L’attività estrattiva raccontata dalle compagnie petrolifere alle quali vanno gli oneri, ma i tanti e tanti onori. Intervista al coordinatore regionale di Assopetroli Sicilia, Luciano Parisi
di Claudia Ferreri
La regolamentazione contrattuale in materia di ricerca e produzione di idrocarburi prevede tre tipologie di contratto: la concessione petrolifera, il production sarin agreement e il service agreement. La concessione è un permesso concesso dallo stato a una compagnia, che potrà sfruttare la risorsa mineraria. Tale risorsa, però, rimane di proprietà dello stato. La seconda tipologia, invece è un contratto tra lo stato e la compagnia, in base al quale quest’ultima si assume il rischio. Infine, il service agreement lascia allo stato sia la titolarità esclusiva dei diritti minerari sia la proprietà degli idrocarburi prodotti.
Per capire un po’ meglio il meccanismo e gli interessi che vi ruotano attorno, abbiamo rivolto qualche domanda al coordinatore regionale di Assopetroli Sicilia, Luciano Parisi.
Dottor Parisi, ci spieghi le ragioni del no al referendum
L’associazione Assopetroli Assoenergia non si è schierata né sul SI né sul NO.
Al di la del problema della perdita di posti di lavoro, difficilmente quantificabile (si parla dai 10 mila ai 40 mila per quelli a favore del NO e di 5000 da parte di coloro che voteranno SI, senza considerare i posti che si potrebbero creare con un adeguata politica di sviluppo delle energie rinnovabili), vi è l’inopportunità di non utilizzare le risorse energetiche presenti nel sottosuolo del nostro paese per poi andarle a comprare all’estero, probabilmente, anche a costi maggiori e perdendo il know-how fino ad oggi acquisito.
E’ indubbio che tali attività presentino dei rischi ma al tempo stesso esistono gli organi di controllo deputati a verificare il rispetto delle norme che consentano di operare in sicurezza salvaguardando l’ambiente marino e la salute dei cittadini.
Sul fronte delle energie alternative si sono fatti molti passi avanti negli ultimi anni, sia in termini tecnologici che di costi. Tuttavia i quantitativi di petrolio e gas ad oggi ancora disponibili e le infrastrutture esistenti per il loro utilizzo ne fanno le risorse energetiche economicamente più convenienti e di massima fruibilità
Che differenza c’è tra una piattaforma entro le 12 miglia e le altre?
Non ho le competenze per rispondere, ma credo che tecnicamente non ci sia nessuna differenza. Le uniche sono le diverse condizioni marine, ovvero, maggiore profondità del mare e, quindi, delle operazioni da effettuare e maggiore distanza dalla terra ferma con conseguenze sulle modalità di estrazione e trasporto del quantitativo e quindi dei relativi costi.
Qual è la capacità estrattiva nella nostra costa? È abbastanza ricca da giustificare questa attività?
In Italia sono presenti 69 concessioni marine che in totale producono 4,5 miliardi di metri cubi di gas e 750 mila tonnellate di petrolio. Di queste concessioni quelle interessate dal referendum sono 44 (entro le 12 miglia), ubicate principalmente nell’alto adriatico, la cui produzione, nel 2015, è stata di 542.881 tonnellate di petrolio e 1,84 miliardi di metri cubi di gas. I consumi di petrolio in Italia nel 2014 sono stati di circa 57,3 milioni di tep (ovvero milioni di tonnellate) e quindi l’incidenza della produzione delle piattaforme a mare entro le 12 miglia è stata di meno dell’1% rispetto al fabbisogno nazionale (0,95%). Per il gas i consumi nel 2014 sono stati di 62 miliardi di metri cubi, pertanto l’incidenza della produzione di gas dalle piattaforme entro le 12 miglia è stata del 3% del fabbisogno nazionale.
Il Petrolio si è confermato ad oggi ancora una volta centrale nel soddisfare la domanda di energia a livello mondiale. Complessivamente le fonti fossili hanno soddisfatto oltre l’80 per cento delle domande di energia primaria. In Italia sono presenti 12 raffinerie, 21.000 occupati, 130.000 occupati nell’indotto, 120 depositi primari, 23.000 punti vendita, oltre 3.000 depositi commerciali. Il fatturato è di 122,3 Miliardi di euro, 500.000 ore annui in piani di formazione e sicurezza, oltre 100 milioni di litri di carburanti distribuiti al giorno, un gettito fiscale di 41,2 miliardi di euro, contributo al PIL Nazionale di 3,3 miliardi di euro.