Nuova edizione de L’Inchiesta Sicilia – Testata di approfondimento fondata nel Luglio del 1996 da un gruppo di giornalist* indipendenti

Il silenzio è colpevole o complice

Rita El Khayat, autrice de “Lo Schiaffo”, ultima sua fatica letteraria edita da Mediter Italia, interviene commentando l’attuale situazione di crisi nel Mediterraneo rivendicando la sua identità plurale e sottolineando il fatto che la globalizzazione sta aumentando la distanza tra governi e società

di Victor Matteucci

“Non è tanto il silenzio dell’Occidente, quanto piuttosto il silenzio assordante dei 22 Paesi arabi e dei 57 Paesi musulmani che mi colpisce. Il silenzio colpevole o complice dell’Occidente è quasi normale, sono loro che hanno dato le terre palestinesi agli israeliani, e i Paesi arabi sono impotenti perché coinvolti con l’Occidente, in un modo o nell’altro”.

Il pensiero subalterno, la voce dei popoli, secondo Rita El Khayat, progredirà e, alla fine, prevarrà, così come è certo che le donne si libereranno dal potere dei maschi.

Questo suo ultimo libro è sul tema del colonialismo. Perché pensa che possa essere importante nell’attuale situazione internazionale?

È certo che il tema del mio libro è importante e appropriato all’attuale situazione mondiale in cui si stanno svolgendo due guerre, contemporaneamente, l’Ucraina contro la Russia e la Palestina contro Israele. In entrambi i casi si tratta di problemi di terre e di territorio.

Gli ucraini rifiutano la colonizzazione russa e i palestinesi combattono dal 1948, da quando le loro terre furono date agli immigrati ebrei dopo la Seconda guerra mondiale.

Ma questi sono due problemi molto spinosi, che non hanno esattamente la stessa definizione del colonialismo occidentale imposto al mondo; è il colonialismo dal XIX alla fine del XX secolo che meglio descrive cosa sia il colonialismo, avendo le popolazioni europee invaso quasi tutto il mondo africano e asiatico, contendendosi terre e paesi.

È di questa colonizzazione, di cui sono stata vittima, o beneficiaria (!), che si parla nel mio ultimo libro “Lo Schiaffo” che Mediter Italia ha desiderato editare.

Madame El Khayat, nella sua analisi menziona gli studi subalterni indiani. Ritiene che questo approccio al cambiamento dal basso costituisca una prospettiva concreta in un contesto di globalizzazione in cui la distanza tra governi e società sembra continuare a crescere?

Credo che la globalizzazione aumenti continuamente e violentemente la distanza tra governi e società per i cittadini e per la gente comune, e che, inoltre, non abbia risolto alcun problema per gli esseri umani.

Il comunismo, nella sua lettura essenziale e nel suo obiettivo finale, deve essere la soluzione in un mondo in cui non ha nessuna legittimità, né ha ragione di essere il fatto che 10 persone che governano, possiedano una ricchezza colossale. Il pensiero subalterno progredirà e, alla fine, si unirà al progetto comunista, mai realizzato, perché quello realizzato lo è stato nel sangue, nell’omicidio, nell’ingiustizia e nella coercizione.

Cosa pensa del silenzio dell’Occidente rispetto alla questione palestinese? Qual è il suo punto di vista?

Ciò che mi dà fastidio non è tanto il silenzio dell’Occidente, di cui mi chiede, quanto piuttosto il silenzio assordante dei 22 Paesi arabi e dei 57 Paesi musulmani.

Il silenzio dell’Occidente è quasi normale; è l’Occidente che ha dato le terre palestinesi agli israeliani durante gli accordi segreti Sykes-Picot (firmati nel 1916 tra Francia e Regno Unito, con il benestare dell’Impero russo e del Regno d’Italia), che prevedevano la divisione del Medio Oriente alla fine della guerra, in zone d’influenza a beneficio di queste potenze, spartendosi l’Impero Ottomano.

Questi accordi sono stati stipulati nel contesto della dominazione coloniale, mediante la quale due paesi esercitavano un’azione determinante e duratura sui popoli di una regione straniera.

È stato, quindi semplice, fare del Medio Oriente una zona assoggettata all’Europa e agli Stati Uniti con risorse terrestri e petrolifere e imporre uno Stato israeliano dopo la Seconda guerra mondiale, permettendogli di avere un territorio in seguito ai massacri perpetrati contro gli ebrei.

La forte alleanza tra Israele e l’Occidente spiega il silenzio delle potenze occidentali sulla guerra Hamas-Israele.

Come pensa che i paesi arabi stiano vivendo l’attuale fase di guerra generalizzata?

Sono impotenti, ma il popolo arabo è appassionato alla Palestina. L’assenza di espressione da parte dei governi arabi è “interessante”, nel senso che non capiamo perché non intervengano in un modo o nell’altro, a parte gli aiuti materiali, e dobbiamo ancora sapere chi aiuta e in che misura aiutano…

Penso che siano impotenti a intervenire perché sono vincolati dall’Occidente, in un modo o nell’altro, soprattutto da interessi economici. È stata la Cina, invece, che il 29 maggio 2024 ha riunito gli arabi a Pechino per dettare loro una linea di condotta o per sostenerli contro l’Occidente.

Qual è il rapporto tra sciovinismo, capitalismo e colonialismo?

Lo sciovinismo, una manifestazione eccessiva di patriottismo o di nazionalismo, è il riflesso di un’ammirazione esagerata, o troppo esclusiva, per il proprio paese o per il suo popolo.

Può riguardare tutti i paesi del mondo perché tutti possono essere sciovinisti, anche i poveri, anche i colonialisti e i capitalisti che sono l’opposto dei poveri, per risorse economiche o per potere…

In questa fase tutti i paesi vanno verso a destra o si rivolgono all’estrema destra. Senza parlare di paesi o culture che sono da sempre molto scioviniste, come quelloi arabi o la Cina.

 Il conflitto presuppone un confine che divide. È accordo?

Non solo: ci sono sistemi geograficamente molto distanti in conflitto. Si tratta di conflitti ideologici e politici, senza dimenticare che oggi, i due giganti, senza alcun confine terrestre, sono Cina e Stati Uniti.

Gli Stati Uniti sono in un conflitto permanente, latente e molto comprensibile. La Cina, a lungo termine, supererà quella che chiamiamo “la prima potenza mondiale”, vale a dire gli Stati Uniti.

Il tempo del maschio, del bianco, del capitalista, dell’occidentale, sembra volgere al termine. Non teme una svolta autoritaria o una guerra mondiale?

Il maschio bianco, capitalista e occidentale, ha fatto il suo tempo; era/è il colono e il predatore. Non era l’unico e viene menzionato solo perché è stato l’ultimo ad aver avuto un grande potere. È minacciato dalle donne e dalla conquista del potere, di tutti i poteri, da parte delle donne che controbilanceranno la sua forza. Siamo in una fase di svolta autoritaria, perché, innanzitutto, si stanno esaurendo le risorse della terra.

La guerra mondiale può avvenire, però, solo se la decidono uno o più pazzi. O se un uomo, del tutto incosciente, pensa di poter dominare il mondo. Il problema è che c’è il rischio che l’incendio distrugga magari l’intero pianeta. In ogni caso, sappiate che l’umanità è troppo numerosa perché i politici possano pensare a soluzioni di tipo nazista.

Rita El Khayat a Palermo durante la costituzione, promossa da Mediter, della Rete Jasmine

Pensa che la prospettiva di un futuro ibrido, di mescolanza culturale, sia una speranza?

No, per niente. Prima dell’incrocio armonico (che richiederà tempi molto lunghi per essere realizzato), ci sono gli incroci che si operano nella violenza e nelle tensioni culturali. Per il momento, questo è ciò che sta accadendo (vedi il mio libro “Ibridazione culturale”).

C’è il rischio che le donne scambino per emancipazione quella che forse è solo un’assimilazione da parte degli uomini di queste donne più conformiste?

La condizione della donna evolverà in ogni caso e la condivisione diventerà più equa tra uomini e donne. Sarà inevitabile e inconfutabile, nei secoli a venire. Per il momento sono solo gli “uomini-donne” a prendere il potere, nel senso che esse pensano, agiscono, decidono, esattamente come gli uomini.

Si arrogano un potere fallico e virile e non possono essere di esempio per le altre donne. Né per l’umanità, che deve essere umanizzata perché gli uomini l’hanno “selvaggiata”!!

Lei è una donna che vive attraversando e mettendo continuamente in discussione i confini culturali, di genere e arabo-occidentali…. Pensa che vivere costantemente oltre i confini abbia influito sulla sua identità?

Penso che la mia identità sia plurale e che mi permetta di vivere ovunque, di entrare in contatto con chiunque nel mondo. La sento come una ricchezza estrema e come un dono; ricchezza e doni elargiti dalla molteplicità di vite che conduco in diversi luoghi del mondo.

Nessuno è straniero per me e io non sono straniera per nessuno, perché posso parlare con tutte e con tutti. Ho il culto del viaggio e non riesco a respirare senza muovermi sulla superficie della terra. Questo mi permette di andare oltre la finitezza della vita umana e di comprendere sempre di più ciò che sono.

Sono una donna che viaggia continuamente. Sin da quando ho terminato gli studi di medicina, prima di andare a studiare in Europa dove ho vissuto in Francia, Svizzera e Spagna. Sono italiana dal 2007 e orgogliosa che sia una nazionalità d’onore, e non di nascita (“jus solis”) o di matrimonio.

Mi ritengo, quindi, una persona che non ha più orizzonti di quelli del mondo intero (ho visitato 70 isole o Paesi). Inoltre, sono stata discepola di George Devereux, l’inventore mondiale dell’Etnopsichiatria a Parigi: una scienza che crea un legame fondamentale tra tutti gli individui, tra tutta la psiche e tutto l’inconscio, e dimostra l’unicità della natura umana.

I flussi migratori e le politiche di respingimento ricordano una situazione medievale in cui gli esclusi tentano di entrare nella roccaforte, ma vengono respinti dal fossato attorno al castello o dai campi profughi e dalle mura costruite ovunque. Ritiene che stiamo andando indietro? Non crede che l’Occidente stia ripetendo l’esperienza delle Crociate?

Non stiamo tornando indietro: ci stiamo solo comportando come i nostri antenati! Gli esseri umani si sono sempre, ovunque, difesi dagli estranei. È un fenomeno persistente ed è umano. Non dimentichiamo che la storia è fatta di invasioni, conquiste, guerre, omicidi, città bruciate e distrutte.

L’Occidente ha fatto qualcosa di peggio, atroce e folle, quando ha sganciato due bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. L’esperienza delle crociate è finita da tempo e ne subiamo solo le lontane conseguenze.

Se ci allontaniamo dal problema focale del Medio Oriente, vediamo che tra indù e musulmani, in India, c’è un odio feroce. Come in Myanmar e in Cina con gli uiguri. Si scopre che l’unico fenomeno politico irriducibile alla negoziazione, nel merito, resta l’islamismo (e non l’Islam). Ci sarà il tempo in cui le Crociate si svolgeranno ovunque, non solo nel Mediterraneo.

Le foto sono di Eleonora Orlando

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