Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalisti indipendenti

Rifiuti tossici sulle sponde del fiume Gornalunga in contrada Passo Martino, località Palma Torrazze: la nuova terra dei fuochi

di Patrizia Romano

Anche nel catanese si è aperto un agghiacciante scenario sul traffico di rifiuti, iniziato con una scoperta, quasi casuale, e proseguito con la richiesta di rinvio a giudizio per 12 persone. Il processo prossimo all’inizio

di Patrizia Romano

Arsenico, antimonio, rame, fanghi di depurazione e di perforazione, ceneri di pirite, rifiuti ospedalieri, scarti alimentari scaduti, rifiuti di industrie agrumarie contenenti alte concentrazioni di idrocarburi.

Ci sono voluti più di due anni di indagini capillari per ripescare tutte queste porcherie dalle sponde del fiume Gornalunga; un lungo corso d’acqua che attraversa le tre province siciliane di Catania, Enna e Siracusa, per sboccare nel fiume Simeto, a sud della Piana di Catania. E’ proprio lungo le sue sponde, a ridosso di una verdeggiante area coltivata a ortaggi, che sono state rinvenute oltre cinquanta mila tonnellate di rifiuti sepolti, in maniera occultata, a tre metri appena di profondità dal fiume. 

Anche nel catanese si è aperto, così, un agghiacciante scenario sul traffico di rifiuti, iniziato con una scoperta, quasi casuale, e proseguito con la richiesta di rinvio a giudizio per 12 persone. Il resto è da venire. Il processo inizia il prossimo mese. Insomma,  un business di miliardi di euro che lo Stato e la politica corrotta hanno consegnato nelle mani delle mafie locali. Un’inesauribile fonte di guadagno che per anni ha riempito sia le tasche della criminalità organizzata sia quelle dei politici conniventi con quest’ultima.

La storia

Ma come è possibile che un quantitativo così ingente di rifiuti altamente tossico sia arrivato in una zona periferica, quella di Passo Martino, località Palma – Torrazze, così privilegiata e, tra l’altro, a ridosso di una verdeggiante area coltivata a ortaggi e irrigata dal fiume?  

Tutto inizia due anni fa. A destare l’attenzione degli inquirenti è il sequestro di un impianto di compostaggio nella zona di Passo Martino sul quale viene rilevata una serie di irregolarità e carenze di tipo strutturale. La Magistratura comincia, così, a scavare nell’area adiacente, un’area molto ampia che si estende su oltre 54 ettari di terreno.

Il vero scandalo

La cosa più sconcertante è che l’area appartiene all’Esa, Ente di sviluppo agricolo della Regione. Infatti, i riflettori degli inquirenti vengono puntati direttamente sull’Ente regionale. Ma l’Esa si auto scagiona immediatamente, asserendo di avere ceduto in affitto l’intero terreno alla “Siciliana Zootecnica Spa“. Infatti, quando il Comando Carabinieri per la Tutela dell’Ambiente comunica l’attività di indagine nei confronti di una Società denominata Ofelia Ambiente Srl di Catania, dopo avere accertato che l’area oggetto di indagine era stata interessata da interramento di un ingente quantitativo di rifiuti speciali, l’Esa dichiara la sua totale estraneità ai fatti, dichiarando che non è mai intercorso alcun rapporto tra l’Ente e la società Ofelia e che quest’ultima è, addirittura, sconosciuta all’Ente. L’Ofelia, dichiara l’Esa, in forza di contratto di comodato d’uso, anche questo sconosciuto all’Ente, avrebbe utilizzato l’area in questione. L’Esa ribadisce, inoltre, di non detenere il possesso del terreno dal 1997, poiché, nella qualità di proprietario del sito, ha ceduto in affitto, con atto notarile stipulato nel 97, l’intero terreno con  relativi impianti alla Siciliana Zootecnica Spa che avrebbe utilizzato il fondo esclusivamente per l’attività zootecnica e per le attività ad essa accessorie con assoluto divieto di sub-locazione totale o parziale e di diversa utilizzazione. L’inghippo sta proprio qui.

A questo punto, salta fuori che è proprio la Siciliana Zootecnica Spa ad avere, in barba al contratto, dato in sub affitto all’Ofelia l’intera area. Quest’ultima avrebbe dovuto utilizzare il fondo soltanto per l’attività zootecnica e per le attività accessorie. Il contratto di affitto, prevedeva, comunque, il divieto assoluto di sub-affitto e di diversa utilizzazione.

Nessuno è responsabile

Insomma, L’Esa affitta alla Siciliana Zootecnica Spa che, a sua volta, subaffitta il terreno a un’altra società, la Ofelia srl, che, nella più totale tranquillità, utilizza il terreno per smaltire tutti i tipi di rifiuti. L’attività criminale passa inosservata per anni. Nessun organo preposto al controllo, effettua i dovuti controlli. Passo Martino diventa, così, la discarica di tutto il Sud Italia, inglobando ogni anno tonnellate di rifiuti che superano abbondantemente la soglia di contaminazione tollerata dalla legge.

In seguito a tutto ciò, il Comune di Catania dichiara di avere rilasciato, dopo ampia istruttoria, il proprio parere ai fini del rilascio di un attestato di compatibilità urbanistica alla ditta Ofelia Ambiente, che intendeva svolgere attività di compostaggio per la produzione di ammendanti da rifiuti organici nel sito oggetto di indagine.

Oltre a questo, però, comunica che la ditta Ofelia Ambiente era stata iscritta al registro delle imprese che effettuano attività di recupero in procedura semplificata e contestualmente diffidata a proseguire l’attività di recupero in maniera non conforme alle norme. Infine,  con successiva nota, la Provincia Regionale di Catania – Servizio Polizia Provinciale – dispone la sospensione dell’attività di recupero esercitata dalla ditta in questione. 

L’attività va avanti per anni e con riscontri economici non indifferenti. Tra il 2007 e il 2009, sono stati scaricati ben 123 mila tonnellate di rifiuti tossici, per un importo complessivo di non si sa più quanti milioni di Euro. Si è proprio perso il conto.

Gli indagati rinviati a giudizio

L’indagine, iniziata nel 2012 e che ha portato alla luce lo scempio ecologico, ha fatto scattare le manette ai polsi di dodici persone, in un modo o nell’altro, coinvolte nella vicenda. Tutte accusate, a vario titolo, di traffico di rifiuti, false attestazioni, discarica non autorizzata, danno ambientale e gestione clandestina di rifiuti.

Il pm Giuseppe Sturiale ha chiesto, il 7 maggio 2013, il rinvio a giudizio per 12 persone. Si tratta di Giuseppe Monaco, amministratore della società Ofelia Ambiente, Mario Marino, amministratore della Marino Corporation, Calogero Lupo e Giuseppe Trovato, titolari delle rispettive imprese, Andrea, Francesco e Marco Pampallona soci della Eco.far. snc, Giovanni Morando, amministratore della Eco.dep. snc, Rosario Trovato, consulente della Ofelia Ambiente, Giovanbattista Vecchio, titolare di un centro analisi, e Vincenzo Gozza, rappresentante legale della G.i.a spa.

Coinvolte anche 7 ditte alle quali la Procura è arrivata con un controllo della documentazione.

Il processo

Il Comune e la Provincia di Catania sono stati ammessi come parti civili. Assente, invece, la Regione Sicilia. Alcuni legali della difesa hanno provato a sollevare un’eccezione. Secondo loro, la richiesta di rinvio a giudizio non è pertinente alle conclusioni delle indagini e quindi ci sarebbe una nullità. Il Gup, comunque, ha rigettato la richiesta e rinviato il processo al 14 aprile.

L’ombra dell’Ofelia dietro un finto allevamento di bestiame

L’Ofelia Ambiente non è nuova a questo tipo di cose. Nel 2009, in seguito a un’operazione condotta dalla Guardia di Finanza, viene alla luce un’area destinata a ospitare un allevamento di bufali attraverso finanziamenti pubblici e utilizzata, invece, per lo smaltimento illecito di rifiuti.   

Le indagini si concentrano sull’azienda Allevamento bufalo mediterraneo Sicilia. La società aveva ottenuto il contributo grazie alla presentazione di un piano industriale di ristrutturazione di uno stabilimento già esistente con relativo acquisto di animali, macchinari e impianti per l’allevamento di bufali destinati alla produzione di latte e mozzarelle.
Ma le operazioni di Polizia hanno consentito di accertare non solo l’inesistenza della società agroalimentare beneficiaria del finanziamento, ma anche la presenza della società Ofelia Ambiente srl che, anche in questo caso, operava nel settore dello smaltimento dei rifiuti e risultava proprietaria di un impianto di compostaggio. Impianto che, sempre secondo le indagini condotte, operava in piena difformità alle regole.

Il processo inizia il 14 aprile, un anno dopo dalla richiesta di rinvio a giudizio. Meglio tardi che mai.

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