Venerdì 8 maggio alle 11:00 presso la sede del municipio 5 di Roma ( VIA PRENESTINA 510) consegneremo simbolicamente decine di cassette della frutta vuote, come rete di volontari e volontarie attivi e attive nel quartiere romano del Quarticciolo. A due mesi dall’inizio del lockdown la condizione delle periferie italiane è drammatica. In questi mesi abbiamo provato a far fronte a questa emergenza raccogliendo la solidarietà spontanea di cittadini, produttori agricoli e commercianti, ma con 25 mila famiglie ancora in attesa del buono spesa,non è più sufficiente. Per questo lanciamo un grido di allarme: servono misure urgenti di sostegno alla fasce più deboli.
Siamo i volontari che in questi mesi si sono presi cura delle persone in difficoltà nei quartieri delle nostre città. Siamo i vostri vicini di casa, i vostri parenti, i vostri amici. Siamo quelli che avete visto distribuire mascherine, disinfettanti, generi di prima necessità, un sorriso, una speranza nei momenti più difficili di questa pandemia che ci ha devastato. Facciamo parte di associazioni, di comitati autorganizzati, di gruppi di volontariato ma siamo anche singoli individui che hanno deciso di dare una mano. Scriviamo perchè vorremmo condividere quello che abbiamo vissuto perchè il nostro sforzo non sia vano e perchè non ci sia mai più così bisogno di noi. Con la diffusione del Covid 19 nel paese e il lockdown abbiamo deciso di non rimanere con le mani in mano e di prenderci le nostre responsabilità. Abbiamo convissuto con la paura di essere contagiati e di contagiare i nostri familiari; abbiamo messo da parte l’individualismo a cui ci ha abituato la frenesia della quotidianità; chi ci rassicurava dalle televisioni, sui social e la carta stampata e abbiamo deciso che non era tempo delle parole ma di atti concreti.
Era il momento di stare insieme anche se a distanza. Lo facciamo perchè crediamo che prenderci cura di chi, non per sua colpa, non ha le possibilità di tirare avanti è l’unico modo di contrastare la pandemia. È evidente che o garantiamo a tutti la sostenibilità del distanziamento sociale o le ordinanze e i droni non possono che certificare l’esaurimento nervoso e fisico di un paese. La nostra attività quotidiana è stata necessaria e allo stesso tempo insufficiente. Abbiamo visto centinaia di persone disporsi in fila per ricevere il pacco alimentare, abbiamo visto cooperative, piccoli supermercati, agricoltori donarci quello che potevano, individualità condividere parte della loro spesa quotidiana e abbiamo visto ogni giorno finire ripetutamente tutte le provviste accumulate.
Abbiamo ascoltato le storie delle persone, le difficoltà che affrontavano a causa della pandemia. Ci siamo resi conto che la maggior parte di queste hanno visto peggiorare una situazione di disagio che già vivevano in condizioni normali. Ci siamo sentiti impotenti. Di fronte a tutto questo sappiamo che nonostante la nostra buona volontà, le nostre risorse si basano sullo sforzo collettivo e molto presto finiranno. Ci siamo sentiti come ogni singola persona che sfidando la vergogna si è messa in fila. Per quanti sforzi ognuno di loro può fare in questo paese, la solidarietà è stata l’unica chance di sopravvivenza, ma ora non basta più. Non basta a loro e non basta a noi. E’ il momento che anche le istituzioni si prendano fino in fondo le loro responsabilità! Il nostro sforzo dovrebbe essere un’eccezione e invece ci rendiamo conto che è e sarà la normalità.
Tutti coloro che hanno fatto appello all’unità nazionale non sono stati in grado di distribuire la ricchezza prima del Covid 19 e non sono in grado di farlo ora. Crediamo che non ci sia una volontà politica di far fronte a questa disuguaglianza diffusa, di rafforzare le strutture sanitarie, i sussidi, le strutture educative, i servizi di prossimità. Oggi l’unica priorità è quella di inseguire una ripresa economica per nulla scontata. La ricetta è sempre la stessa: sacrificare ogni fonte di spesa pubblica per garantire alle aziende la libertà di trattare sempre peggio chi lavora con il paracadute dei soldi dello Stato per far fronte al rischio di impresa. Un modello che ha già dimostrato tutta la sua fragilità. E’ invece certezza che ci confronteremo senza alcuno strumento con la crisi economica e sociale nel paese reale. In dieci anni abbiamo visto scomparire ospedali, disinvestire sull’istruzione pubblica, dimezzare gli asili nido, abbandonare ogni velleità di politica abitativa, aumentare la povertà.
Ci sentiamo vicini agli infermieri, ai medici, ai portantini a tutti coloro che in questi mesi negli ospedali hanno fatto uno sforzo per curare le persone perchè condividiamo la stessa sensazione di frustrazione. Come loro continueremo a distribuire i pacchi finchè potremo, continueremo ad essere presenti sui territori ma chiediamo un prezzo per tutto questo perchè ci siamo resi conto che lo sforzo che abbiamo fatto per non essere vano, deve pretendere dalle istituzioni risposte concrete. Abbiamo deciso, quindi, di portare ognuno di noi una cassetta vuota davanti i municipi dei nostri quartieri come simbolo dell’insufficienza degli aiuti promessi a milioni di persone. Chiediamo che vengano elargiti al più presto i bonus spesa. In molti municipi di Roma non sono stati ancora consegnati registrando così un vergognoso ritardo.
Un sussidio vero e duraturo
Chiediamo che venga messo in piedi un sussidio vero, duraturo e non una tantum. Chiediamo che ciascuno possa avere un medico di base e strutture sanitarie territoriali efficienti. Chiediamo che se ci debba essere una riapertura che questa avvenga mettendo in sicurezza le persone garantendo quello che fino ad oggi non è stato dato. Siamo stanchi di vivere in un paese in cui andare a lavorare, vivere nelle case popolari, confrontarsi con la mancanza di reddito è un atto di eroismo in cui si è esposti ad ogni rischio. Non crediamo che questa pandemia si possa sconfiggere grazie alla vocazione di singoli individui. Vogliamo tutele. In quella fila ci sono i nostri amici, i nostri parenti, i nostri vicini di casa. In quella fila ci siamo pure noi.