Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Regalami un sorriso

di Redazione

E’ la richiesta che giornalmente fanno migliaia di bambini. Richiesta alla quale si potrebbe rispondere attraverso l’affido familiare. Cos’è l’istituto dell’affido familiare? In quali casi interviene? Quali sono i compiti delle Regioni e dei Comuni in questa materia?

di Patrizia Romano

Va fatta una distinzione fondamentale tra affidamento e adozione. Il primo si ha quando la famiglia di origine si trova nella temporanea impossibilità di prendersi cura del minore; la seconda nei casi in cui l’impossibilità diviene definitiva ed è dichiarato dal Tribunale per i Minori lo stato di adottabilità.

La legge nazionale numero 149 del 2001 ha innovato molto nella tutela dei minori, in conformità ai principi sanciti dalla Carta dei diritti del Minore.

In base alla legge, tutti i bambini da 0 a 6 anni non potranno più rimanere in istituto, ma dovranno essere affidati, nel caso manchi una famiglia vera, ad apposite comunità-alloggio registrate presso gli albi regionali. Queste comunità dovranno avere una ricettività sino a 8 soggetti per i provvedimenti del Tribunale  in sede civile e sino a 2 per i provvedimenti nell’ambito penale.

In Sicilia, esiste, presso l’assessorato per gli Enti Locali, una Commissione sulle devianze minorili che effettua un monitoraggio sul numero dei casi accertati e sulle tipologie degli interventi. Questa commissione promuove le politiche della Regione nel campo minorile, con particolare riguardo all’adozione di misure alternative concrete al ricovero di minori in istituti educativo-assistenziali.

Nell’ultimo decennio si è registrata una maggiore attenzione verso l’affido familiare. Sono prevalenti i casi di minori disagiati affidati a una famiglia, possibilmente con figli minori, ovvero anche a una persona singola in grado di assicurare, al bambino o al ragazzo, istruzione, educazione, mantenimento, relazioni affettive, eccetera.

In mancanza di tale possibilità, la legge impone alla Regione di definire standard minimi nei servizi di assistenza, che debbono essere assicurati da comunità di tipo familiare.

Il percorso che porta all’affidamento ha inizio con la verifica della disponibilità delle famiglie che dichiarano l’intenzione di prendere un minore in affido. Si procede a un incontro preliminare, di tipo informativo, che in genere si svolge a gruppi. I potenziali affidatari possono essere in primis famiglie con figli, coppie senza figli, ma anche singols. L’affido avviene nell’arco di tempo che va dalla nascita sino al compimento della maggiore età; il periodo è limitato, ma si può rinnovare qualora persistano condizioni di disagio della famiglia di origine che non consentono il rientro del minore.

Istituzionalmente, come ente preposto alla tutela dei minori, il servizio deve innanzitutto garantire al bambini, quando è possibile, di crescere nella famiglia di origine. Si effettuano almeno altri cinque incontri per conoscere le famiglie, le motivazioni all’affido, la capacità di confrontarsi con situazioni difficili e la disponibilità per portare avanti, in sintonia, il progetto educativo nei riguardi del minore che verrà loro affidato. A questo segue da parte degli operatori un sopralluogo per conoscere l’ambiente di vita, allargando la sfera familiare.

Quindi, si procede all’abbinamento minore-famiglia attraverso un progetto personalizzato.    

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