull’infanzia, unico vero metodo per contrastare e prevenire le disuguaglianze”.
“Il Recovery Plan, tutti ne parlano e ne discutono ma chi ha letto il piano? – ha chiesto Gianluca Ievolella, Provveditore interregionale alle opere pubbliche per la Sicilia e la Calabria – La comunità europea chiede di conoscere gli obiettivi di riforma e sviluppo che con gli investimenti si vogliono coprire, l’impatto che ci si aspetta, quanta gente verrà occupata. Usciremo da questa crisi non per il Recovery ma cambiando il modo di ragionare e di produrre le cose, ripensando tutte le economie puntate solo sul turismo. E’ bastato un virus per uccidere il turismo mondiale. Bisogna immaginare il futuro di un’epoca post industriale. Non possiamo pensare di ricostruire quello che c’era prima. E’ dimostrato che è cambiato il sistema economico occidentale, non ci sono norme spot che risolvono la situazione, va ripensato tutto, dal tema dei trasporti a quello dell’occupazione”.
Per Elena Militello, presidente dell’associazione South Working: “Abbiamo proposto ai comuni di entrare a far parte di una rete. Per lavorare a distanza, quello che tutti abbiamo sperimentato in questo anno di pandemia, serve una buna connessione. Una delle missioni del Recovery deve essere la digitalizzazione e la riduzione del digital divide. Bisogna lavorare su Palermo, su luoghi di lavoro condivisi, attivare parte del patrimonio degli enti locali inutilizzato per trasformarlo in luoghi di incontro delle comunità locali, leva per lo sviluppo dei territori e per quei lavoratori che hanno deciso di rimanere o tornare nella propria terra”. Per Gabriella Messina, segretario Cgil Sicilia “la necessità è di individuare con urgenza i progetti cantierabili e utilizzare le risorse a disposizione. Quella del Recovery è anche una scommessa a lungo periodo per consentire alla Sicilia di recuperare il gap che le consentirà di ripartire riducendo le diseguaglianze”.
Al dibattito sono intervenuti anche Barbara Evola, consigliera di Sinistra Comune, il parlamentare Adriano Varrica, deputato M5S e il sindaco Leoluca Orlando che ha comunicato che il 23 marzo i comuni del Sud incontreranno il ministro per il Mezzogiorno Mara Carfagna. “Le amministrazioni comunali sono e vogliono essere al servizio dei cittadini, delle imprese e dei lavoratori – ha dichiarato Orlando – Provocatoriamente dico che non chiederò altre risorse per Palermo. Possiamo spendere le risorse che già abbiamo? E poi penseremo alle risorse future”.
Le conclusioni.
L’iniziativa è stata conclusa dal segretario nazionale Maurizio Landini. “Per noi fare sistema significa uscire dall’idea dei compartimenti stagni e creare un’idea complessiva di sviluppo del Paese. Un sistema di nuove riforme e investimenti deve essere fondato sulla partecipazione delle persone – ha detto Landini – Chiediamo che anche i lavoratori vengano coinvolti nelle fasi del cambiamento. Il momento è decisivo. I progetti per il Recovery vanno presentati all’Europa entro il 30 aprile e la crisi del governo ha accorciato i tempi del confronto. Le organizzazioni sindacali hanno avuto modo di discutere del Piano di piano e resilienza col governo che non c’è più. Il testo ci era stato presentato a gennaio. Doveva avviarsi un confronto sulle sei mission individuate e sui progetti. Una delle caratteristiche del piano è che queste risorse vengano effettivamente spese e i progetti realizzati. Tutto questo in 6 anni. Poi è arrivata la crisi. Con Cisl e Uil abbiamo scritto al presidente del Consiglio per conoscere i contenuti dei progetti su cui si lavora, tema non indifferente visto che si tratta dello sviluppo del Paese e dei divari territoriali. L’11 marzo sono state inviate le note tecniche e analitiche in Parlamento. Il ministro all’Economia ha parlato di una riduzione dei fondi. Quante delle risorse in campo riguardano il Mezzogiorno?”
“Abbiamo chiesto alla ministra Carfagna un quadro più chiaro e aspettiamo di discutere con i singoli ministri. Dei 191 miliardi in ballo, ci risulta che 120 miliardi saranno impegnati per nuovi progetti. Quindi 60-70 miliardi riguardano progetti che già c’erano. In particolare, per quanto riguarda le infrastrutture materiali, dei 47 miliardi del Piano nazionale di ripresa e resilienza, il 45-46 per cento saranno investiti nel Mezzogiorno”. “Il rilancio del Mezzogiorno – ha aggiunto Landini – è uno dei temi che stiamo ponendo, per rilanciare il nostro Paese e costruire un’Europa diversa, col superamento dell’austerità e dei vincoli e la riscrittura dei trattati europei. L’Italia è il paese europeo che ha speso meno e questo tocca in pieno le riforme e i cambiamenti che dobbiamo fare nel nostro Paese. Servono nuove assunzioni e competenze per fare partire i cantieri. Bisogna far entrare i giovani e riqualificare i processi innovativi”.